L’epopea del Jazz nella storia di Tony Monten ideata e interpretata da Lino Volpe

Al Teatro Sannazaro di Napoli il 30 novembre 2021

Servizio di Pino Cotarelli

Napoli – Con una competente e puntuale ricostruzione, in cui non è mancata una personale scala di preferenze, il jazz rivive nei suoi mitici personaggi vissuti e rievocati dai racconti di un Tony Monten nello slang da padrino/siculo, ideato e interpretato da un Lino Volpe in grande forma autoriale/attoriale. Un racconto alternato da perfette esibizioni di capolavori del Jazz, con brani di Duke Ellington, Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonius Monk, pezzi famosissimi come In The Mood, e Lover man”, eseguiti dall’ottimo sassofonista Gianni D’Argenzio, dal bravo chitarrista Pietro Condorelli e a tratti con l’accompagnamento dell’armonica di Lino Volpe. Una storia che presenta sulla scena “americana”, supportata dalle proiezioni di belle illustrazioni fumettistiche di Silvana Orsi, un noto impresario artistico del jazz, appunto Tony Monten, dalle origini siciliane seppur nato a New Orleans, ricercato dalla Polizia, dai creditori e dalle sue tre mogli, in tutti gli Stati Uniti. Da quello che considera il suo rifugio sicuro, Tony sfodera la sua preparazione artistica risultato della sua grande esperienza e dalla frequentazione artistica dei più grandi personaggi del jazz come Louis Armstrong, Gelnn Miller, Charlie Parker. Il suo racconto appassionato, animato dal suo carattere vulcanico/sentimentale, ma anche vigile per la sua condizione precaria di uomo libero ma ricercato, ripercorre i periodi che attraversano Armstrong fino ad Al Capone, dalla Chicago degli anni 20, alla New York di Duke Ellington, e sono tanti gli aneddoti divertenti e i dettagli sconosciuti ai più, dove gli appassionati di jazz possono trovare spunti, annotazioni e citazioni, i neofiti invece, troveranno lo spettacolo interessante, brillante e anche divertente. Una chicca la presenza improvvisa del noto sassofonista Marco Zurzolo, che ha partecipato con la sua notevole qualità artistica, all’ esecuzione ad alcuni pezzi jazz, prima di essere freddato dallo stesso Tony Monten, il jazz nuovo freddato dal jazz che lo ha generato…ma è solo una battuta naturalmente. Lo spettacolo verrà rappresentato, il 15 e il 16 gennaio 2022, anche al Teatro Villoresi di Monza.

 



Abbiamo rivolto a Lino Volpe alcune domande:

Musica e teatro per raccontare la grande storia del jazz? Come nasce questo progetto?

Nasce dalle mie due grandi passioni, il jazz e il teatro, e dal desiderio di raccontare una storia nella quale mostrare il volto più umano e ironico del jazz. Il jazz è la colonna sonora della mia vita, la sua storia mi ha sempre affascinato, e da molti anni avevo in animo l’idea di fondere questi due elementi.

 

Tony Moten un personaggio che hai reso bene, ruolo a te congeniale?

Ho lavorato a lungo sul personaggio, il suo slang siculo americano, ad esempio, è un elemento storico sul quale ho indagato, Tony Monten, rappresenta quell’ universo italo/americano arrivato a New Orleans, agli inizi del 900, in una speciale rotta migratoria, che collegava Palermo alla città della Louisiana.

Per renderlo ho lavorato, sul suono, cercando di dargli un timbro in grado di rendere i chiaro scuri della sua vita.

Tony è malconcio nel fisico, e provato nell’ animo, ma non si arrende mai, è un eterno ottimista, pronto a ricominciare sempre. È un personaggio che mi piace molto, e mi diverte farlo.

 


Come si fa convivere teatro e jazz?

Rispettando la natura di queste due arti, entrambe, hanno in comune lo studio, la disciplina ed elementi di improvvisazione, ma non c’è niente di più studiato e strutturato dell’ improvvisazione. Nel testo, ho lavorato molto sulla successione degli elementi ritmici, cercando di scrivere a metà tra un copione e una partitura.

Non sei nuovo al genere del racconto musicale, ti consideri un moderno cantastorie?

Il teatro è per me un mezzo straordinario, uno degli ultimi rifugi tridimensionali nei quali è possibile raccontare storie, nei miei spettacoli l’elemento musicale ha sempre avuto un ruolo importante. Mi considero semplicemente un’autore e un attore, che utilizza ogni strumento a disposizione per comunicare con il pubblico.

 

Hai dimostrato di saper intrattenere il pubblico anche da one-man show, lo avevi previsto?

L’empatia, il rapporto con il pubblico, e lo scavalcamento controllato della quarta parete, sono armi sulle quali ho lavorato, e lavoro sempre, nei miei spettacoli il pubblico è un attore partecipe, che coinvolgo in un gioco, con il quale sottotraccia cerco di tessere uno scambio di energia, in questo confluiscono le mie esperienze come autore radiofonico. Ho cominciato con la radio, un mezzo che amo, un media che ti costringe ad esplorare tutta una serie di risorse necessarie ad una comunicazione non visiva.   

Musicista, attore, autore e regista di spettacoli Rai a carattere musicale, altre sfide in programma?

C’è un progetto al quale sto lavorando, se si realizzasse ne sarei felice, ma di più adesso non posso dire, posso solo dire che sarebbe un sogno ad occhi aperti.

Quali sono i riferimenti artistici (autori e generi) che ti hanno formato?

Sono un appassionato di cinema, un cannibale cinematografico, ma senza dubbio il neorealismo italiano e il cinema di Woody Allen sono in cima alle mie preferenze, amo alla follia Raffaele Viviani, un genio assoluto, ma anche il teatro di Dario Fò, che ho avuto la fortuna di conoscere molti anni fa.

Per la musica i miei riferimenti oltre al jazz e alla musica classica, sono sicuramente     legati al cantautorato italiano, ho avuto la fortuna di incontrare Pierangelo Bertoli, Francesco Guccini, e non dimenticherò mai una chiacchierata a Mergellina con Enzo Jannacci, nella quale parlammo di ““Vincenzina” la protagonista di una sua splendida canzone.

 

Cosa pensi del panorama musicale attuale?

Ci sono tante cose interessanti in giro, c’è la scena jazz italiana, che è in assoluto tra le più importanti a livello mondiale, ci sono eccellenze in ambito classico di valore assoluto. Il panorama pop e leggero risente sicuramente della destrutturazione della forma canzone, che in questa fase, con il Rap e i suoi generi affini, predilige uno scenario essenzialmente ritmico e verbale a discapito della melodia.

 


Al jazz è riservato il giusto spazio?

Purtroppo no, tranne la Rai, gli altri editori da sempre non riservano spazi a questo genere, il panorama editoriale italiano, è caratterizzato da uno scenario che dimentica la diversità del pubblico, penalizzando una fetta importante per numero e per qualità

Che ne pensi dei talent tipo X Factor, The voice o altro?

Non amo le gare, tranne quelle sportive, tuttavia mi rendo conto che in assenza di spazi riservati alla musica, questi programmi sono le uniche finestre televisive nelle quali i giovani talenti hanno la possibilità di esprimersi.

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sto lavorando alla scrittura di un mio nuovo spettacolo, e mi hanno proposto di curare la regia di uno spettacolo teatrale molto interessante.

 

 


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