“Servo per due” al Gesualdo di Avellino
Quell’Arlecchino goldoniano nella magistrale
riproposizione firmata Favino
Servizio di Francesco Gaudiosi
Servizio di Francesco Gaudiosi
Avellino - Può un
classico di Goldoni essere messo in scena in una chiave moderna, divertente e
assolutamente inedita pur non tralasciando il messaggio di fondo del celebre drammaturgo veneziano? A questa
domanda ci si risponde con esito decisamente positivo dopo aver visto “Servo
per due”, in scena l’1 e il 2 febbraio al teatro Gesualdo, una riproposizione
italiana dello spettacolo “One man, Two guvnors “ firmato dall’inglese Richard
Bean che si è ispirato al celebre capolavoro di Goldoni “Il servitore di due
padroni”. La regia italiana è firmata da Paolo Sassanelli e da Pierfrancesco
Favino, quest’ultimo anche istrionico e validissimo interprete di Arlecchino
(alias Pippo) nel ruolo di uno squattrinato servo in cerca di un padrone pur di
guadagnarsi qualcosa al solo fine di calmare il suo appetito. La situazione
diverrà poi paradossale quando Pippo si
troverà a servire nello stesso tempo due padroni e da quel momento in
poi la sua sbadataggine lo metterà in mezzo a controversie comiche e
paradossali, a situazioni umoristiche e spassose. Lo spettacolo vede nel cast
un gruppo unito e compatto di circa venti elementi che grazie alla sua validità
risulta decisamente convincente, rendendo nel complesso una commedia fatta da
attori che di teatro se ne intendono, e che mettono in scena un Goldoni in
maniera sublime e originalissima. Un plauso particolare va inoltre allo
straordinario Pierfrancesco Favino, che fa rivivere un Arlecchino tipico della
commedia dell’arte, talvolta grottesco e ridicolo, talvolta sentimentalista e
astuto. Il punto di forza dello spettacolo, tra l’altro tratto tipico della
commedia dell’arte, da cui è giusto dire che Goldoni si distaccherà solo nella
fase più matura della sua carriera, è proprio il dialogo continuo degli attori
con il pubblico, che scherza e interagisce in continuazione, specie con Favino,
che fa salire gli spettatori spesso sul palco e li coinvolge in
medias res nei guai combinati da lui stesso. Uno spettacolo ben curato, che
anche nei cambi di scena vede delle esibizioni di una “orchestrina” composta da
quattro elementi semplicemente sensazionali, che interpreta brani famosi degli
anni ’30, tra cui “Amarcord”, “Baciami piccina”, “Ma le gambe” e “Pippo non lo
sa” . Esilarante inoltre l’interpretazione di Ugo Dighero nel ruolo di Alberto,
cameriere ottantasettenne, nonché cantante e ballerino brillante e vivace, che
sa distinguersi. Uno spettacolo con un
ritmo altissimo, una contestualizzazione completamente diversa dalla location goldoniana, essendo questa
volta una Rimini del 1936, la località nella quale Arlecchino metterà in scena
le sue traversie e le sue gag comiche. Si ride, si canta e si balla e laddove
gli attori si fermano ci arriva il pubblico
con le interazioni continue di uno spettacolo magnetico, un’autentica
dimostrazione di come si fa teatro. Finalmente un Goldoni paradossalmente
rivisitato, ma assolutamente perfetto.
2 febbraio 2014
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