“Orchidee” - scritto, diretto ed interpretato da Pippo Delbono
Al
Teatro Bellini di Napoli dal 24 al 29
marzo
Nella narrazione di Delbono, fa da sottofondo una musica variegata e talvolta discordante che partendo da Pietro Mascagni passa per Enzo Avitabile, Nino Rota, Miles Davis ed arriva fino ai DeepPurple. Il tutto su una scena vuota, deserta, con una sola tela sul fondo sulla quale Delbono proietta video e immagini, che talvolta tramutano lo spettacolo in una malriuscita serata cinematografica. Ma la pars costruens c’è, e si nota soprattutto sul finale dello spettacolo stesso. Nel messaggio d’amore conclusivo è finalmente possibile tracciare una bozza- seppur ancora poco chiara e comunque sfocata- delle scelte drammaturgiche compiute da Delbono ed inserite nella rappresentazione, le quali includono, oltre al già citato Shakespeare, Cechov, Kerouac, Weiss,Senghor ed altri ancora.
Servizio
di Francesco Gaudiosi
Napoli - Gli
spettacoli di Delbono riescono sempre a suscitare- sia nel pubblico che nella critica- un combattuto sentimento
di odi et amo: si alternano momenti
di disprezzo nel quale lo spettatore avverte il perspicuo desiderio di
abbandonare la sala, ad altri nei quali Delbono riesce a far entrare lo stesso
se non in una dimensione catartica, quanto meno in un viaggio interiore
dell’individuo nell’universo dei sentimenti umani. E allora, prima di scrivere
di uno spettacolo di Delbono, sembrerebbe più che opportuna una precisazione,
anzi un memorandum rivolto a coloro che si apprestano per la prima volta ad
assistere ad un’opera del suddetto autore. Come tutti gli spettacoli di Pippo
Delbono, anche Orchidee nasce da una drammaturgia non intendibile come
messinscena di testi teatrali, bensì come creazioni totali, realizzate con una
sua compagnia stabile destinata a crescere artisticamente ed umanamente insieme
con l’autore, individui che vedono nel teatro una forma di condivisione di
valori e di sofferenze. Non è un caso che uno degli attori della compagnia,
Bobò, sordomuto incontrato e fatto uscire dal manicomio di Aversa dopo un
internamento durato 45 anni, sia un elemento costitutivo del gruppo, parte
centrale di un esperienza collettiva vissuta dalla compagnia tutta.
Per quanto riguarda lo
spettacolo, Orchidee “è il fiore più
bello ma anche il più malvagio, mi diceva una mia amica, perché non riconosci
quello che è vero da quello che è finto. Come questo nostro tempo”. “In
Orchidee”- continua Delbono, “c’è il tentativo di fermare un tempo che sto
attraversando. Un tempo confuso dove mi sento, ci sentiamo, in tanti, credo,
sperduti…”. Orchidee nasce anche dalla sofferenza provocata dalla morte della
madre, che nella vita dell’autore ha lasciato un vuoto, un vuoto dell’amore, dell’abbandono, della cultura, dell’essere artisti
perduti. Ma anche e soprattutto nella concezione del teatro, da Delbono
ritenuto come luogo troppo polveroso,
finto, morto. Ecco allora la necessità di vedere l’attore che si spoglia di
maschere, che non interpreta personaggi a lui distanti, bensì, nudo, diventa
essere umano sulla scena alla ricerca di un altro essere umano, alla ricerca di
un amore vero, che solo mediante la realtà
teatrale può venire alla luce. Con pochissimi dialoghi e monologhi, tutta la mise procede
mediante una narrazione guidata dal vivo da Delbono che, dal fondo della sala, conduce
lo spettatore in sentimenti, storie, sofferenze e vissuti incentrati proprio
sul tema dell’amore. Quell’amore di cui tanto Delbono avverte la necessità di
parlare, amore non più banale inteso come sentimento melenso e sdolcinato,
bensì di un amore sofferto, vissuto, uno shakespeariano amore che ha le sue
radici nella sofferenza di Romeo e Giulietta. Nella narrazione di Delbono, fa da sottofondo una musica variegata e talvolta discordante che partendo da Pietro Mascagni passa per Enzo Avitabile, Nino Rota, Miles Davis ed arriva fino ai DeepPurple. Il tutto su una scena vuota, deserta, con una sola tela sul fondo sulla quale Delbono proietta video e immagini, che talvolta tramutano lo spettacolo in una malriuscita serata cinematografica. Ma la pars costruens c’è, e si nota soprattutto sul finale dello spettacolo stesso. Nel messaggio d’amore conclusivo è finalmente possibile tracciare una bozza- seppur ancora poco chiara e comunque sfocata- delle scelte drammaturgiche compiute da Delbono ed inserite nella rappresentazione, le quali includono, oltre al già citato Shakespeare, Cechov, Kerouac, Weiss,Senghor ed altri ancora.
Sul palco, ad accompagnare
la narrazione e la contemporanea recitazione di Delbono, Dolly Albertin,
Gianluca Ballarè, il venerando Bobò, Margherita Clemente, Ilaria Distante,
Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo
e Grazia Spinella. Lo spettacolo sarà in scena al Bellini di Napoli da martedì
24 a domenica 29 marzo.
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