Casillo: “La responsabilità di essere… Sik-Sik”

L’attore mette in scena la versione lunga dell’atto unico di Eduardo registrata dal vivo nel ‘79 
Servizio di Federica De Cesare

Napoli - Benedetto Casillo torna a calcare le tavole del palcoscenico con “Sik Sik, l’artefice magico” di Eduardo De Filippo. Dopo una breve anteprima al Napoli Teatro Festival, va in scena al Teatro Nuovo dal 24 gennaio al 2 febbraio, una versione più lunga dell’originale, già proposta dallo stesso Eduardo nel 1979 e raccolta da Giulio Baffi, allora direttore del Teatro San Ferdinando di Napoli.
L’attore napoletano fa rivivere il personaggio dell’illusionista squattrinato che, accompagnato dalla moglie e da un’assistente, girovaga esibendosi in teatri di infimo livello. Commedia in atto unico che vede la compagnia del mago mettere in scena un raffazzonato spettacolo in cui tutto va storto. Metafora dell’uomo moderno che avvertendo la propria inadeguatezza ricerca il proprio riscatto attraverso la finzione, senza però riuscirvi.
Sul palco, con Casillo, Roberto Del Gaudio, Marco Manchisi e Aida Talliente, per la regia di Pierpaolo Sepe.
Due al momento gli appuntamenti sull’agenda 2014 di Casillo: dopo “Sik Sik, l’artefice magico” sarà la volta di “Nu mese ‘o ffrisco” di Paola Riccora, previsto nel mese di marzo.

Benedetto Casillo, dopo tanti anni di carriera porta in scena un lavoro del grande Eduardo. Che effetto le fa?

Lo scorso giugno abbiamo debuttato con il testo del 1929, mentre ora portiamo in giro quello raccolto da Giulio Baffi nell’ultima recita fatta da Eduardo al Teatro San Ferdinando.
Questa versione è oggi contenuta in un libro pubblicato dallo stesso Baffi in questi giorni. Un vero onore, ma anche un onere quello di mettere in scena, per primo, questo testo. Nella mia carriera, infatti, non mi sono mai relazionato, se non durante le mie esperienze giovanili e dilettantistiche, al grande teatro di Eduardo. Poterlo fare oggi, da professionista, mi permette di affrontare tale compito con maggiore esperienza, ma anche con un maggiore senso di responsabilità. Insomma, l’ansia e la tremarella si fanno sentire. Nutro un profondo rispetto per l’autore e per l’opera; in fondo, le ansie salgono a galla quando si affronta qualcosa di importante e rappresentare  Sik Sik  è sicuramente un passo rilevante per la mia carriera.

La sua comicità è sobria, mai volgare. Come giudica la comicità della  battuta facile a volte irriguardosa?

Per carattere sono abituato a non giudicare l’operato altrui e non gradisco esprimere giudizi. Quella di optare per una comicità genuina è una caratteristica frutto della mia educazione sia personale che artistica.
Opero delle scelte in linea con il mio pensiero e il mio codice comportamentale, nel rispetto del pubblico, e noto che il riscontro da parte della gente è positivo.
Ricreo atmosfere fanciullesche che lo spettatore gradisce perché in ogni uomo c’è ancora una parte naturale, capace di divertirsi con cose semplici e genuine.

Per lei che è un appassionato cultore del tradizionale teatro partenopeo quanto è importante, sempre rispettando lo spirito originario dell’opera, rivisitarne in qualche modo i testi?

Nel corso della riscrittura, cerco sempre di conservare parole o espressioni storiche che appartengono al nostro patrimonio culturale, ma che hanno ancora oggi una valenza. Il mio intento è proprio quello di riproporle, mettendole in evidenza, per far sì che anche il grande pubblico possa conoscerle. Sono dell’idea che il  testo  vada comunque rispettato per quello che è, comprendendo, naturalmente, che i tempi di oggi sono più rapidi. Basti pensare che una volta a teatro ci si tratteneva anche tre ore o più, mentre le necessità odierne sono sicuramente differenti. Ciò richiede un’operazione di snellimento, per cui le battute si fanno più brevi e vengono spesso spezzate sulla bocca degli attori. Ma il tutto deve appunto avvenire nel rispetto dello spirito dell’opera.

Tra i classici portati in scena qual è l’autore che secondo lei coinvolge maggiormente il pubblico?

A Napoli si dice ogni scarrafone è bello ‘a mamma soja, oppure, tutti i figli sono uguali.
È naturale, mi affeziono a tutto ciò che faccio e guai se così non fosse.
Tutto il repertorio del teatro popolare, ma soprattutto quello meno conosciuto e meno frequentato è però, quello che probabilmente mi sta più a cuore. Sto parlando di autori come Riccora o Rescigno, in genere meno rappresentati dalle compagnie.

Il mese di marzo la vedrà impegnato proprio in un’opera di Paola Riccora. Perché riportare in scena “Nu mese ‘o ffrisco”?

Paola Riccora è tra i capostipiti del teatro popolare napoletano, popolare nel senso più bello e nobile del termine. Un teatro che ha sempre una certa eleganza, una certa carnalità, emblema delle nostre tradizioni e delle nostre origini. “Nu mese ‘o ffrisco” è un gioiellino di comicità semplice e innocente mai banale. 
La  dimostrazione   di   come ancora oggi, si possa far ridere in una maniera  schietta  e   genuina,   senza volgarità o effetti speciali, ma lavorando, semplicemente, sulla costruzione teatrale, sulle battute, sui ritmi e su una storia che,  per quanto ingenua, è sicuramente accattivante.

Ha fatto cinema teatro televisione, cosa le ha dato più soddisfazione?

Sono strumenti diversi l’uno dall’altro e ognuno ha la sua importanza. Per un attore il teatro è il luogo di massima espressione perché ogni recita rappresenta qualcosa di nuovo ed imprevedibile. Tutto può accadere.
La presa diretta, tanto decantata in televisione, si accende invece per magia ogni sera sulle tavole del palcoscenico. Lì è la vera presa diretta. Se cinema e televisione sono strumenti che permettono di registrare, il teatro è in divenire, non si può conservare. Esso resta esclusivamente negli occhi, nel cuore e nella mente dello spettatore che ha assistito alla rappresentazione. Il teatro è vivo, c’è sentimento, pathos, c’è il pubblico con il suo applauso e c’è l’attore, che mette in gioco tutta la sua capacità di superare il palcoscenico per arrivare alla gente.

Da napoletano doc è superstizioso?

Da questo punto di vista non merito forse la denominazione di napoletano doc. Non sono scaramantico: i colori non mi influenzano in nessun modo, amo i gatti neri e se dovessi debuttare con uno spettacolo di venerdì 17 lo farei. Sono un credente, per cui, le superstizioni non mi appartengono.
 
23 gennaio 2014

 
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