Il Prezzo- di Arthur Miller, regia di Massimo Popolizio
Al
Teatro Diana di Napoli da mercoledì 11 a domenica 22 novembre
Con
Umberto Orsini e Massimo Popolizio
Servizio
di
Francesco Gaudiosi
Napoli - Ci sono delle drammaturgie che riescono a
mettere in scena un affresco interessante di realtà storiche che si sono
affermate nel corso degli ultimi cento anni. E' il caso de "Il
prezzo" di Arthur Miller, uno scritto particolarmente iperrealistico che
riflette una realtà come quella della crisi della Borsa di Wall Street del '29,
soffermandosi, come è solito fare il teatro del '900, non sull'analisi del dato
reale, ma sul come esso vada a riflettersi sulle coscienze e sulle esistenze
dei soggetti in questione. Miller volge la sua attenzione su un'analisi lucida
e spietata di come la realtà economica abbiano influito all'interno della vita
di soggetti che vivono sotto il peso della crisi. Nello spettacolo sono infatti
protagonisti due figli di un genitore che ha subito in maniera particolare gli
effetti della crisi e che, incontrandosi
dopo lungo tempo, decidono di liberare l'appartamento (in via di
demolizione) pieno di mobili e oggetti che il padre aveva conservato. Ma il loro incontro è anche l'opportunità di
riflettere sulle loro esistenze, di tirare le somme su percorsi di vita diversi
l'uno dall'altro, per esternare delle sofferenze e delle difficoltà che questi
soggetti hanno portato avanti per troppo tempo. E' in questa logica, infatti,
che si inserisce la figura del broker chiamato a stabilire il prezzo degli
immobili; ma il prezzo in questo caso fa riferimento anche alla capacità di
comprendere quale sia il valore da attribuire alla stessa esistenza umana.
Il Prezzo di Miller è un capolavoro di prosa che regala
delle interessanti riflessioni su soggetti prossimi o già destinati al
fallimento esistenziale, ancorati ad un barlume di speranze, aspettative, false
convinzioni che sono destinate a non arrivare mai. Nella versione con la
traduzione di Masolino D’Amico, e con in scena Umberto Orsini, Massimo
Popolizio (anche regista dello spettacolo), Alvia Reale e Elia Schilton, è
scontato ribadire l’elevato livello delle aspettative da parte dello spettatore.
Di fronte a quattro robuste figure attoriali cresciute e formatesi nel panorama
del miglior teatro italiano, si assiste ad una prova attoriale non sempre
aderente ai trascorsi artistici degli attori in questione.
Ci si imbatte, infatti, in uno spettacolo poco
convincente sotto il profilo registico, con pause eccessive e tempi talvolta
lenti; un ritmo che, in diverse fasi della pièce, sarebbe dovuto essere più serrato
e che invece vede fiati e respiri a volte poco giustificati. Anche sotto il
profilo interpretativo, la prova attoriale di tutti gli interpreti pare innaturale,
a volte caricata e senza un’apparente giustificazione . La recitazione è piatta
soprattutto considerando che in scena ci sono attori di grande spessore interpretativo.
Manca una leggerezza di esecuzione che renda questo testo
vivo, reale e condivisibile di fronte agli occhi dello spettatore. Apprezzate le scene di Maurizio Balò, che sono
particolari per la loro sontuosità ed estensione in verticale (catene di mobili
sovrapposti fino a raggiungere il
soffitto del teatro) come se stessero a rappresentare i ricordi dei personaggi
nascosti sotto un velo di oblio e di nostalgia.
Lo spettacolo è in scena al Teatro Diana di Napoli da
mercoledì 11 a domenica 22 novembre.
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