LA VITA DAVANTI A SÉ riduzione e regia di Silvio Orlando
Teatro Mercadante 8 - 19 dicembre 2021
Servizio di Rita Felerico
Napoli
- Silvio Orlando ne La vita davanti a sé sa guardare
con gli occhi di Momò, parlare come Momò, pensare, muoversi come lui,
immedesimarsi nel suo sentire: Momò è alla ricerca di sua madre, ma sa che non
la incontrerà mai, sa con ironica consapevolezza che Madame Rosa (l’anziana
prostituta che si prende cura dei bimbi nati -per sbaglio- delle più giovani colleghe)
è la sua ‘mamma’. Un prendersi cura vicendevole quello che si traccia fra Momò
e Madame Rosa, gettati a vivere nel quartiere multietnico di Belleville,
abitato da ebrei – Madame stessa è di origine ebrea- senegalesi, arabi, trans,
dove i linguaggi si mescolano insieme alle speranze e alle disperazioni di
tutti. La tela che si tesse fra il bimbo e l’anziana donna è una comunicazione
di relazione mista ad una delicata sensibilità, complice delle scelte che man
mano si devono compiere, soprattutto con l’avvicinarsi della ‘fine’ di Madame
Rosa.
È la realistica visione di un bambino mista alla poesia dei suoi sogni
infantili: pur vivendo nelle contraddizioni, nella dimensione di una oscura
marginalità, nei momenti più difficili la condizione di umanità lì vissuta non
manca di unire le persone, di far coalizzare, di far condividere i dolori ed è
questo che predomina nella visione ‘poetica’ di Momò. L’arrivo inaspettato di
un sedicente padre non scalfisce il rapporto fra Rosa e Momò, anzi i due si
coalizzano in difesa di una presunta ma vera intimità di intenti. Tratti di
commozione e di divertimento si avvicendano nella storia, come quando il
ragazzo veglia sul corpo della donna morta, profumandolo, colorandolo come
quando si truccava da giovane; o come quando Momò si ‘innamora’ di Nadine o
quando descrive la nudità ‘mostruosa’ dell’anziana Rosa, preda, per sbaglio, di
una dose di eroina. Si scorre verso un
finale di inaspettata e sconcertante, semplice verità: bisogna voler bene.
Note sono le versioni cinematografiche tratte dal romanzo la vita davanti a sé
del 1975 di Romain Gary, contestatissimo premio Goncourt, perché vincitore già
nel 1956 con le radici del cielo e il premio, per regolamento, non può
essere attribuito per due volte allo stesso autore.
Nel 1977 il romanzo è stato trasposto nell’omonimo film di Moshè Mizarhi
con Simone Signoret e, di recente, su Netflix si è ammirata la versione
sceneggiata da Ugo Chiti e Edoardo Ponti, regista, con Sophia Loren. Ma il
cinema non è il teatro e il teatro non è letteratura; la maestria di Silvio
Orlando è proprio nel voler donare la sua versione rispetto ad un tema attualissimo,
quello della conoscenza della multiculturalità e dello scontro fra le diversità,
che il romanzo ha anticipato già nel 1975. Ricercare il romanzo tout court non
è lo spirito giusto per godere dello spettacolo, né lo si può godere in pieno
se non ci si scosta dalle suggestioni iconografiche delle versioni
cinematografiche. Bravissimo, unico Silvio Orlando in un’ora e mezza di memoria
interpretativa ininterrotta, di ritmi appassionati, frammezzati dagli
interventi musicali multietnici di una band di professionisti dove i suoni
della ora e del djembe sono affidati ad un musicista senegalese. Bravissimo
nell’attraversare la scena con i simbolici /significativi oggetti di scena, la
poltrona, la tenda, i sei faticosi piani dell’abitazione, leggeri nella trasparenza
dell’osservazione e le giuste luci a disegnare le immagini delle parole.
Bravissimo nel rendere visibili i personaggi che non ci sono ma che determinano
la storia. È solo sulla scena. Al termine dello spettacolo è lo stesso Silvio
Orlando a cimentarsi con il flauto, offrendoci un imprevedibile, piccolo
concerto unendosi alla band. Un modo, il suo, per rendere il messaggio ‘teatro’
una scelta di impegno etico e civile, senza fornire soluzioni assolute, ma per
raccontare storie che aiutino a comprendere la complessità del reale. “Raccontare la storia di Momò e Madame Rosa nel loro
disperato abbraccio contro tutto e tutti è necessario e utile. Le ultime parole
del romanzo di Romain Gary (pseudonimo di Emile Ajar), dovrebbero essere uno slogan e una bussola in questi
anni, dove la compassione rischia di diventare un lusso per pochi: bisogna
voler bene”. (dalle note di regia)
LA VITA DAVANTI A SÉ
tratto dal romanzo La Vie
Devant soi di Romain Gary/Emile
Ajar*
riduzione e regia Silvio Orlando
con Silvio Orlando
e con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
direzione musicale Simone Campa
chitarra battente, percussioni Simone Campa
clarinetto, sax Gianni Denitto
fisarmonica Maurizio Pala
kora, Djambe Kaw Sissoko
scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
foto di scena Gianni Biccari
organizzazione Maria Laura Rondanini
direttore di scena Luigi Flammia
fonico Gianrocco Bruno
amministrazione Teresa Rizzo
produzione Cardellino srl
* © Mercure de France,
diritti teatrali gestiti dalle edizioni Gallimard
con il nome di “Roman Gary” come autore dell’opera originale
©
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