“Dolore sotto chiave” il radiodramma di Eduardo diretto da Francesco Saponaro
Al San Ferdinando stasera e domani con
Luciano Saltarelli nei panni di Lucia
Servizio di Anita Curci
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Servizio di Anita Curci
Napoli - Dolore sotto chiave, atto unico di Eduardo scritto nel 1958 per sé e per Titina De Filippo come radiodramma, e, in occasione del trentennale della morte, diretto per il Napoli Teatro Festival da Francesco Saponaro. In scena al San Ferdinando stasera alle ore 19 e domani alle 21.
Saponaro, “Dolore sotto chiave”, che stasera
e domani arriva al San Ferdinando con la sua regia per il Napoli Teatro
Festival Italia, non è la prima opera di Eduardo che porta in scena. Cosa
significa confrontarsi con un drammaturgo che continua ad imporsi sui
palcoscenici di tutto il mondo? Che spunto di riflessione le suggerisce?
“E’ una
responsabilità ma anche un atto di curiosità vitale, l’opportunità di venire a
confronto con un grande del ‘900, divenuto ormai un classico.
Ricordo le parole di
Cesare Garboli riferendosi a Cechov ma che io attribuisco ai geni, immaginandovi
un parallelismo: ‘Egli parte dal presente e guarda al futuro’.
I classici parlano
sempre alle generazioni future. E Eduardo vi si rivolge attraverso una comicità
amara. Con il sottile umorismo - arma più affilata della tragedia - si rivela
in sostanza ferocissimo. Mette a fuoco le torture che si manifestano negli
ambiti familiari”.
In “Dolore sotto chiave”, ad esempio, c’è una
sorella che in nome della compassione, tema caro ad Eduardo, mediante il
sentimento della pietas, esercita sul fratello una tortura psicologica, una
specie di potere coatto.
“Eduardo ci mette
di fronte alle devianze dell’animo umano. Fa esplodere quei conflitti insiti
nel ‘900 che hanno poi preso il sopravvento nella società di oggi.
Questo è un suo testo
poco praticato e lo riprendiamo nell’anno in cui si celebra il trentennale
della morte. Nasce da un radiodramma, De Filippo lo scrisse per sé e per
Titina. Solo sei anni dopo, nel 1964, lo diresse, con protagonista Franco
Parenti affiancato da Regina Bianchi, al San Ferdinando.
Eduardo è
un’analista caustico e feroce della società borghese, che usa l’umorismo per
compiere la sua denuncia”.
Dalla locandina sono scomparsi i nomi degli
interpreti originari, la surreale coppia di siciliani composta da Giuseppe
Carulli e Cristiana Minasi, sostituita da Toni Laudadio e Luciano Saltarelli,
rispettivamente nei panni di Rocco e Lucia Capasso, i fratelli protagonisti
della vicenda. Come mai?
“La nostra visione
divergeva. Loro volevano far prevalere la loro personalità artistica su quella
di Eduardo, che invece deve essere rispettato, seguito con la giusta dose di
umiltà. I suoi personaggi hanno tante sfumature che devono essere colte con
rispetto e sensibilità. La sua arte, la sua grandezza è il frutto e il punto di
arrivo di una tradizione secolare ricchissima, che non si può dimenticare”.
Perché un uomo in un ruolo femminile?
“Non è stata una
bizzarra scelta en travesti, ma un
modo di esaltare il personaggio. Lucia è una donna senza bellezza, sensualità e
femminilità, che in ossequio a una presunta pietas e a un deciso dogmatismo
nasconde al fratello la verità: che sua moglie è morta da mesi. E lo fa perché
su quel fratello ha riversato tutto il proprio desiderio irrealizzato d’amore.
Ella è convinta che Rocco, se sapesse la verità, come un giorno dichiarò, si
ucciderebbe. Ma queste sono cose che si dicono, non si fanno. Con la sua
menzogna, Lucia nega a Rocco il diritto al lutto, al dolore. E anche a una vita
diversa: egli, infatti, sapendo la moglie ancora gravemente ammalata, e non
potendola vedere perché una pur minima emozione la ucciderebbe – così dice la
sorella – non si decide a lasciarla e ad andare dall’amante, che sta per
fuggire con un altro uomo. Come si vede, Eduardo ha concentrato in meno di
un’ora di teatro, un teso, carnale conflitto tra fratelli, aspetti morbosi
dell’ambiente familiare, anticipando anche personaggi di sue opere maggiori. Il
Rocco di ‘Dolore sotto chiave’, infatti, ricorda per la sua ristrettezza, la
sua viltà il Pasquale Lojacono di ‘Questi fantasmi’
Nel ’64 “Dolore sotto chiave” arrivò al San
Ferdinando come atto unico assieme a “Il berretto a sonagli” di Pirandello.
“Gli echi
pirandelliani sono evidenti. Io li evoco citando, tra l’altro, una sua novella,
‘I pensionati della memoria’, che ha ispirato un poemetto in napoletano
composto da Raffaele Galiero e usato come prologo. Ma c’è anche un’altra
novella che ricorda ‘Dolore sotto chiave’, ‘Camera in attesa’… di che cosa? Ma
della morte”.
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