“DAVID E' MORTO” – Un progetto di Babilonia Teatri – di Valeria Raimondi e Enrico - Castellani – Parole di Enrico Castellani
Al
Teatro Sannazaro di Napoli per il Napoli Teatro Festival Italia il 5 e 6 luglio
Servizio di Antonio Tedesco
Napoli – Anche
con David è morto, che Babilonia Teatri ha presentato al
Sannazaro per il Napoli Teatro Festival, siamo in un teatro ridotto alla sua
essenza drammaturgica. Una forma scenica impietosa, diretta, tutt'altro che
consolatoria, inquietante, e che pure, per qualche motivo, non ci spaventa,
anzi, per certi versi, come fosse una sorta di antidoto, o di vaccino, quasi ci
rassicura. Un teatro che penetra come un bisturi
tagliente sotto la pelle di una società malata, che si nutre, quasi fino a
scoppiare, delle sue illusioni, dei suoi falsi miti. Un piccolo popolo di
“revenants”, che ripercorre la propria esistenza da una dimensione ulteriore,
in cui quell'esistenza stessa è puro ricordo, forse un brutto sogno dal quale
si sono violentemente risvegliati. Cinque personaggi, forse una famiglia, forse
il mondo intero. Le vicissitudini delle loro esistenze vissute alla luce di una
modernità corrotta negli animi prima ancora che nei corpi. La fitta ragnatela
delle loro relazioni. Vivisezionate, nel vero senso della parola, con spietata
crudezza. La necessità di ritrovare una nuova purezza che faccia piazza pulita
di quell'orrore che tracima da ogni dove. E forse proprio qui sta
quell'aspetto, se non certamente consolatorio, quanto meno, per certi versi,
salvifico, di questo percorso teatrale. In questa prospettiva di quiete finale,
di conquista di una nuova forma, di una nuova armonia.
Non c'è una trama, un filo conduttore
da raccontare. Le storie di questi personaggi, le loro vite, raccontate da loro
stessi, si intrecciano, si intersecano, in un reciproco condizionamento, in uno
scambio alternato di impulsi che sono soprattutto l'eco di influssi esterni, di
rumori del mondo, assordanti, che li invadono e li condizionano. Condizionano i
loro comportamenti, le loro idee. In questo senso forse, e soprattutto, sono
“morti che camminano”. Quasi inconsapevoli della loro condizione, continuano a
dibattersi, ad agitarsi, a scalciare nel vuoto, come spesso fanno i “vivi”. E' una presa di coscienza della
condizione umana, un percorso di consapevolezza, che Babilonia Teatri continua
a perseguire di spettacolo in spettacolo. Proponendo l'alterità delle sue messe
in scena, la non ordinarietà dei suoi attori, come chiave di lettura di una
realtà che cerca di nascondersi a sé stessa, di ingannarsi, di proporsi
continuamente sotto una patina illusoriamente brillante. Nel tentativo di
ignorare il marcio che tiene dentro.
In un raffinato gioco di luci e di
ombre, in uno spettacolo che coglie l'essenza filosofica di tanto cinema horror
contemporaneo (ma non solo, i registi citano nelle loro note l'”Antologia di
Spoon River”, ma c'è anche tanto Edgard Alan Poe con i suoi “cuori rivelatori”
che qui campeggiano giganteschi e luminosi, fatti di tubicini al neon).
Castellani e Raimondi, però, trasformano quell'orrore non in un effetto scenico
scioccante, ma in un sottile malessere interiore, un'inquietudine emotiva che
scava più a fondo e poi resta dentro. Prima di ricomporsi in un finale dove i
cinque personaggi, seduti in semicerchio in un cimitero fitto di croci,
sembrano ricomporsi in una sorta di quiete, di ritrovata armonia. Ma presentano,
però, quell'immobilità impersonale, spiritica, assente, quasi astratta che, come
in un fermo immagine, rimanda a certe tipiche rappresentazioni del cosiddetto
“gotico americano”.
Gli attori, Chiara Bersani, Emiliano
Brioschi, Alessio Piazza, Filippo Quezel, Emanuela Villagrossi, mettono in
scena il loro corpo (tanto più “fisico” quanto più, nell'assunto dello
spettacolo, “assente”)nella pienezza delle sue facoltà di movimento, di
gestualità, di voce, e anche dell'handicap grave, per una delle attrici,
trasmettendo un viscerale e, per certi versi, anche inquietante, senso di
coinvolgimento allo spettatore. Un sentimento che permane, come impresso
dentro, e che ti segue, come ormai capita raramente, anche per un bel pezzo,
una volta fuori dalla sala.
©RIPRODUZIONE
RISERVATA
Commenti
Posta un commento