Emma Dante in palcoscenico per una “intervista impossibile”
“Io,
Nessuno e Polifemo”, affascinante incontro tra mito e modernità in uno
spettacolo “pop”
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Servizio
di Anita Curci
Emma Dante, autrice e regista di
“Io, Nessuno e Polifemo” – Intervista impossibile,
in scena sul palco del Bellini dal 3 all’8 febbraio con un allestimento
contemporaneo sul mito del Ciclope raccontato da Omero. Rilettura scenica
ironica e critica di un personaggio che ribalta la sua immagine e diventa
caverna.
Tratto dal suo libro “Io Nessuno e Polifemo” - Intervista
impossibile, uno spettacolo che si basa sull’antico mito o è un pretesto per
parlare della nostra cultura meridionale?
“E’ un’intervista
impossibile con un mostro del mito che poi si elabora e si trova il pretesto
per parlare anche d’altro, del mio teatro, della condizione di questo mostro
che cerca di esprimere il suo punto di vista, la sua versione dei fatti che
chiaramente non è sempre coerente con quella ufficiale. Si tratta perciò di un
racconto inventato sulla base del mito”.
Emma Dante si spinge fin dentro la caverna del Ciclope,
quanta ironia c’è nel libro e nella messa in scena?
“Intanto questo libro,
che ora ho pubblicato con Glifo Editore, faceva parte di una raccolta, “Corpo a
corpo”, uscita con Einaudi nel 2008 dove c’erano interviste impossibili di
altri scrittori. Dallo spunto letterario è nato lo spettacolo. Sia nello
scritto che nella rilettura scenica c’è dell’ironia perché è un testo leggero,
divertente. E’ una chiacchierata tra me e il Ciclope”.
Un titolo che ci riporta a Pirandello, perché?
“Mi piaceva l’idea di
raccontare le mille voci di questo mostro delle quali noi non abbiamo che poche
versioni della sua storia. Perché lui è secondo a Odisseo. Non è mai il
protagonista. Senza Odisseo infatti Polifemo non esiste. Invece qui diventa
protagonista e può dettare le sue leggi, raccontare il personale punto di
vista, non sempre coerente con l’ufficialità della descrizione del suo
personaggio. Per cui è una sorta di riabilitazione del mostro.
Mi ha poi colpito il
fatto che nel testo del romanzo di Pirandello ci fosse la parola “nessuno”, che
ho collegata al nome che si dà Odisseo nell’episodio con Polifemo.
In “Uno nessuno e
centomila” il protagonista racconta queste mille voci che sono in ognuno di
noi. A volte siamo uno, a volte nessuno, altre centomila.
Ho citato Pirandello per
raccontare l’ipotesi appunto che dentro il mostro ci siano tante voci, e non una
come ci raccontano i grandi poeta. Dentro di sé, il mio Polifemo ha anche il
senso dell’armonia, della pace e della bontà che di solito non viene fuori
quando si racconta il suo personaggio”.
Nell’allestimento cosa rappresenta Polifemo, la sua
mostruosità?
“Rappresenta la sua
natura, il suo disagio nell’aver ricevuto in casa un saccheggiatore. Perché nel
momento in cui arriva Odisseo la sua vita si scombina. Così lui da che era un
pastore felice diventa un uomo infelice e anche cieco.
Rappresenta quindi la
sua mostruosità ma anche il suo lato umano”.
Qual è il linguaggio che lei ha scelto per questo insolito
protagonista?
“Questo è il gioco più
interessante dell’intervista. Intanto Emma Dante entra nella caverna che in tal
caso è il mostro stesso in quanto nel tempo si è fatto pietra, si è fuso con la
roccia, e ascolta il Ciclope dire in napoletano: “Song io ’a caverna. Song
tutt’uno con la roccia, monotono e gigantesco, un’enorme montagna senza cuore.
Sono di pietra, signò, e voi mi abitate!”. Dal momento in cui io arrivo e mi
aspetto di intervistare un mostro siciliano, come ce lo raccontano i testi, lui
contraddice questa versione sostenendo che la sua casa si è sempre trovata di
fronte ai Campi Flegrei. Effettivamente qualche fonte storica colloca la terra
dei Ciclopi vicino Napoli. Così Polifemo, in lingua locale, mi informa di
essere napoletano”.
Che ruolo hanno la musica e la danza?
“Sono fondamentali perché
lo spettacolo è anche cantato, da Serena Ganci che ha scritto le canzoni per
questo allestimento. Poi ci sono gli intermezzi con danzatrici che faranno la
parte delle donne di Odisseo, compresa Penelope. Tutto il lato femminile del
mito, insomma, sarà presente”.
Testo e regia sono i suoi, ma qui sarà anche attrice. Quale
è il suo ruolo?
“Più che attrice sono
me stessa. Entro, salgo sul palco e dialogo con i personaggi che ho riscritto.
Il mio intervento è autoriale. Lo faccio in maniera umile. Mi sorprendo persino
per le notizie che questi personaggi mi danno. Ad un certo punto, evocato dai
racconti di Polifemo, arriva Odisseo e si crea una tensione ma anche un
divertente battibecco tra lui e il Ciclope”.
Perché per esprimere tutto questo ha scelto proprio il
racconto omerico?
“Trovo l’Odissea per
antonomasia il grande viaggio dell’essere umano. Mi sembrava interessante
raccontare uno dei personaggi di questo poema perché credo si possa avvicinare
molto alla nostra contemporaneità.
L’intero allestimento è
concepito in chiave moderna. In scena non ci saranno i costumi del tempo con
pepli e maschere. Ma una ambientazione moderna con vestiti normali e la stessa
musica riporta ai nostri tempi. E’ uno spettacolo pop”.
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