La forza e il talento: ecco le caratteristiche del successo della giovane attrice Claudiafederica Petrella
Servizio di Francesco Gaudiosi
Napoli-Claudiafederica Petrella, giovane talento attoriale,
nasce e si forma nella compagnia di Buccirosso esordendo e facendosi notare
nelle commedie del drammaturgo
napoletano. Un’attrice solare e determinata che grazie alla sua forza e alla
sue capacità attoriali è riuscita a entrare a far parte dello spettacolo
:“Signori, le patè de la maison” con Maurizio Micheli, Sabrina Ferili e Pino
Quartullo, rimasto in scena al Diana fino al 9 febbraio.
Claudiafedrica
Petrella, ci parli del ruolo del tuo personaggio (Arianna) nello spettacolo “Signori,
le patè de la maison” ora in tournée in Italia.
In questo spettacolo ci
sono fondamentalmente due coppie, il mio personaggio si chiama Arianna
Caravati e sulla scena sono la moglie di Pino Quartullo. Arianna è una
stilista, tendenzialmente di destra per quanto riguarda la politica, anche se
in realtà è mio marito quello più fissato con i suoi ideali, sono un po’ la sua
spalla destra, lo mitigo per la sua irruenza ma seguo anche i suoi scherzi. E’
un personaggio che si presenta molto diverso da me, con idee diametralmente
opposte alle mie, soprattutto di carattere. Ma questo è poi il lato divertente
del teatro, trasformarsi e rappresentare qualche cosa di diverso da sé. Devo
dire che invece mi somiglia nel fatto che questo personaggio, che all’inizio
sembra stereotipato, durante lo spettacolo mostra una sensibilità che non ci si
aspetta. Tra tutti i personaggi mi sembra quello più anticonformista. Tra l’altro lo spettacolo stesso gioca
proprio sul discorso degli stereotipi e del binomio
conformismo-anticonformismo.
Quali sono le
differenze che ha riscontrato nel lavorare con Micheli, che firma la regia di
questo spettacolo, e con Buccirosso, che l’ha fatta esordire e formare nel
mondo del teatro?
Sono stata molto fortunata a lavorare con artisti di questo
calibro, ma nonostante si tratti sempre di commedie brillanti li trovo
completamente diversi tra loro. Buccirosso è prima di tutto un maestro, cura il
dettaglio, Micheli invece lascia molta libertà,
lascia molto fare all’attore, ti porta quasi ad auto dirigerti. Il lato divertente del teatro sta proprio in
questo, che nonostante avessi lavorato per quattordici anni con Buccirosso,
all’inizio mi sembrava strano l’approccio di Micheli ma in realtà si è rivelato
altrettanto interessante.
C’è anche una
differenza dal punto di vista della compagnia, che nel caso di Buccirosso
unisce alla professionalità anche una buona dose di amicizia e formazione
unitaria?
La compagnia di Buccirosso era un nucleo meraviglioso, anche
da questo punto di vista era come stare
in una famiglia dove conosci l’altro, ci
si aiutava sempre, sia sulla scena che fuori. Nel caso di Micheli ti trovi “tra
estranei”, ovviamente ci stiamo conoscendo, ma è un lavoro un po’ più
individualista e non a caso la Ferilli e Quartullo lavorano molto nel mondo del
cinema e della televisione, ma non è un difetto: io, proveniente da una “famiglia” attoriale
come quella di Buccirosso, dovevo ambientarmi, anche perché ho fatto sempre più
teatro e cinema che televisione. E’ proprio per questo che sono contenta di
questa opportunità, mi ha fatto conoscere diverse possibilità e mi ha fatto vivere un’ esperienza nuova.
Lei affianca a un
tipo di teatro più “commerciale” anche lavori più impegnati e personali, può
parlarcene?
Sono molto contenta di parlare di questo argomento, dopo
tanti anni di teatro commerciale, che permette di farsi notare, ho conosciuto,
stando a Roma, tanti cortometraggi di giovani dove si lavora in modo nuovo e si
propongono temi molto stimolanti. Io sono molto interessata al sociale, ho
appena fatto dei cortometraggi contro la violenza sulle donne, ho avuto varie
esperienze di corti simbolici che avevano la loro forza proprio nell’essere
scritti e diretti da donne. In queste esperienze riesco ad esprimere una parte
molto diversa di me, perché nonostante colpisco per la luminosità e la solarità
che riesco a trasmettere, in uno di questi corti interpreto un’artista
tormentata con una storia molto complicata e diversa dagli standard di teatro
più commerciale. Penso che un’attrice debba sperimentarsi un po’ in tutto.
Quanto influisce
essere napoletano in questo mestiere e quanto è difficile farsi notare in mezzo
a tanti giovani talenti attoriali che il suolo partenopeo vanta?
Credo che essere napoletana sia un’arma a doppio taglio. E’
notorio che i napoletani sembrano tutti
attori e Napoli stessa è un teatro , forse la città più teatrale d’Italia.
Proprio per questo Napoli è una grande scuola dove ci sono attori e maestri che sul piano della formazione
influiscono molto. Il lato negativo è invece l’ostilità che c’è nell’essere
attore di questa città, soprattutto quando si lavora altrove, dove subito vieni
inquadrato da partenopeo e, come succede anche nelle fiction, se sei napoletano
non puoi fare altre parti che quelle legate al nostro modo di fare. Ma sono
molto orgogliosa di essere napoletana.
Quali sono i tuoi
prossimi progetti?
Questa tournée durerà due anni, riprenderò con calma a
pensare ai prossimi progetti appena
tornerò a stabilizzarmi nuovamente a Roma. Come lavori che stanno per uscire ci
sarà il film “…e fuori nevica!”, che ho girato sotto la direzione di Salemme,
con il quale ci siamo divertiti molto, e “Rex”, per la regia di Manetti Bros.
10 febbraio 2014
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