PINOCCHIO di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
VIAGGIATORI
DELL'ESISTENZA
PINOCCHIO di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
Presentato da Babilonia Teatri e dall'Associazione Teatrale “Gli Amici di Luca”
Alla Sala Assoli di Napoli dal 13 al 16 marzo
Servizio di Antonio Tedesco
17 marzo 2014
PINOCCHIO di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
Presentato da Babilonia Teatri e dall'Associazione Teatrale “Gli Amici di Luca”
Alla Sala Assoli di Napoli dal 13 al 16 marzo
Servizio di Antonio Tedesco
Napoli
- Quello di Babilonia Teatri è un lavoro scenico che affonda le unghie nella
carne viva della realtà, anzi della vita stessa. E che a volte preferisce fare
a meno (in apparenza) di tecniche, di artifici, di finzioni, per mettere in
scena senza fronzoli e senza tanti complimenti l'Esperienza cruda ed estrema.
Una linea poetica che trova piena conferma nell'allestimento di questo
spettacolo intitolato Pinocchio, che Valeria Raimondi ed Enrico
Castellani, “anima e corpo”, appunto, di Babilonia Teatri, hanno presentato,
nei giorni scorsi, alla Sala Assoli di Napoli. Ciò che indaga questo percorso
scenico (ci risulta faticoso continuare a definirlo in maniera molto
approssimativa “spettacolo”), sono gli effetti che un'esperienza tanto radicale
e, per certi versi, definitiva, come quella del coma, lascia su chi l'ha
provata. La felice intuizione dei due autori è stata quella di cogliere la
grande potenzialità evocativa, e perché no, anche simbolica, che in tale
esperienza si nasconde.
Persone
del tutto comuni che, per uno snodo traditore della loro altrettanto comune
quotidianità, si trovano trasformati all'improvviso in “viaggiatori
dell'esistenza”. Emissari proiettati in una terra sconosciuta, sospesi tra la
vita e la morte, impegnati in un viaggio dal quale niente e nessuno può
assicurare il ritorno, se non quella piccola scintilla in lontananza che,
improvvisamente, a volte, si riaccende.
Sulla
scena, dunque, non tre personaggi, ma tre uomini veri, tre persone che
quell'esperienza l'hanno vissuta sulla propria pelle, e della quale portano i
segni, probabilmente indelebili. Paolo Facchini, Luigi Ferrarini e Riccardo
Sielli, si presentano così, per quello che sono, assolutamente comuni e
assolutamente eccezionali. Senza nascondere e senza coprire nulla della loro
attuale realtà, esposti allo sguardo dello spettatore indossando simbolicamente
dei semplici pantaloncini. Sollecitati dalle domande e dalle provocazioni che
li incalzano attraverso la voce fuori campo di Enrico Castellani. E alle quali
oppongono la loro disarmante (e forse originaria) naturalezza. Fatta anche di
residui handicap motori o del linguaggio.
Con
loro, in scena, Luca Scotton, col suo naso finto da Pinocchio, è una sorta di
specchio che dà senso al titolo della messa in scena. Sempre silenzioso, compie
delle azioni di supporto in cui diventa come una specie di riflesso
dell'umanità intera, e di fronte a quella verità, tanto radicale quanto
ineluttabile, lascia che il suo naso cresca, trasformando le bugie in
illusioni.
Pinocchio
siamo noi al cospetto di questi tre, forse inconsapevoli, emissari
dell'infinito. Anche se ciò che più sembra interessare Raimondi e Castellani,
non è, come ad esempio in Risvegli di Oliver Sacks, l'esperienza di
“premorte”, quanto piuttosto, quella di “postvita”. La prima, infatti, per
quanto affascinante, vaga nel territorio inafferrabile e nebuloso della
percezione soggettiva e, in definitiva, dell'ipotesi indimostrabile. La
seconda, invece, non meno transitoria, ma legata fortemente al “qui e adesso”,
riveste una forza di impatto illuminante e tangibile che ci rende consapevoli
di noi stessi e va a toccare direttamente il nostro modo di considerare
l'esistenza e la “realtà”. Eppure,
quella che ci si porta dietro, alla fine, fuori da questo “teatro” che al
massimo grado sembra svolgere, qui, la sua funzione, è la sensazione di essersi
posti di fronte ad uno specchio nel quale, più che doloroso, ci è parso
consolatorio ritrovarci.
©
Riproduzione Riservata
Commenti
Posta un commento