“NON DOMANDARMI DI ME, MARTA MIA” di Katia Ippaso regia Arturo Armone Caruso
Per Napoli Teatro Festival Italia - Sala Assoli 12 e 13 luglio 2019
Servizio di Rita Felerico
Napoli – Una scena essenziale, disegnata dalla luce che
si riflette morbida su mobili d’epoca, fogli sparsi, specchi e inonda calda lo
spazio d’azione, compagna delle emozioni che suscitano le parole della
protagonista, una Marta Abba sofferente per la morte del suo Maestro, Luigi
Pirandello, appresa mentre è sul palcoscenico di New York. Una luce diffusa con
vellutato tono sugli spettatori, lì per
comprendere la relazione, il rapporto, l’incontro di un uomo e una donna non
certo comuni. È il 10 dicembre del 1936 e il premio Nobel si spegne a Roma
lontano dalla sua ‘musa’ in scena al Plymouth Theatre di
Broadway, ignara della malattia del suo Maestro che, solo sei giorni
prima, le aveva scritto una lettera. “Non domandarmi di me, Marta mia…”;
la morte interrompe un dialogo iniziato da tempo, proseguito con le lettere
scambiate per dieci anni dal 1926 al 1936, un rapporto ‘elettivo’,
incomprensibile alla maggior parte delle persone: “un fatto di esistenza” lo definisce Pirandello.
L’epistolario
di Pirandello e Marta Abba è un corposo carteggio che l’Abba donò
all’Università di Princeton nel New Jersey, pubblicato integralmente solo nel
1994 da Mursia col titolo di “Caro
Maestro, lettere a Luigi Pirandello 1926-1936”. Invece “Le lettere di Luigi Pirandello a Marta Abba” fu pubblicato del 1995 da
Mondadori e contiene solo le lettere scritte dal drammaturgo all’attrice. Per Marta la perdita di Pirandello è il momento della riflessione,
approfondire una relazione ‘unica’ e singolare: “Rispetto al personaggio forte e risoluto del carteggio – annota la
regista, siciliana di nascita - emerge in
Marta Abba, col favore delle tenebre, una nota di vulnerabilità, una maggiore
solitudine di donna. L’irruzione improvvisa della morte, non può non
influenzare l’interpretazione del passato, facendo vacillare le certezze e
portando la protagonista a farsi delle domande che non si era mai fatta prima”.
E si concretizzano le figure delle donne che Marta ha interpretato, quelle
eroine pirandelliane a cui ha dato voce. Quanto di loro è in lei? quanto la sua
vita è stata segnata dalle loro personalità, nate dalla penna del suo Maestro,
legato a lei dallo stesso, profondo amore per il ‘teatro’.
Il teatro è il luogo
dove confluisce e si narra la vita delle persone e Ilse, la contessa protagonista
de “I Giganti della Montagna” che il grande scrittore aveva inventato solo per
lei ne è un grande esempio. Scrive nelle
note di regia Katia Ippaso: ”L’amarezza e la gioia, il fantasma e la realtà, il personaggio e la
maschera. Nella notte, precipitati “d’improvviso, brutalmente in un’altra era,
in un altro tempo, più tenebroso”, chi è che ci parla? Pirandello attraverso
Marta Abba o Marta Abba attraverso Pirandello? L’uno e l’altra. Incarnati.”
Un ‘amore impossibile’, ma possibile attraverso l’arte, una verità che ancora
oggi lascia lo spettatore spiazzato, non al suo posto, incerto nel decifrare un
sentimento che sfugge ad ogni definizione. Bravissima la Elena Arvigo che offre
una prova interpretativa forte e dubbiosa allo stesso tempo, nell’interpretare
una Marta che sembra essere – anche nel dolore – pervasa di un elegante pudico
sentire.
di Katia Ippaso
regia Arturo Armone Caruso
con Elena Arvigo
musiche originali Mariafausta
scene Francesco GHISU
disegno luci Giuseppe Filipponio
produzione Coop Cmc/Nidodiragno
regia Arturo Armone Caruso
con Elena Arvigo
musiche originali Mariafausta
scene Francesco GHISU
disegno luci Giuseppe Filipponio
produzione Coop Cmc/Nidodiragno
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