IL SINDACO DEL RIONE SANITA’ di Eduardo de Filippo con la regia di Marco Sciaccaluga

LA LEGGE E IL SUO DOPPIO
Al Teatro San Ferdinando di Napoli – 7-8  giugno 2014
Servizio di Antonio Tedesco

Napoli. Il tema del mutamento epocale, di nuove concezioni del mondo che incalzano e soppiantano quelle vecchie, percorre in varie forme, e da differenti prospettive, tutta la programmazione del Napoli Teatro Festival. Se i testi di Cechov, presenti nel programma in numerose e diverse riletture, si concentrano sullo smarrimento degli individui e sulla loro incapacità di adeguarsi ai suddetti mutamenti, Il sindaco del Rione Sanità, la commedia che Eduardo De Filippo portò in scena nel 1960, e ora, per la regia di Marco Sciaccaluga, è stata presentata in prima mondiale al Napoli Teatro Festival, coglie aspetti più sottili, seppur altrettanto universali, di questo fenomeno. Tanto più universali in quanto analizzati attraverso la lente di una cultura antica e radicata come quella napoletana. E riguardano un elemento essenziale della convivenza e della coesistenza sociale tra gli uomini come la Giustizia e le sue varie possibilità di amministrazione.

In un contesto le cui caratteristiche di aggregazione sociale presentano ancora solidi retaggi arcaici, la giustizia viene amministrata in maniera soggettiva. Questo non significa che debba essere affidata al mutevole e volubile capriccio di un uomo (come pure è successo), ma piuttosto alla sua profonda e radicata saggezza. Una saggezza che, per esercitarsi al meglio in questa difficile e delicata pratica, deve racchiudere quella del mondo intero e dei suoi complessi meccanismi di convivenza. Deve saper essere elastica e valutare le circostanze diverse di volta in volta, e adattarsi ad esse.

Nella ineluttabile fase evolutiva della civiltà, la Giustizia (la sua amministrazione) diviene necessariamente oggettiva. Quindi rigida, basata su un codice fisso, e su parametri generalmente immutabili. Se la prima forma dunque, incorreva nel rischio di una eccessiva discrezionalità, la seconda, a sua volta, può impantanarsi in un rigore che sfocia, a volte, nell’ottusità. Prestandosi, proprio per questo, anche a manipolazioni di comodo efficacemente espresse nella famosa formula “fatta la legge trovato l’inganno”.

Ciò che Eduardo esprime in questo testo, dunque (al di là di letture superficialmente ideologiche) è proprio il contrasto tra queste due, per molti versi antitetiche visioni, non solo dell’esercizio della giustizia, ma del mondo. Cogliendo nella figura del protagonista, Antonio Barracano (personaggio carismatico cui un intero quartiere, la Sanità, appunto, fa capo per dirimere le questioni che sorgono al suo interno tra gli abitanti) un’immagine fortemente simbolica che, a tratti, sembra assumere su di sé il dolore di un mondo dove l’ingiustizia, nonostante lo sterile sforzo delle leggi e dei codici, sembra elevarsi a sistema (e da qui la lettura cristologia cui accenna nelle sue note di regia Sciaccaluga). Il suo sacrificio finale, quindi, servirà solo a rimarcare la necessità incombente ed epocale di un passaggio definitivo da un esercizio “soggettivo” a quello “oggettivo” della Giustizia, che non sarà, però, né semplice, né indolore. Come preconizza in chiusura  il dottor Della Ragione, sodale collaboratore di Barracano per un trentennio, che decide di non seguire le indicazioni date da quest’ultimo prima di morire, ma di denunciare i fatti per quelli che sono, e cioè, che la morte dello stesso Barracano è avvenuta per omicidio e non per un malore, anche se questo potrebbe scatenare nuove faide e spargimenti di sangue. Il dottore comprende che in un contesto sociale che sta radicalmente mutando, la “certezza delle leggi” non può più contare sulla “certezza” di pochi uomini che, in senso morale, siano “eletti” ed affidabili.

Lavorando su questi fondamentali principi, capillarmente diffusi nel testo, Sciaccaluga mette in scena uno spettacolo di forte impatto che, pur senza mai esasperare i toni, mantiene alta e costante la tensione drammatica, sottolineando con una citazione shakespeariana posta all’inizio l’ampia potata dei suoi significati,. Ma ciò che più conta, è che trova una cifra stilistica del tutto originale che si esprime pienamente nella interpretazione di Eros Pagni, un Antonio Barracano lontano da ogni tentazione eduardiana (nel senso dello stile recitativo) che riesce a offrire una lettura personalissima e dolente del controverso personaggio. Con lui sulla scena di Guido Fiorato, pervasa da un’atmosfera crepuscolare, un cast di altissimo livello composto da quindici attori tutti perfettamente in parte, tra i quali vogliamo segnalare almeno Federico Vanni nel ruolo del dottor Fabio Della Ragione e Maria Basile Scarpetta in quello della moglie di Barracano, Armida.

 

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