“58° PARALLELO NORD” – Cantiere Teatrale Aperto - Un progetto di Lorenzo Gleijeses

Al Teatro Galleria Toledo di Napoli per il Napoli Teatro Festival Italia il 4 e 5  luglio

 

Servizio di Antonio Tedesco

  

Napoli – Come nasce uno spettacolo? Come si sviluppa un’idea? Quali impulsi riceve un attore-performer dal suo regista e come li elabora? In che modo se ne appropria e li fa suoi? E’ una buona idea e ci sta bene in un Festival che, nonostante tutto sta cercando di offrire una panoramica abbastanza articolata e composita del fare teatro, questa proposta da Lorenzo Gleijeses di presentare al pubblico uno spettacolo in divenire. Non un prodotto confezionato, finito e pronto per il “consumo” , ma un’idea di teatro “in cammino”, che riflette sul suo farsi proprio mentre si fa. E che proprio per questo ci dice tanto più sul teatro stesso  e sui percorsi artistici e creativi in generale, di quanto un “prodotto finito”, anche di buona qualità, potrebbe fare.

Ci troviamo di fronte, in questo caso, ad una forma di “teatro-saggio”, che apre, a chi guarda, la porta segreta della creazione artistica, il duro lavoro di ricerca, il difficile confronto tra l’idea e la sua realizzazione. Il progetto prevede l’elaborazione del lavoro attraverso il passaggio tra più maestri, passando, quindi, per tecniche e stili diversi, di ognuno dei quali dovrebbe rimanere una sorta di traccia, di impronta, un segno del lavoro svolto che va interagire con gli altri nella composizione di un unico risultato finale.

Nella prima delle due serate in cui si articola 58° Parallelo Nord, incentrata sul work in progress dal titolo Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa, Lorenzo Gleijeses lavora sul principio della mutazione, della velocità con cui l’uomo contemporaneo si confronta con i progressi (o presunti tali), della tecnologia, della scienza, delle nuove forme che la vita quotidiana va assumendo. Pensa a Kafka e al suo racconto La metamorfosi  (”Una mattina Gregorio Samsa, svegliandosi da sonni agitati, si ritrovò trasformato in un enorme insetto immondo”), e lo trasforma in una performance caratterizzata dal movimento continuo, incessante, frenetico, quasi una lotta del corpo nello spazio, un vuoto apparente che, attraverso l’azione, si riempie di idee e di significati, offrendo in questa prima parte, una prova d’attore altamente impegnativa e coinvolgente. Nella seconda parte della serata, poi, mette a confronto questo suo lavoro con le idee, i suggerimenti e la guida dei primi due maestri, tra quelli che incontrerà nel suo percorso creativo, e cioè, Eugenio Barba, fondatore dell’Odin Teatret, e JuliaVarley, sua storica collaboratrice.

Il teatro a questo punto “si apre”, mostra i suoi ingranaggi segreti, i meccanismi del suo farsi. I due maestri plasmano il gesto, “scolpiscono” le forme della scena, modellano il movimento dell’attore sulla scorta di una quantità di significati e di sensi cui quelle stesse azioni richiamano. E l’attore medesimo, lontano dall’essere puro strumento nelle mani dei suoi “creatori”, elabora quelle indicazioni e quegli impulsi, li fa suoi e li sviluppa in un dialogo dialettico continuo e fecondo che dispiega davanti agli occhi dello spettatore la funzione stessa della scena quale specchio e rappresentazione simbolica dell’esistente.

E tutto ciò liberandosi da ogni sovrastruttura, da ogni orpello superfluo, scarnificando tutto fino alla pura essenza. Lavorando semplicemente sullo spazio, sulla luce, sul movimento e sul suono. Rappresentando attraverso il corpo dell’attore la necessità di “entrare” in quella luce lottando contro l’ombra che incombe tutto intorno. E usando il suono, nelle sue molteplici accezioni, come commento e, a volte, amplificatore, di quella lotta.

Eugenio Barba, allievo, a sua volta, del grande Grotowski, sa che il principio e la fine del teatro è tutta lì. Che in quei pochi, semplici elementi è racchiusa e contenuta tutta la drammaturgia del mondo.

 

 

 

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