Lo specchio di Adriano - Scritto, diretto ed interpretato da Arnolfo Petri

Liberamente ispirato al romanzo “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar

Al Teatro Il Primo di Napoli dal 6 all’8 febbraio.

Servizio di Francesco Gaudiosi

 

Napoli - “Cos’è la morte: l’opposto della vita o il continuo di essa?” si domanda Adriano, che, sentendo sopraggiungere la morte, si appresta a scrivere una lunga e meditata riflessione al giovane Marco Aurelio. Arnolfo Petri interpreta il celebre imperatore romano, portando in scena un adattamento teatrale liberamente ispirato al noto romanzo di Marguerite Yourcenar.

Adriano, simbolo di quella purezza superstite, è solo sulla scena, cercando risposte, ponendosi interrogativi, esplorando quell’inconscio che trascende dal singolo individuo, ma è proprio di tutti gli uomini. Nel lungo monologo che lo porterà alla morte Adriano parla di vita, di guerra, di potere e di amore, rimarcando spesso quella sua purezza che ormai è andata perduta dall’umanità.

L’imperatore Adriano è solo, le sue parole sono fiori che provano a crescere su di un terreno arido. La parola del moribondo imperatore diventa quasi una funzione mistica che cerca proprio nel soprannaturale la verità degli eventi umani, una ricerca di quella coscienza collettiva che l’ipocrisia degli uomini prova disperatamente a mascherare.

La messa in scena di Petri regala allo spettatore un senso di solitudine, di abbandono di quell’imperatore un tempo così tanto celebre ed ora abbandonato al triste destino della sua vita. Il monologo risulta essere particolarmente impegnativo, sia per lo stile della drammaturgia, complessa e articolata, sia per l’esecuzione scenica, che vede in Adriano un imperatore in bilico tra la sua personalità, che aspira alla purezza d’animo, e l’amara condizione che questi deve accettare per vivere nella società. Interessante l’essenzialità degli elementi scenici di Armando Alovisi che favoriscono una maggiore concentrazione sul monologo di Adriano.

Petri riesce a regalare un suggestivo ritratto del personaggio, che, nonostante per la quasi totalità dell’esecuzione scenica appaia ben costruito e credibile, sfocia talvolta in un carattere attoriale che si distacca dalla semplicità di Adriano, vivendo di virtuosismi che si nutrono di pause e impostazioni vocali troppo ricche di orpelli che rischiano di allontanare l’attore dal personaggio.

Una interpretazione ad ogni modo intensa che il pubblico del Primo ha saputo cogliere, tributando nel finale il giusto apprezzamento per una mise così impegnativa e sentita.

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