“Orchidee” - scritto, diretto ed interpretato da Pippo Delbono

Al Teatro Bellini di Napoli  dal 24 al 29 marzo

Servizio di Francesco Gaudiosi

Napoli - Gli spettacoli di Delbono riescono sempre a suscitare- sia nel pubblico  che nella critica- un combattuto sentimento di odi et amo: si alternano momenti di disprezzo nel quale lo spettatore avverte il perspicuo desiderio di abbandonare la sala, ad altri nei quali Delbono riesce a far entrare lo stesso se non in una dimensione catartica, quanto meno in un viaggio interiore dell’individuo nell’universo dei sentimenti umani. E allora, prima di scrivere di uno spettacolo di Delbono, sembrerebbe più che opportuna una precisazione, anzi un memorandum rivolto a coloro che si apprestano per la prima volta ad assistere ad un’opera del suddetto autore. Come tutti gli spettacoli di Pippo Delbono, anche Orchidee nasce da una drammaturgia non intendibile come messinscena di testi teatrali, bensì come creazioni totali, realizzate con una sua compagnia stabile destinata a crescere artisticamente ed umanamente insieme con l’autore, individui che vedono nel teatro una forma di condivisione di valori e di sofferenze. Non è un caso che uno degli attori della compagnia, Bobò, sordomuto incontrato e fatto uscire dal manicomio di Aversa dopo un internamento durato 45 anni, sia un elemento costitutivo del gruppo, parte centrale di un esperienza collettiva vissuta dalla compagnia tutta.
Per quanto riguarda lo spettacolo, Orchidee “è il fiore più bello ma anche il più malvagio, mi diceva una mia amica, perché non riconosci quello che è vero da quello che è finto. Come questo nostro tempo”. “In Orchidee”- continua Delbono, “c’è il tentativo di fermare un tempo che sto attraversando. Un tempo confuso dove mi sento, ci sentiamo, in tanti, credo, sperduti…”. Orchidee nasce anche dalla sofferenza provocata dalla morte della madre, che nella vita dell’autore ha lasciato un vuoto, un vuoto dell’amore, dell’abbandono, della cultura, dell’essere artisti perduti. Ma anche e soprattutto nella concezione del teatro, da Delbono ritenuto come luogo troppo polveroso, finto, morto. Ecco allora la necessità di vedere l’attore che si spoglia di maschere, che non interpreta personaggi a lui distanti, bensì, nudo, diventa essere umano sulla scena alla ricerca di un altro essere umano, alla ricerca di un amore vero, che solo mediante la realtà teatrale può venire alla luce. Con pochissimi  dialoghi e monologhi, tutta la mise procede mediante una narrazione guidata dal vivo da Delbono che, dal fondo della sala, conduce lo spettatore in sentimenti, storie, sofferenze e vissuti incentrati proprio sul tema dell’amore. Quell’amore di cui tanto Delbono avverte la necessità di parlare, amore non più banale inteso come sentimento melenso e sdolcinato, bensì di un amore sofferto, vissuto, uno shakespeariano amore che ha le sue radici nella sofferenza di Romeo e Giulietta.

Nella narrazione di Delbono, fa da sottofondo una musica variegata e talvolta discordante che partendo da Pietro Mascagni passa per Enzo Avitabile, Nino Rota, Miles Davis ed arriva fino ai DeepPurple. Il tutto su una scena vuota, deserta, con una sola tela sul fondo sulla quale Delbono proietta video e immagini, che talvolta tramutano lo spettacolo in una malriuscita serata cinematografica. Ma la pars costruens c’è, e si nota soprattutto sul finale dello spettacolo stesso. Nel messaggio d’amore conclusivo è finalmente possibile tracciare una bozza- seppur ancora poco chiara e comunque sfocata- delle scelte drammaturgiche compiute da Delbono ed inserite nella rappresentazione, le quali includono, oltre al già citato Shakespeare, Cechov, Kerouac, Weiss,Senghor ed altri ancora.

Sul palco, ad accompagnare la narrazione e la contemporanea recitazione di Delbono, Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, il venerando Bobò, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo e Grazia Spinella. Lo spettacolo sarà in scena al Bellini di Napoli da martedì 24 a domenica 29 marzo.

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