“Il più bel secolo della mia vita” scritto e diretto da Alessandro Bardani e Luigi Di Capua
Al Teatro della
Cometa di Roma dal 10 al 29 marzo
Un modo per dare rilievo ad una questione irrisolta che vede la FAEGN, Associazione figli adottivi e genitori naturali, ed il “Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche”, al centro della lotta per l’attuazione di una legge che modifichi l’attuale normativa, dichiarata incostituzionale da ben due anni.
Servizio di Federica De Cesare
Roma – Ha debuttato il 10 marzo scorso presso il Teatro
della Cometa, sullo sfondo dell’imponente Piazza Venezia, la rappresentazione
teatrale Il più bel secolo della mia vita.
Sul palco due personaggi, due generazioni, due vite
vissute in modo completamente diverso eppure accomunate dalla medesima
esperienza infantile. Giovanni e Gustavo, trentaquattrenne e pacato il primo,
un ragazzino quasi centenario il secondo, legati da un’incognita, l’identità
dei propri genitori naturali.
Lo spettacolo riprende con astuta ironia il tema del
diritto alla conoscenza delle proprie origini, quale diritto imprescindibile
della persona per la salute e l’identità personale.
Una legge, la 184/83, dagli effetti singolari: solo ai
centenari è riconosciuta la possibilità di accedere ai dati relativi al proprio
patrimonio biologico.
Battute ironiche e pungenti, che mettono i due
protagonisti allo specchio e lasciano al pubblico sorrisi e spunti di
riflessione.
Un modo per dare rilievo ad una questione irrisolta che vede la FAEGN, Associazione figli adottivi e genitori naturali, ed il “Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche”, al centro della lotta per l’attuazione di una legge che modifichi l’attuale normativa, dichiarata incostituzionale da ben due anni.
I due enti, promotori dello spettacolo, sostengono la
possibilità di accesso alle generalità della madre previo interpello e consenso
della stessa, evidenziando l’assurdità dell’attesa centennale e ritenendo che
il mutamento delle condizioni di vita della genitrice possa, di fatto, incidere
sulla scelta dell’anonimato effettuata in precedenza.
Una tematica ben adattata alle vesti teatrali da
Alessandro Bardani e Luigi Di Capua, autori e registi della rappresentazione, e
sapientemente messa in scena da Giorgio Colangeli, conosciuto per la sua
presenza in lavori quali “Una piccola impresa meridionale” e “Bracialletti
rossi” e Francesco Montanari, famoso per il ruolo del “Libanese” nella serie TV
“Romanzo criminale”.
I due attori trascinano il pubblico in sala con battute
irriverenti proprie delle vicissitudini dei nostri giorni, a partire
dall’insensata credenza secondo cui un panino del Burger King sarebbe più sano
di uno di quelli del suo acerrimo concorrente McDonald’s, alla epidemica mania
di tweet e selfie.
Sul palco anche Maria Gorini, compagna di Giovanni e
donna forte e decisa, la cui presenza, insieme a quella del centenario Gustavo,
sarà decisiva nella presa di posizione del suo fragile ed insicuro uomo.
Una vena umoristica, quella di Di Capua, membro fondatore
dei The Pills e sceneggiatore della serie tv “Zio Gianni”, che non manca di
farsi riconoscere e che si fonda, in un interessante connubio, con la penna di
Bardani, già direttore di Colangeli e Montanari, nel pluripremiato corto “Ce
l’hai un minuto?”.
Un’opera divertente ed intelligente, che per le sue
qualità riesce a catturare ed incuriosire un pubblico variegato, aprendo il
sipario anche ai meno avvezzi.
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