Moscato porta al Nuovo “Istruzioni per minuta servitù” con gli umori e i ritmi della parodia
“Rifletto su servi & padroni mescolando Scarpetta e
Schopenhauer”
Servizio di Maddalena Caccavale Menza
Servizio di Maddalena Caccavale Menza
In prima assoluta il
19 e il 20 giugno al Teatro Nuovo per il Napoli Teatro Festival, “Istruzioni per minuta
servitù” (Il Mondo come in-volontà e ir-rappresentazione) un testo di Enzo Moscato che ne cura anche
della regia.
Moscato, come nasce questo spettacolo?
Il progetto teatrale
viene fuori dal testo finalista nel 2009 della cinquantesima edizione del
Premio Riccione, Istruzioni per minuta
servitù.
Adesso la sfida sta
nel passare dalla scrittura alla messinscena. Un’avventura perché si
confrontano le fantasie con la realtà
scenica.
Lo spettacolo indaga
sul rapporto tra servi e padroni, che non è un rapporto fisso e stabile ma
dipende dalle varie epoche storiche.
Sono partito dal
pensiero di autori nordici come Schopenhauer, che ha scritto Il mondo come volontà e rappresentazione, da Genet autore delle Serve, da Swift, un autore del ‘600 che
ha scritto Istruzioni alla servitù, poi da Strindberg. Naturalmente
li ho dovuti tradurre e calare in quella che è la mia lingua.
Il materiale raccolto
può interagire chimicamente con alcuni scrittori partenopei che sono Mastriani
e Scarpetta.
Si tratta di fare una
contaminazione, un’ibridazione di stili diversi.
C’è una particolarità
del mio teatro, che è una sorta di
linguaggio universale che parte dal napoletano e tocca altre
lingue: il latino, il greco, l’inglese,
il francese, per diventare un teatro testuale.
Se dovesse spiegare l’umore di questo spettacolo, cosa
direbbe?
E’ una parodia.
Rispetto al mio
spettacolo precedente sulle Quattro
giornate di Napoli dove l’umore prevalente è la tragedia, qui c’è la
leggerezza, la risata.
Quando si accostano
ad esempio autori come Schopenhauer, Scarpetta e Mastriani, il
risultato è molto particolare. Quindi, il mio intento è un po’ questo. Usare la
leggerezza dal punto di vista dei mondi rappresentati nel rapporto
servo-padrone.
Come è attualmente
il rapporto sociale tra il servo e il padrone e come è cambiato rispetto al passato?
Il rapporto
servo-padrone si è parificato nel senso che i ruoli che una volta storicamente
connotavano queste categorie non sono più leggibili chiaramente. Non si capisce
più chi comanda e chi sta sotto.
Siamo stati travolti
da una serie di eventi come l’immigrazione da altri mondi, da altri continenti.
Io parto da alcuni autori del passato e questo lavoro avrà qualche alone di
“antichità”. Però, naturalmente, gli interpreti sono attuali e quello che uscirà
come soffio, come respiro teatrale, è il presente perché, quando scrivo la
battuta e l’affido a un altro, lui la dirà sempre in una maniera contemporanea.
Mi sono ispirato al passato perché sul presente non mi affaccio quasi mai.
E’ un terreno minato il presente?
No, ma sono abitato
dalla nostalgia e a questa m’ispiro. Non a caso, nostalgia, deriva dalla parola
greca nostos che vuol dire ritorno, le note che ritornano. Mondi sommersi che
hanno fatto parte della mia vita e di quella delle generazioni precedenti che,
in qualche modo, ritengo migliori di ciò che stiamo vivendo ora.
Quindi non le interessa la contemporaneità?
No, perché non mi
interessa partire dal presente. Ciò non vuol dire che, siccome è un mondo
passato, non possa illuminarci sul futuro.
Che cos’è la minuta servitù?
E’ la servitù più
squagliata che ci possa essere.
E’ una servitù
ribelle, sporca, riottosa, che ordisce sempre dei dispetti contro coloro che
sono ritenuti dominanti. Però in questo spettacolo, i rapporti sono
continuamente rovesciati. I decani fanno i decani fino ad un certo punto. Poi
parlano anche loro la lingua dei servi. A
loro volta, i servi lo sono finché devono ma poi, quando possono, scimmiottano o cercano d’impadronirsi della
lingua dei signori. Anche qui siamo alla dialettica. Nel mio teatro non c’è mai
il bianco e il nero, né una linea di demarcazione, ma esiste sempre uno spazio
intermedio.
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