Taranterra, quando dare un senso al teatro significa riscoprire se stessi

Nella suggestiva ambientazione della casina Vanvitelliana il testo di Mimmo Grasso con la regia di Massimo Maraviglia
Servizio di Francesco Gaudiosi

Napoli, Bacoli - Comprendere lo spettacolo “Taranterra” senza averlo ammirato dal vivo sarebbe impossibile; come definirlo semplicemente bello potrebbe risultare banale e stantio. Taranterra va oltre, si potrebbe quasi collocare in una dimensione metafisica, dove la razionalità dell’abitudine teatrale deve fare i conti con il ritorno al passato della sacralità del gesto scenico. Taranterra è la danza della terra, all’interno della quale attore, coro, musica e danza costituiscono un “gesto fuso”, evocando il rito, la genesi o la riscoperta di relazioni misteriche o analogiche tra i corpi e le loro espressioni. Nella messa in scena gli attori danno vita a quadri servendosi ora dei loro stessi corpi, ora di tammorre, ora di bastoni e tessuti che modificano in continuazione lo spazio dell’azione. Ogni sintesi creata dagli attori potrebbe definirsi come affermazione di una nuova tesi, parlando in termini hegeliani. Ed è proprio a tal proposito che oserei definire questo come uno spettacolo “hegeliano” dove la riscoperta e l’affermazione dell’individuo avviene solo nel ricongiungimento con un Assoluto, con una spiritualità metafisica nella quale lo spettatore neanche si accorge di essersi addentrato. Lo spettacolo non ha un punto di inizio preciso, è tutto concepito come un’unica “opera aperta”: una struttura a spirale dove tanti cerchi si aprono per ricongiungersi solo nell’epilogo. La ripresa del teatro greco, quella che va all’essenza del messaggio comunicativo, ed alla relativa catarsi dello spettatore, è evidente. Lo spettatore solo alla fine scopre di essere stato immerso in una ritualità, un’ascensione che rievoca il Dionisio e l’Apollo del teatro greco. L’emozione che regalano alcuni quadri è unica, ed a suggellare questa magnifica atmosfera è la voce dell’attore Ettore Nigro. Lo spettacolo si propone di creare un filo unico che ricorda un piano sequenza cinematografico, rendendo lo spettacolo magnetico e privo di cali di attenzione. Il tutto inserito nella magnifica atmosfera della casina Vanvitelliana. Taranterra è uno spettacolo “senza fissa dimora”, “pensato per essere rappresentato ovunque il teatro possa tornare ad essere un momento collettivo di reciproco riconoscimento profondo, tra chi offre e riceve, chi riceve e offre”.

 

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