Per non morire di mafia di Pietro Grasso - regia di Alessio Pizzech con Sebastiano Lo Monaco


Al Teatro Delle Palme di Napoli il 4 novembre

Servizio di Francesco Gaudiosi

Le attualissime parole di Grasso convogliano in un’attenta riflessione sulla mafia


Napoli- “L’indifferenza è il peso morto della storia”. Essere indifferenti comporta sempre una rimozione, nella memoria, negli affetti, nella storia. “Per non morire di mafia”, libro scritto dal Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, e messo in scena da Sebastiano Lo Monaco, permette proprio di rievocare elementi salienti della storia della mafia, del maxiprocesso di Falcone e Borsellino, e dei delicati legami tra mafia e politica, in un unicum di eventi legati alla autobiografia dell’autore. L’adattamento drammaturgico, firmato da Margherita Rubino, insieme con la versione scenica di Nicola Fano, mettono in evidenza proprio  la pericolosità della mafia e del suo potere all’interno della magistratura e della politica italiana. Anche l’impostazione di regia di Alessio Pizzech è semplice e diretta, prediligendo un allestimento scenico asciutto, facendo lo spettacolo leva su una drammaturgia di parole e non su inutili orpelli scenografici. Lo Monaco, che porta questo testo in teatro dal 2010, restituisce una caratterizzazione del Procuratore Grasso come uomo determinato e risoluto, con la stessa convinzione che anche i suoi colleghi Falcone e Borsellino avevano negli occhi all’indomani dall’apertura del maxiprocesso. Interessante e ben reso dal punto di vista recitativo il segmento drammaturgico che tratta del maxiprocesso del 1986, realizzato con un’ottima armonia in termini di resa teatrale, non scivolando mai nella mera ripetizione dell’evento storico e alternando racconti seri ed impegnativi ad aneddoti del processo stesso che si integrano bene nel ritmo dello spettacolo. Anche Lo Monaco alterna fasi di forte compenetrazione nel personaggio ad altre dove forse carica eccessivamente le emozioni e le sofferenze di un procuratore costretto improvvisamente a vivere sotto scorta, impossibilitato ad avere una normale vita sociale; la forzatura in determinati punti del testo è evidente e non pare troppo in linea con un’interpretazione che dovrebbe risultare in alcuni frangenti più asciutta e non eccessivamente teatralizzata. La parte più gradita ed apprezzata dello spettacolo è senza dubbio il finale, un climax di racconti, rievocazioni dell’infanzia ed un raffinato discorso sul progetto, che proietta la questione della mafia non solo nella realtà della politica o del malaffare, bensì nelle esistenze di ciascun individuo. Le parole di Grasso auspicano una ricostruzione della democrazia, della libertà di ogni uomo, regalando un messaggio di profetismo politico in grado di colpire nel profondo, poiché non si tratta di parole vuote o banalmente retoriche, ma vive, permeate di una realtà vissuta dallo stesso Procuratore Antimafia che racconta a cuore aperto i suoi pensieri, la sua vita e le sue utopie. Lo spettacolo è andato in scena il 4 novembre al Teatro delle Palme e prevede matinèe destinate alle scuole.

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