Caos al San Carlo

Cade il Cda e arriva il commissariamento
Servizio di Vincenzo Perfetti


Napoli - Il commissariamento ad acta del Massimo napoletano, ha provocato in questi giorni proteste e schieramenti. Ora, Michele Lignola, direttore generale degli industriali di Napoli, dopo Salvatore Nastasi, è il terzo commissario del teatro San Carlo.
Ancora. Il più vecchio, celebre, con la produzione storica più significativa, tra cui Rossini e Donizetti direttori della musica. Simbolo, infatti, della Napoli capitale artistica d’Europa tra Settecento/Ottocento. Nonostante abbia chiuso in pareggio di bilancio gli ultimi due anni ora si ritrova commissariato. Lignola avrà gli stessi poteri del Cda per una durata di due mesi rinnovabili e con il compito di ottemperare agli obblighi di legge in tema di presentazione del piano di risanamento e di adeguamento dello statuto, della programmazione 2014 e dell’adozione di bilancio previsionale. Da una parte il Decreto Legge “Valore Cultura “e i componenti del Cda dimissionari: Stefano Caldoro (Regione Campania), Luigi Cesaro (Provincia), Maurizio Maddaloni (Camera di Commercio) e Riccardo Villari (Mibac). Dimissioni presentate durante la seduta del Consiglio tenutasi il 9 gennaio, la cui finalità era decidere se accedere o meno al D.L. con un apporto di liquidità, pari a 75 milioni, dopo aver presentato un piano industriale: ridimensionamenti dell’organico e tagli del 35% agli integrativi dei lavoratori. Dall’altra il primo cittadino e presidente della Fondazione San Carlo, Luigi De Magistris con gli addetti ai lavori, operai e artisti.
L’indignazione raggiunge l’apice il 22, quando i tecnici decidono di occupare l’ufficio della sovrintendenza, del quale è responsabile la napoletana Rosanna Purchia, che ha completa fiducia nella firma del nuovo contratto di lavoro in previsione del fatto che il 50 - 60% dell’integrativo passi direttamente nella busta paga dei lavoratori. Questa è la storia del suddetto decreto: emesso l’8 agosto, pubblicato poi sulla Gazzetta Ufficiale il 9 e assegnato alla commissione Cultura del Senato il 30 (atto 1014), approvato il 25 settembre è stato trasmesso il 26 alla omologa Commissione della Camera (atto 1628). Sessanta sono i giorni previsti per eventuali confronti fra gli enti. Cinquanta ne sono passati per l’iter e considerato che il dl è stato emanato in definitiva l’8 ottobre, ne restavano dieci per i confronti. Incontri resi o voluti impossibili, dunque. Il Mibac ha così preso la sua decisione: il Massimo napoletano doveva aderire alla legge Valore Cultura, ovvero al piano di salvataggio delle fondazioni lirico sinfoniche in difficoltà. Nei novanta giorni successivi non è stato presentato alcun piano di risanamento e si è quindi verificata la violazione della legge. La rottura del Consiglio ha provocato la mancata approvazione del bilancio preventivo causando il blocco della prima rata del FUS ed esponendo il teatro ad ulteriori problemi di liquidità. Le dimissioni di cui sopra, secondo le dichiarazioni del primo cittadino, sono nate dalla volontà di quest’ultimi di voler aderire alla legge. Il commissariamento, dunque potrebbe essere figlio di una scelta politica voluta. L’offerta del sindaco è stata quella di conferire 40 milioni di euro di beni immobili al teatro, nonostante il rischio dissesto di palazzo San Giacomo. Un’offerta questa che abbisogna di chiarimenti. Infatti, tra le Fondazioni lirico – sinfoniche, quella del San Carlo è l’unica a non avere in proprietà il teatro. Il suo valore immobiliare non figura nello stato patrimoniale. La legge istitutiva delle fondazioni (la 367 del 1996) prevedeva la cessione della proprietà dei teatri alle fondazioni. Il Comune di Napoli non poteva promuovere tale adesione: il San Carlo non era suo, ma del Demanio dello Stato. Dopo l’Unità, il neo – costituito Stato italiano lo aveva acquisito dalla Corona Borbonica, assieme al Teatro del Fondo, successivamente Mercadante. Quest’ultimo nel 1982 fu ceduto al Comune, ma la richiesta per il San Carlo fu negata in quanto “costituente uno dei capolavori del Neoclassico italiano”. Da qui la volontà del sindaco di rendere nostrana ed autonoma l’amministrazione del Massimo, rilanciandone importanza e qualità.
(Nella foto: Michele Lignola)

29 gennaio 2014

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