“IL MERCANTE DI VENEZIA” di William Shakespeare – regia di Giancarlo Marinelli con GIORGIO ALBERTAZZI
Al Teatro Ghione di
Roma dal 21 gennaio all’8 febbraio
Servizio di Maddalena
Menza
Roma - La
forza e l’immortalità delle opere di
Shakespeare sta nella capacità, attraverso una scrittura avvincente e
poetica al tempo stesso, di tratteggiare caratteri umani che ci sanno sempre
stupire.
Questo accade perché il
testo è vissuto, incarnato da attori di razza che sanno far diventare nuova ed
inedita la vicenda, che poi null’altro è se non lo spettacolo delle giravolte
della vita, quasi in uno specchio che ci mostra nelle nostre grandezze e anche
nelle nostre meschinità. A tal proposito giganteggia Giorgio Albertazzi che
impersona la figura del mercante ebreo Shylock, disprezzato dai veneziani
perché presta il denaro ad usura ma ricercato quando Antonio, per aiutare il
suo amico Bassanio a conquistare la ricca e nobile Porzia, deve ricorrere a lui
per un prestito di tremila ducati in quanto le sue ricchezze sono tutte nei
traffici marittimi.
La storia è arcinota
Shylock accetta ma se Antonio non riuscirà a restituire il denaro nei tempi
stabiliti, riceverà come penale una libbra di carne del debitore. Inoltre
Shylock ha una figlia:Jessica che ama moltissimo e che fugge con un cristiano,
Lorenzo, lasciando il padre solo e sconfitto, in quanto Porzia, per difendere
il suo amore Bassanio, e l’ amico
Antonio, si traveste da avvocato e dice che per la legge veneziana,
potrà prendere la libbra di carne a patto di non far uscire neanche una goccia
di sangue. Invano l’ebreo/Albertazzi , che ha una presenza scenica veramente
enorme e incanta l’uditorio solo “stando” sul palco, chiede a quel punto
perlomeno la restituzione della somma di denaro da lui prestata. Porzia è implacabile: non avrà niente.
Si vede perciò in questa
vicenda tutto l’inesorabile declino di Shylock che, però non è affatto un
personaggio dimesso e meschino ma appare in tutta la sua lucidità in cui mostra
una dignità profonda anche nella sconfitta, a confronto dell’ipocrisia dei
cosiddetti “bravi cristiani” pronti al primo accenno a tradire la fiducia delle
donne amate. La delicata architettura della commedia, ben diretta da Giancarlo
Marinelli, è corroborata in particolare dalla
recitazione del “tormentato” Antonio interpretato da Franco Castellano,d alla
furba e divertente-divertita Porzia interpretata da Stefania Masala e da uno “svagato” Doge. Il bravo Franco Trevisi.
Un cenno a parte merita la
prova di bravura del servitore di Shylock Job, affettuosamente detto Jobbino
che in realtà si chiama Lancillotto. Passa dalla parte di Bassanio, che lo
tratta meglio dandogli una livrea gallonata e però rimpiange qualche volta l’avaro Shylock.
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