IL CORAGGIO DI SCEGLIERE
Alla ricerca degli spettacoli meno scontati e compiacenti
Una sfida contro l´indifferenza che appiattisce i linguaggi
Servizio di Antonio Tedesco
Napoli - Quali segnali ci manda il teatro? Quali prospettive si aprono per il nuovo anno? Se quello precedente si è chiuso, nelle sale napoletane, con una programmazione "d´assalto", come abbiamo messo in evidenza nel numero di dicembre di Teatrocult-foglio, possiamo dire lo stesso per questo mese di gennaio? Non è facile schematizzare. La regola è quella di muoversi su una sorta di doppio binario. Lo scorso mese ci aveva colpito il numero di spettacoli "ribelli" che girava per le sale napoletane. Ma non sempre è così, e la norma, anzi, li vuole come eccezione.
Ciò che prevale, in genere, è una programmazione "d´ufficio" che privilegia, anche per motivi di necessità, il teatro più commerciale. Quello, cioè, facilmente vendibile al pubblico. E´ in questo quadro generale che lo spettatore deve farsi largo e cercare, per scovare lampi di teatro meno scontato e compiacente. Quel teatro che al semplice intrattenimento preferisce un coinvolgimento più diretto. Che pone domande scomode, che turba le coscienze, che ti fa portare dietro interrogativi, inquietudini, riflessioni.
Un teatro che meglio si addice alla posizione che tale forma espressiva occupa oggi nel complesso meccanismo mediatico dello spettacolo e della comunicazione. Che possa far valere come strumento critico di analisi e di penetrazione questa sua posizione più defilata, meno esposta rispetto ad altri, più potenti e aggressivi media.
Tutto questo, però, mette a dura prova la sua capacità di resistere all´interno del "mercato". Rende stretti gli spazi in cui sviluppare il rinnovamento, la ricerca, il tentativo di sperimentare il nuovo. Si preferisce, allora, puntare su nomi già collaudati, sia tra gli autori che tra gli interpreti, al fine di assicurarsi il consenso di un pubblico un po´ impigrito nelle scelte e refrattario alle novità. Creando, così, un impasse per uscire dal quale bisognerebbe incoraggiare maggiormente lo stesso pubblico, stimolarne la curiosità, la voglia di ricercare cose nuove e diverse.
Bisognerebbe aiutare gli spettatori a scegliere, nella selva indistinta della programmazione teatrale, quegli spettacoli maggiormente suscettibili di divenire uno stimolo, un nutrimento, non solo per la mente, ma, in generale, per la propria coscienza di uomini. Anche in questo mese di gennaio, ad esempio, le proposte per chi abbia voglia di confrontarsi con un´idea più impegnativa di teatro, nella programmazione napoletana, non mancano.
Proviamo a segnalarne alcune in una rapida panoramica.
Si va da Quartett, di Heiner Muller per la regia di Carlo Cerciello all´Elicantropo, una rivisitazione de Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos ad opera del grande autore tedesco, dove il gioco cinico del potere che annulla ogni sentimento di umanità fino a vedere spalancarsi sotto di sé il baratro del niente diviene metafora del vuoto lasciato dalla fine delle ideologie.
Il tema del vuoto, dello smarrimento, con l´aggiunta del sottile veleno dell´indifferenza, è anche il filo conduttore di Zio Vanja, di Cechov, che sarà al Teatro Bellini in un´edizione diretta da Marco Bellocchio, regista molto attento a evidenziare nelle minute e ordinarie dinamiche familiari i segnali di un´angoscia più universale. Che consistono, a volte, in qualcosa di simile ad un sonno dell´anima, come quello descritto da Harold Pinter in Una specie di Alaska, a Galleria Toledo, dove il tema del tempo che passa e tutto uniforma, che ha attraversato l´opera del grande autore inglese, trova forse la sua forma più compiuta e inquietante.
Qui è il sonno forzato di un coma prolungato a diventare metafora del tempo e della vita stessa. Una dimensione intermedia sospesa tra l´essere e il suo contrario che anche Emma Dante indaga nel suo Le sorelle Macaluso, al Mercadante, nel quale mette in scena una sorta di scambio dialettico tra le due dimensioni antitetiche della vita e della morte, ponendone in crisi i principi che sembrano così nettamente separarle.
Ma non meno perturbante, seppur in apparenza condotto in forma più lieve, è la commedia di Neil La Bute, Pretty. Un motivo per essere carini, al Teatro Nuovo, dove nel discorso sulla vanità del tempo e sull´intreccio tra vita e morte viene inserito il tema della bellezza fisica come elemento effimero e
illusorio e che pure tanto rilievo acquista, e tante aspettative alimenta, nei rapporti umani. Su tutto sovrintendono i linguaggi del teatro con le loro infinite varianti e sfumature, eppure, sempre in grado di convergere e di fondersi in un´unica grande lingua universale, come accade nel Petito Blok – Il baraccone della morte ciarlatana, di Antonio Calone, per la regia di Emanuele Valenti, al Piccolo Bellini, che mette in scena un audace parallelo tra l´attore-autore napoletano, Antonio Petito, che è rimasto il più famoso interprete di Pulcinella, e il poeta russo visionario e rivoluzionario, Aleksandr Blok. A dimostrazione che i linguaggi dell´arte si incontrano e coincidono anche quando sembrano provenire da dimensioni lontanissime, se non opposte. Sta solo a noi scegliere se ascoltarli o fare finta di niente e girarci, indifferenti, appunto, dall´altra parte.
9 gennaio 2014
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