Teatro Mercadante, come la crisi genera opportunità
I TEMPI CHE CAMBIANO
Nuove strategie produttive per il Teatro Stabile di Napoli
Servizio di Antonio Tedesco
Nuove strategie produttive per il Teatro Stabile di Napoli
Servizio di Antonio Tedesco
Napoli - Ne abbiamo già parlato, ma a volte è il
caso di ripetersi. I tempi sono duri e il teatro, per andare avanti, si
rimbocca le maniche.
Va in questa direzione la prossima stagione del
Teatro Stabile di Napoli. E cioè in
quella di trarre il massimo utile dalle limitate risorse disponibili. Dove per
“utile” intendiamo l'offerta teatrale possibile per la prossima annata del
Mercadante e delle altre sale ad esso collegate. E come ottenere un tale
risultato in regime di scarsità di risorse economiche? Sfruttando al massimo
quelle artistiche disponibili, secondo quanto esposto dal direttore dello
Stabile, Luca De Fusco alla conferenza stampa di presentazione tenutasi giorni
fa nello stesso Mercadante. Non a caso
il concetto con cui si è sintetizzata questa idea è stato quello di
“scarpettiana”, cioè di un processo di produzione teatrale ben noto alle
compagnie di una volta (quella di Eduardo Scarpetta, ma non solo) che, per la
loro sopravvivenza, potevano contare solo sugli incassi che facevano in sala. E
che consisteva nell'offrire un ventaglio articolato di spettacoli ma
utilizzando sempre le medesime strutture e la stessa compagnia. Si potrebbe
definire come una sorta di catena di montaggio (ma da interpretare in maniera
tutt'altro che negativa) nella quale mentre uno spettacolo è in scena se ne
prova un altro che verrà rappresentato subito dopo. Riutilizzando non solo le
risorse attoriali, ma anche quelle scenografiche, tecniche ecc. Fino a
costituire un cosiddetto repertorio, come un capitale di base con
“pezzi” intercambiabili e parimenti efficaci, su cui la compagnia, in questo
caso il Teatro Stabile, può sempre contare e utilizzare. Una strategia che gli imprenditori, in
generale, ben conoscono, volta principalmente alla riduzione e al contenimento
dei costi di produzione. O anche, per dirla sempre in termini
“tecnico-economici”, una maniera per ottimizzare le risorse. E, diremmo, non è
il caso di gridare allo scandalo se il teatro deve adeguarsi a queste esigenze.
Anzi, ancora una volta, oltre e al di là della pura e semplice resa scenica, il
teatro dimostra di essere specchio del mondo (e di quel particolare momento) in
cui si produce. E se, in palese penuria di denaro pubblico, le produzioni
teatrali imparano di nuovo a camminare sulle proprie gambe (almeno in parte,
nei limiti in cui oggi è possibile) non ci pare che la cosa sia da considerarsi
solo in chiave negativa. Le crisi hanno spesso il potere di generare
opportunità. E così, nello spirito di reagire e di adeguarsi ai tempi, e sulla
falsariga del Napoli Teatro Festival, anche la nuova stagione dello Stabile
vedrà Cechov come sua linea guida, ovvero un terreno (un autore) su cui
sperimentare un nuovo modello di gestione. Al Giardino dei Ciliegi,
diretto dallo stesso Luca De Fusco, presentato in anteprima proprio al Napoli
Teatro Festival, seguiranno Tre sorelle e Zio Vanja diretti
rispettivamente da Claudio Di Palma e Pier Paolo Sepe. Tutti e tre gli
allestimenti si serviranno in gran parte dei medesimi attori e di un unico
impianto scenico di base. E forse non è un caso che proprio il grande autore
russo che ha raccontato lo smarrimento degli uomini di fronte ai tempi che
cambiano, sia chiamato ora a testimone di un nuovo, ineluttabile, mutamento
epocale. E del conseguente, necessario adeguamento operativo che richiede.
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