L’epopea del Jazz nella storia di Tony Monten ideata e interpretata da Lino Volpe
Al Teatro Sannazaro di Napoli il 30 novembre 2021
Servizio di Pino Cotarelli
Musica e teatro per raccontare la grande storia del jazz? Come nasce questo progetto?
Nasce dalle mie due grandi passioni,
il jazz e il teatro, e dal desiderio di raccontare una storia nella quale
mostrare il volto più umano e ironico del jazz. Il jazz è la colonna sonora
della mia vita, la sua storia mi ha sempre affascinato, e da molti anni avevo
in animo l’idea di fondere questi due elementi.
Tony Moten un personaggio che hai reso bene, ruolo a te
congeniale?
Ho lavorato a lungo sul personaggio,
il suo slang siculo americano, ad esempio, è un elemento storico sul quale ho
indagato, Tony Monten, rappresenta quell’ universo italo/americano arrivato a New
Orleans, agli inizi del 900, in una speciale rotta migratoria, che collegava
Palermo alla città della Louisiana.
Per renderlo ho lavorato, sul suono,
cercando di dargli un timbro in grado di rendere i chiaro scuri della sua vita.
Tony è malconcio nel fisico, e
provato nell’ animo, ma non si arrende mai, è un eterno ottimista, pronto a
ricominciare sempre. È un personaggio che mi piace molto, e mi diverte farlo.
Rispettando la natura di queste due arti, entrambe, hanno in comune lo studio, la disciplina ed elementi di improvvisazione, ma non c’è niente di più studiato e strutturato dell’ improvvisazione. Nel testo, ho lavorato molto sulla successione degli elementi ritmici, cercando di scrivere a metà tra un copione e una partitura.
Non sei nuovo al genere del racconto musicale, ti consideri
un moderno cantastorie?
Il teatro è per me un mezzo straordinario,
uno degli ultimi rifugi tridimensionali nei quali è possibile raccontare storie,
nei miei spettacoli l’elemento musicale ha sempre avuto un ruolo importante. Mi
considero semplicemente un’autore e un attore, che utilizza ogni strumento a
disposizione per comunicare con il pubblico.
L’empatia, il rapporto con il pubblico, e lo scavalcamento controllato della quarta parete, sono armi sulle quali ho lavorato, e lavoro sempre, nei miei spettacoli il pubblico è un attore partecipe, che coinvolgo in un gioco, con il quale sottotraccia cerco di tessere uno scambio di energia, in questo confluiscono le mie esperienze come autore radiofonico. Ho cominciato con la radio, un mezzo che amo, un media che ti costringe ad esplorare tutta una serie di risorse necessarie ad una comunicazione non visiva.
Musicista, attore, autore e regista di spettacoli Rai a
carattere musicale, altre sfide in programma?
C’è un progetto al quale sto lavorando, se si realizzasse ne sarei felice, ma di più adesso non posso dire, posso solo dire che sarebbe un sogno ad occhi aperti.
Sono un appassionato di cinema, un
cannibale cinematografico, ma senza dubbio il neorealismo italiano e il cinema
di Woody Allen sono in cima alle mie preferenze, amo alla follia Raffaele
Viviani, un genio assoluto, ma anche il teatro di Dario Fò, che ho avuto la
fortuna di conoscere molti anni fa.
Per la musica i miei riferimenti
oltre al jazz e alla musica classica, sono sicuramente legati al cantautorato italiano, ho avuto
la fortuna di incontrare Pierangelo Bertoli, Francesco Guccini, e non
dimenticherò mai una chiacchierata a Mergellina con Enzo Jannacci, nella quale
parlammo di ““Vincenzina” la protagonista di una sua splendida canzone.
Cosa pensi del panorama musicale attuale?
Ci sono tante cose interessanti in
giro, c’è la scena jazz italiana, che è in assoluto tra le più importanti a
livello mondiale, ci sono eccellenze in ambito classico di valore assoluto. Il
panorama pop e leggero risente sicuramente della destrutturazione della forma
canzone, che in questa fase, con il Rap e i suoi generi affini, predilige uno
scenario essenzialmente ritmico e verbale a discapito della melodia.
Purtroppo no, tranne la Rai, gli altri editori da sempre non riservano spazi a questo genere, il panorama editoriale italiano, è caratterizzato da uno scenario che dimentica la diversità del pubblico, penalizzando una fetta importante per numero e per qualità
Che ne pensi dei talent tipo X Factor, The voice o altro?
Non amo le gare, tranne quelle
sportive, tuttavia mi rendo conto che in assenza di spazi riservati alla
musica, questi programmi sono le uniche finestre televisive nelle quali i
giovani talenti hanno la possibilità di esprimersi.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto lavorando alla scrittura di un mio nuovo spettacolo, e mi
hanno proposto di curare la regia di uno spettacolo teatrale molto
interessante.
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