IL SENSO NASCOSTO Testo e regia di Fortunato Calvino
LA NUDA VERITA’
Servizio di Antonio
Tedesco
Napoli
– Fino al 2 marzo è stato in scena il testo di Fortunato Calvino “Il senso
nascosto”, alla Sala Assoli. Uomini messi a nudo. Spogliati non tanto, e non
solo, dei propri abiti, quanto delle loro sovrastrutture personali, dei loro
meccanismi di difesa e di camuffamento sociale. Ridotti alla loro essenza
primaria, al loro impudico mostrarsi. Corpi nudi esposti per dar sfogo ad una
sorta di fatidico, quasi ineluttabile, impulso sessuale. Anime nude che espongono
la dolente umanità che le abita. Il piacere, o forse solo un suo pallido
surrogato, come strumento per stordire, almeno momentaneamente, il dolore.
E'
uno spettacolo coraggioso Il senso
nascosto di Fortunato Calvino. Non solo per l'audacia della messa in scena, ma soprattutto per le
tematiche che affronta. Risvolti dell’esistenza e implicazioni private che
seppur non sono sconosciute ai più, sicuramente
sono poco indagate nei dettagli e nei risvolti psicologici che comportano.
Il
testo si articola sul confronto, via via più intimo e profondo, tra due uomini.
Un omosessuale non più giovanissimo che di recente ha perso la moglie alla
quale non aveva mai avuto il coraggio di parlare della sua inclinazione
sessuale, e il marchettaro di cui si invaghisce, poco più che un ragazzo, bello
e prestante che, pur cercando di mantenere una sua distaccata professionalità,
finisce con l'essere risucchiato a poco a poco, nel gioco psicologico al
massacro in cui il suo cliente lo trascina. Emergono da ambo le parti disagi,
dolori antichi mai superati, tentativi di uniformarsi ad una “normalità” che in
sé, e in quanto tale, contiene germi
patogeni forse ancor più gravi. Famiglie disunite e disfunzionali, impossibilità
di trovare lavori che non siano al nero o clandestini, la necessità di
adeguarsi a tenori di vita che non lo facciano sentire fuori dal mondo, per
quanto riguarda il ragazzo. Le sofferenze dell'uomo sono più sottili, ma non
meno complesse. Soggetto ad una dispersione quasi pirandelliana della sua
identità, tra famiglia, attività imprenditoriale e doppia vita sessuale, per
soddisfare la quale frequenta chat specializzate e cinema a luci rosse, teatro
dei classici “incontri al buio”. Il tutto reso ancor più difficilmente
sostenibile dai pesanti sensi di colpa che lo affliggono. Calvino è, tra gli
autori contemporanei, uno dei più attenti alla realtà sociale che ci circonda,
alle difficoltà che da questa scaturiscono, alle contraddizioni e ai corti
circuiti di cui la vita di ogni giorno si nutre. Aveva già affrontato il
problema dell'omosessualità in un altro suo lavoro di alcuni anni fa, Cuore nero, ma calato in un contesto
molto specifico, quello della malavita organizzata. Un ambiente che si dichiara
apertamente incompatibile con tale inclinazione sessuale. Ma a ben vedere, il
rifiuto e la conseguente necessità di mimetizzarsi, anche in un contesto meno
“estremo” , come quello raccontato in Il
senso nascosto, non differiscono di molto. Cosa a cui anche il titolo
dell’atto unico sembra esplicitamente alludere.
Lo
spettacolo si sviluppa come una sorta di duello verbale tra i due protagonisti,
intervallato dai monologhi in cui l'uomo ripercorre varie fasi della sua vita
(i sospetti di sua moglie che si credeva tradita con altre donne, la malattia
di questa e la necessità di assisterla assiduamente nella fase terminale, le
fughe notturne nei cinema a luci rosse, gli incontri occasionali nei quali più
che assecondare il piacere sfogava il dolore ecc.).
La
scena in cui l'azione si svolge è ridotta al minimo, un letto e pochi
essenziali arredi. Una specie di ring, ma anche qualcosa che lo stesso
autore-regista definisce come una “zattera”, nel senso che è per entrambi, sia
pur per motivi diversi, l'ultimo appiglio cui attaccarsi per cercare di
sopravvivere. Il tutto valorizzato da un efficace gioco di luci e dalle musiche
di Paolo Coletta. In scena Pietro Iuliano e Antimo Casertano, mettono in gioco
nei rispettivi ruoli, non solo la loro totale fisicità, ma soprattutto un
coinvolgimento emotivo che emerge anche quando, forse per le troppe
problematiche messe in campo, qualche passaggio dei dialoghi rischia di suonare
un po' troppo didascalico.
04
marzo 2014
© riproduzione riservata
Commenti
Posta un commento