“Il sindaco del Rione Sanità” un testo che entra dentro la contraddittorietà dell’uomo
Con
la regia di Marco Sciaccaluga, al San Ferdinando di Napoli per il Teatro
Festival Italia
Servizio di Anita Curci
Una prima assoluta sotto la direzione di Marco Sciaccaluga, “Il Sindaco del Rione Sanità”, l’opera in tre atti che Eduardo inserì nella sua raccolta Cantata dei giorni dispari, e in Residenza Artistica a Napoli per il Teatro Festival Italia. Il 7 e l’8 giugno al teatro San Ferdinando con Eros Pagni nella parte di Don Antonio Barracano.
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Servizio di Anita Curci
Una prima assoluta sotto la direzione di Marco Sciaccaluga, “Il Sindaco del Rione Sanità”, l’opera in tre atti che Eduardo inserì nella sua raccolta Cantata dei giorni dispari, e in Residenza Artistica a Napoli per il Teatro Festival Italia. Il 7 e l’8 giugno al teatro San Ferdinando con Eros Pagni nella parte di Don Antonio Barracano.
Sciaccaluga,
cosa vuol dire portare in scena Eduardo e proprio in un’occasione importante
come questa, nel trentennale della morte?
“Per prima cosa mi viene da dire che è
un grande onore. Si celebra uno dei più grandi autori del Novecento europeo, ed
io mi accosto a lui con umiltà, devozione e la serenità necessaria. Mi accosto
con lo stesso stato d’animo, tra il tremebondo e l’orgoglioso, con cui ci si
accosta alle pagine di un copione di Shakespeare o di Molière. Si tratta di un
mistero da sondare e nel quale avventurarsi. Come accaduto con Brecht, ad
esempio, quando mi sono trovato di fronte ad un importante testo, ad una specie
di giungla da esplorare, con le sue insidie da superare e risolvere. Col dovuto
rispetto. Nessuna differenza con Eduardo. Esaminare una sua opera è lo stesso
che affrontare un grande classico di ogni epoca.”
Si
occuperà della regia di “Il Sindaco del Rione Sanità” che lei vide in televisione
da bambino; il suo primo approccio con Napoli e col mondo eduardiano. Si è
trattato di una scelta o di una casualità?
“E’ stato un regalo del destino, in
verità. Questa idea di realizzare un Sindaco
con Eros Pagni protagonista era una idea che De Fusco aveva da anni. D’accordo con
Carlo Repetti, direttore dello Stabile di Genova, mi ha convocato. Ed io sono
salito sulla nave con gioia e responsabilità.
Da tempo, come molti teatranti,
sognavo di incontrare Eduardo avendo per lui un rispetto devoto senza, però,
nessuna paura. È chiaro che il suo teatro è impastato della sua lingua e
cultura ma non deve essere indispensabile essere napoletani per conoscere quel
mondo e rapportarsi con le sue opere.”
Se
avesse potuto scegliere quale opera avrebbe rappresentato?
“Avevo due o tre testi che mi
chiamavano più di altri, uno era proprio il Sindaco
di cui avevo il ricordo di bambino. Mio padre era innamorato del teatro
napoletano e di Eduardo particolarmente. Vidi così una sera una sua commedia in
televisione rimanendone ipnotizzato. L’altro testo che mi farebbe piacere trattare
è La grande magia. Il terzo è tardo Gli esami non finiscono mai che vidi al
teatro Eliseo di Roma.
Il Sindaco del Rione Sanità
è un testo che porta con sé, oltre al linguaggio, anche caratteristiche culturali
molto meridionali. Da genovese che idea si è fatto della rappresentazione che
proporrà ai napoletani?
“Bisogna stare attenti a non
confondersi. Napoli è il mondo, una delle grandi metafore del mondo, come Mosca
lo è nel caso di Cechov e l’epoca elisabettiana nel caso di Shakespeare. Napoli
non è un fenomeno locale ma universale. E che ha, tuttavia, le sue
caratteristiche specifiche. Mi accosto come innamorato di Napoli, mi accosto
alla cultura napoletana col rispetto che si deve all’universalità. Dal punto di
vista del piano etico ci troviamo davanti ad un caso tipico della cultura del
sud.
Dovrò aprire una pagina scomoda e lo
farò con serenità. Il Sindaco è un
testo criticato da sempre, per la sua ambiguità morale, perché legato alla
camorra. Nella commedia è in gioco il discorso sulla malavita. Si fanno e si
son fatte discussioni come quelle sollevate sul Padrino di Coppola. Questo accade quando si osservano le cose con
sguardo semplificatorio, ingenuo. Un grande scrittore di teatro mette la mano
nel magma della vita e nelle sue atrocità.
Eduardo riesce a toccarle, a tirarle
fuori, a mostrarle al suo pubblico.
Barracano ha una idea superiore della
giustizia ma poi ci spaventa per i mezzi che utilizza per farla trionfare.
Finendo in un gorgo tragico. E’ un testo che entra dentro l’uomo, dentro la sua
contraddittorietà, dentro la sua insufficienza a vivere. Un grande personaggio
tragico e come tale mi piacerebbe trattarlo. Così lo proporrò allo spettatore.”
Eduardo
De Filippo concepì l’opera in tre atti. Sarà fedele alla struttura originale?
Quali le novità se ci saranno?
“Assolutamente fedele. Mi permetto però
una stravaganza. Il pubblico saprà da subito che Barracano è morto e assisterà
alla vicenda con suspense. Per fare questo mi servo di una specie di flashback
dove il protagonista utilizzerà parole molto particolari. Ho voluto concedermi il
piacere di collegare due autori straordinari. Farò un allacciamento con
Shakespeare, attraverso una frase ad hoc presa dal Riccardo II e che recita: “Benché povera, la morte
fa cessare ogni male morale”.
Questo dirà il protagonista e da lì il
via ad una lunga rievocazione. Per il resto l’opera è totalmente rispettata.”
Lo
spettacolo, essendo una Residenza Artistica, sarà concepito a Napoli. Come si è
regolato con la scelta degli attori? Oltre a Pagni protagonista, che però è anche
lui ligure, saranno coinvolti personaggi del posto?
“Sì, abbiamo fatto un accordo secondo
il quale molti attori verranno dallo Stabile di Genova, col quale il Festival,
per questo spettacolo, è in coproduzione, e che sono napoletani o campani. Gli
altri nove sono stati scelti a Napoli dopo molti provini; su più di 120 attori
tutti napoletani, ho selezionato quelli che servivano.
Per me oltre ad essere una avventura in
terra partenopea, rappresenta anche l’occasione di lavorare con attori assai
bravi che incontro per la prima volta. Un motivo di passione.”
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