INTERVISTA CON GIORGIO ALBERTAZZI
Vitale e anticonformista sul palcoscenico del Teatro Ghione
di Roma nei panni del mercante di Venezia fino all’8 febbraio
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Servizio di
Maddalena Caccavale Menza
Roma - Giorgio Albertazzi, un
fuoriclasse, un maestro della scena italiana, che ha segnato con la sua arte,
una stagione fondamentale della nostra scena.
A più di novant’anni,
ha smesso da poco di andare a cavallo, ed è stato per lunghi anni compagno sul
palcoscenico e nella vita della grande Anna Proclemer, recentemente scomparsa, restandole
sempre amico anche dopo la fine della storia d’amore e realizzando insieme a
lei degli spettacoli eccellenti.
La sua vitalità è
intrecciata al suo anticonformismo, che si esprime in tante direzioni. Si è
definito un perdente di successo, mutuando questa definizione da Kafka e
scrivendoci un bel libro dove si racconta, da buon toscano, anche con una certa
dose d’ironia. Albertazzi dice, da un lato, di essere ateo sempre come Kafka e
dall’altro è l’ideatore della battuta di spirito secondo cui “le cosce delle
donne sono la prova dell’esistenza di Dio”. Forse, per questo solo qualche anno fa (nel
2007), ne ha sposata una, di quasi quarant’anni più giovane, la nobildonna
fiorentina Pia de’ Tolomei, discendente della famosa pia di dantesca memoria, sfidando
anche la paura del matrimonio, che l’aveva inquietato per tutta la vita.
Attualmente impegnato nella tournée per l’Italia, con il Mercante di Venezia, un testo molto
significativo di Shakespeare che tratta del rapporto tra un ebreo emarginato
Shylock, che lei interpreta in modo molto umano e un giovane nobile prepotente.
Albertazzi, come mai ha scelto questo testo?
“Intanto il testo non
l’ho scelto. Non li scelgo mai, sono sempre gli altri che me li propongono. L’ho
fatto anni fa e ho scritto un adattamento. E’ un fatto rilevante quello che sta
succedendo adesso perché lo spettacolo sta avendo un successo clamoroso. Non è
assolutamente un ebreo emarginato, è un signore, un ebreo veneziano. Spesso lo
dipingono come un “ebreuccio” ma non è assolutamente così. Il Mercante di Venezia di Shakespeare è un dramma di amori non
conclusi, di abbandoni, di solitudini, un po’ per un fatto razziale e un po’
anche perché la vita è così. Lui è innamorato di questa figlia che fugge con
Cristiano e da quel momento la sua vita non ha più senso. A questo proposito, io ho introdotto una
scena in cui lui alla fine, dopo il processo smaschera la figlia.
Pensi che questo testo
è il più rappresentato, più degli altri come l’Amleto, ad esempio.”
Che rapporto ha con la vecchiaia? Con la sua e con quella
degli altri?
“Credo che la
giovinezza non abbia età. Per essere giovani, veramente giovani, ci vogliono
molti anni come diceva Picasso, ed io concordo”.
Infatti, in una sua intervista, lei ha dichiarato che, da
poco ha smesso di andare a cavallo, ma ha sempre grandi progetti. Mi dica qual
è il segreto della sua vitalità?
“Francamente, non lo so,
però è così. C’è questa vitalità, il desiderio, un sogno, un’idea, non essere
mai sazi, non rinunciare a “mangiare la vita”.
Vorrei chiederle se i giovani le hanno insegnato qualcosa.
“C’è uno scambio, a
volte sì. Faccio stage. Comunque, normalmente, mi trovo a contatto con gente
più giovane di me ma non è l’età che conta. Credo di più nel potere della
bellezza che salverà il mondo. L’elogio della bellezza voleva farlo Fazio al
Festival di Sanremo sulla bellezza, ma gli è andata male perché è successo un
sacco di casino. Ma è vero che sono la bellezza e la leggerezza che trasformano
la pesantezza del vivere che è simile alla morte. La vita va vissuta con leggerezza, con il
sorriso. Non è facile però non è nemmeno impossibile! il sorriso paga.
La vecchiaia. C’è un momento della vita in cui il corpo non
ti obbedisce più e sei tu che ti devi adeguare. Questo è l’elemento della
vecchiaia difficile da superare. Come andare a cavallo che, a un certo punto,
non puoi più fare, però, non devi viverlo come una frustrazione tremenda, ma
come una scoperta di qualche altra cosa, devi compensarlo.
Quanto ha contato la passione artistica nella sua vita?
“Non è che vivo meglio
perché sono un artista. Un’altra volta sempre Picasso ha detto che l’importante
è non arrendersi, trovare la via per vivere con leggerezza in maniera sempre diversa!”
Da giovane, ha preso parte alla repubblica di Salò ed è
stato arrestato. Che ricordi ha di quegli anni?
“Avevano fatto un
bando. Non c’erano nemmeno partigiani e fascisti. Io sono nato e vissuto in
un’epoca in cui il fascismo era l’Italia praticamente. C’era un consenso
generale per cui si poteva identificare il partito con il paese.
Cos ‘è per lei l’Italia e cosa pensa del momento attuale?
“L’Italia è un
bellissimo paese solo che non ha un senso della nazione preciso che il fascismo
ha impoverito. L’Italia è tra i paesi più belli del mondo, invece è in preda alla
burocrazia e alla mafia, alle ‘ndranghete. Il Paese viene strangolato, non si è
espresso. Non è mai diventato quello che potrebbe essere, un paese pieno di
cultura, di leggerezza, di mare, di cielo. Già il fascismo aveva imposto
un’Italia imperiale che era una cosa antica, una cosa meravigliosa però era
finita e il fascismo ha cercato di rianimarla. Poi è arrivata la democrazia ma
in questo paese forse una vera democrazia non c’è mai stata. C’è soprattutto la
partitocrazia, non tanto la democrazia. Il partito viene prima del paese. Se
uno vive nel Kansas, in America, c’è il Kansas. Ma quando si sente l’inno
nazionale tutti si alzano in piedi perché si riconoscono negli Stati Uniti.
Quale è il personaggio, a parte l’Amleto, a cui si sente
più legato?
“L’imperatore Adriano
nel testo Memorie di Adriano, che ho
portato in scena, per tanti anni, a Villa Adriana a Tivoli.
Si è autodefinito un perdente di successo. Come è nata
questa definizione?
“Da un articolo che
avevo letto su Kafka, che mi era piaciuto e in cui lui si definisce così e io
ho fatto altrettanto perché mi calzava a pennello”.
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