Arnolfo Petri: Con "Lo specchio di Adriano" voglio trasmettere il senso di continuità della parola come mezzo di comunicazione

Servizio di Mario Migliaccio

 


Napoli - Arnolfo Petri, regista, drammaturgo, poeta, attore, nasce a Napoli e muove i suoi primi passi, alla fine degli anni Settanta, come doppiatore per poi approdare nel 1984 alla regia teatrale. Dal 1998 è Direttore Artistico del Teatro Il Primo di Napoli, da lui fondato. Riprende oggi un suo storico spettacolo, "Lo specchio di Adriano". La rappresentazione, che lo vedrà protagonista il 6-7-8 febbraio al Teatro Il Primo, ha già debuttato nel 2011 facendo poi una tournée in tutta Italia.

 

Petri, cos’è "Lo specchio di Adriano"?

“E’ innanzitutto una rielaborazione del libro "Le memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar. Si tratta in realtà di un libero adattamento dato che il testo originale è vastissimo. Cosa mia ha colpito di questo testo, che tra l'altro ho letto da adolescente? Il senso profondo del conflitto tra essere e non essere, tra vita e morte che, a mio avviso, è il tema dominante del libro della Yourcenar. Dunque, in 50 minuti di monologo, focalizzo la mia attenzione su questo aspetto e sulla vita dell'imperatore. Questo libro nasce da un pretesto, dalla lettera che Adriano scrive al suo giovane pupillo Marco Aurelio. In questo elaborato, l'imperatore racconta le conclusioni a cui è giunto nella sua vita aprendo una serie di scenari molto interessanti che ho voluto adottare in questo progetto messo in scena la prima volta nel 2011 per il Festival di Narni; nel 2012 ha debuttato al teatro Il Primo e poi fortunatamente l'abbiamo portato in giro per l'Italia. Infine sarà possibile assistere allo spettacolo in tre sere (6-7-8 febbraio 2015) al Teatro Il Primo e sono davvero molto contento ed emozionato nel rimetterlo in scena”.

 

Quanto questo spettacolo ha influenzato l'Arnolfo Petri uomo, non attore?

“Tantissimo, come un po’ tutti i progetti della mia vita, poiché mi ci rispecchio. Inizialmente, in questo progetto, mi mancava un elemento fondamentale che solo la maturità e l'esperienza mi hanno permesso di raggiungere. Il grande messaggio che la Yourcenar affida alle parole di Adriano, esprime la sopravvivenza dell'uomo e delle idee dopo la morte. E' proprio questo l'elemento che, nell’odierno momento di buio, mi ha fornito i germogli necessari per lo sviluppo del progetto. L'eredità che io ricevo, e che spero possa ricevere anche il pubblico, è proprio il senso della continuità della nostra parola come mezzo della comunicazione. Anche se sono un po’ pessimista sul futuro dell'uomo, da questo libro attingo spunti profondi per continuare a combattere la mia battaglia di resistenza (lo faccio ormai da 30 anni) affinché la parola non muoia”.

 

Ha fatto anche formazione teatrale a giovani aspiranti attori. Quanto di questo spettacolo è riuscito a trasmettere ai suoi allievi?

“Sono circa quattro anni che ho sospeso volutamente i laboratori di recitazione, in segno di polemica nei confronti della realtà che ci circonda. Attualmente mi occupo solo di lezioni private di dizione, fonetica ed educazione vocale. Può sembrare strano, ma spiego anche il perché di questa mia scelta: oggi ci sono molti, anzi troppi, 'maestri' che senza un bagaglio tecnico, senza esperienze né formazione, dicono di insegnare qualcosa tramite discutibili laboratori teatrali. Ormai, secondo loro, tutti sanno fare tutto ed io ritengo che questo sia uno degli orrori del nostro presente. Tornando ai miei allievi, ho detto loro che questo spettacolo può risultare una lezione extra perché, in 50 minuti di monologo, metto in pratica tutte quelle tecniche vocali che privatamente gli insegno”.

 

Oltre ad essere un attore, è anche scrittore. Ha qualche progetto in cantiere?

“Ne ho appena terminati due molto interessanti, che mi hanno tenuto impegnato per tutto il 2014, in collaborazione con la professoressa Patricia Bianchi, docente di storia della letteratura italiana alla Federico II, che ha prodotto due splendidi libri: uno si intitola "La zona grigia", uscito prima dell'estate; l'altro "Scrittori per Eduardo", uscito a novembre. In sostanza sono due racconti fortemente radicati nella città di Napoli. Ora invece sono in attesa delle prossime pubblicazioni: una è "Rapsodia in noir", ovvero, una raccolta di appunti che ho scritto su Napoli che hanno dato vita anche ad uno spettacolo teatrale andato in scena lo scorso novembre con la mia regia; l'altro, invece, è "L'uomo dallo sguardo capovolto" che si trova un attimo in standby perché sto aspettando l'ok dalla casa editrice”.

 

E sul piano teatrale?

“Sto lavorando a un nuovo testo, a cui sono legato tantissimo e rappresenta proprio l'apice teoretico del mio "teatro dell'anima", si intitola "Sull'amore e sul dolore, gli ultimi giorni di Miranda Reys". Spero che questo si possa realizzare quanto prima. Ho anche altri progetti teatrali che però svelerò più in là”.

 

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