Progetto Arrevuoto, l’impresa di Braucci con i ragazzi di Scampia per un teatro di solidarietà e consapevolezza
Teatro San Ferdinando 22 giugno 2014
Servizio di Maddalena Porcelli
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Servizio di Maddalena Porcelli
Napoli - Anche
quest’anno “Arrevuoto”, il progetto di teatro e pedagogia, a cura di Maurizio
Braucci e Roberta Carlotto, con una regia collettiva in cui figurano Alessandra
Cutolo, Nicola Laieta, Christian Giroso e Carmine Paternoster, giunto alla sua
nona edizione, chiude il Napoli Teatro Festival, con un messaggio politico
all’insegna della speranza. Frutto di un’esperienza laboratoriale estremamente
interessante, svoltasi nell’Auditorium di Scampia e inserita nel percorso del
progetto partecipato ”Valorizziamo Scampia” cofinanziato da “Fondazione con il
Sud”, con gli allievi di quattro scuole del centro e della periferia, da
Scampia a Ponticelli, dal rione Sanità ai Quartieri Spagnoli, lo spettacolo
mette in scena il testo di Jules Romains del 1930,” Donogoo”, un nome di pura
fantasia, sul quale il potere finanziario costruisce le illusioni di una massa
di diseredati, nell’illusione che quel luogo, segnato a caso sulla carta
geografica, realizzerà le speranze di una vita più giusta e dignitosa per
tutti. La Banca è così pronta a investire un ingente capitale per favorire le
aspettative dei tanti che ci hanno creduto. Il tema centrale è dunque
l’inganno, la truffa che, come sempre accade, peserà sulle spalle dei più sfortunati,
già segnati da una realtà di precarietà economica e sociale. Le attuali
condizioni economiche hanno via via deformato il rapporto contrattuale con i
propri cittadini, poiché lo Stato non controlla più il sistema economico,
sostituito dalla tecnocrazia e dalla finanza. Il nuovo dis-ordine mondiale
prevede la gestione di immani ricchezze, concentrate nelle mani di pochi, che
non hanno alcun rapporto con la vita reale dei miliardi di persone che abitano
il pianeta, se non quello di affamarle dopo averle sfruttate. Il denaro
prestato dalle banche non esiste, è moneta virtuale, ma su di essa si assumono
interessi. E’ il debito, dunque, l’unica moneta reale che, se non resa nei
tempi stabiliti, porta via tutto, casa, mobilio, automobile, spesso anche la
vita, qualora induca alla disperazione senza uscita e quindi al suicidio. Le
banche producono debito per derubare i paesi, una pratica che reitera un
colonialismo mai interrotto. E’ così che
i popoli s’impoveriscono, per pagare un debito pubblico che in realtà è una
truffa. Esse stesse generano le crisi. Nel ’29- ai tempi in cui Jules Romain
scriveva Donogoo- nove milioni di americani investirono in azioni poiché le
banche fecero aumentare i suoi prezzi e a quel punto ci fu il crollo con un
numero di suicidi spaventoso. Il crollo di Wall Street servì a mettere in crisi
la Germania, trascinando la sua popolazione nella più cupa disperazione e
innescando dinamiche che avrebbero generato il governo dittatoriale. Sono
sempre le banche che manovrano le informazioni finanziarie e possono orientarle
come vogliono: favorire alcuni mercati, distruggerne altri. Esse sono disposte
a tutto per impedire la fine di un’economia basata sul debito. Questo è
l’assunto, in nome del quale si scatenano guerre, si costruiscono periferie per
marginalizzare i deboli, per confinarli in quella zona d’inazione che li rende
estranei gli uni agli altri, perfino a se stessi e dunque impotenti. E sono
sempre gli stessi poteri che attraverso sofisticati sistemi di controllo disinformano
e ingannano sulla realtà vera delle cose. Un sistema che nessuno sceglierebbe,
se posto in condizione di scegliere nella libertà della propria coscienza. Ecco
perché “Arrevuoto” agisce su una distorsione della realtà per indicare un’altra
strada, di coscienza critica e di recupero di quei valori di umana solidarietà
che si tenta di annientare. “Arrevuoto” potenzia quelle risorse umane sopite.
Qui i ragazzi lavorano per rendersi consapevoli e imparano quei valori dei
quali sono stati derubati: la comunità, la progettazione, la solidarietà, il
riconoscimento e l’accettazione delle diversità… tutte condizioni nemiche del
potere. E allora assistiamo a una vera esplosione di gioia, che travolge e
contagia tutto il pubblico presente in teatro e ci mostra un altro modo di
concepire la vita, nella quale riemerge il fattore umano, affinché il senso
della vita non debba essere riconducibile al mero meccanicismo e al
materialismo. Questi ragazzi ritrovano una comunità che li accoglie, in cui
possano condividere un progetto. In pochissimo tempo questa troupe composta da
circa sessanta attori, registi, scenografi, costumisti, tecnici delle luci,
truccatori, guide pedagogiche, ha creato uno spettacolo che dirompe sulla scena
di un teatro storico, quel teatro che vide esibirsi Eduardo Scarpetta, che fu
nel cuore dell’eterno Eduardo, afflitto da tante disgrazie e poi risorto grazie
a un impegno di resistenza. La scenografia crea effetti straordinari, supportata da una
partitura musicale, il tutto con l’utilizzo di materiali poveri e riciclati:
stralci di lenzuola con cui mimare le onde del mare; assi di legno avvolti da
teli per realizzare una barca che li condurrà a Donogoo, in un viaggio
d’avventura che sarà il viaggio dentro se stessi, alla scoperta di un nuovo
orizzonte umano; strumenti musicali costruiti con taniche, coperchi di pentole,
sabbia, bottiglie di plastica…Questi ragazzi irrompono sulla scena, tra gli
spalti dove il pubblico viene sommerso da un’energia vitale contagiosa,
stupefacente. Uno schiaffo al sistema che vorrebbe una cittadinanza
depoliticizzata, apatica o cinica, estranea al dibattito politico, che s’impone
con regole di autentica democrazia. Se la democrazia non esiste c’è un teatro
che la ricrea e questa volta è reale, tangibile. Uno schiaffo al sistema
affaristico-speculativo teso a distruggere l’incontro e la comunicazione, per
creare una società atomistica, di soggetti disgregati ma imposta come unica
democrazia possibile, che nega l’informazione e il dissenso. E’ da qui che si
deve partire, dalla cooperazione, dall’uguaglianza, dall’autogoverno e dalla
libertà individuale. Come dice Noam Chomsky, “chi agisce come se non esistesse
alcuna possibilità di cambiamento in meglio impedisce di fatto tale
possibilità”.
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