“FEDRA - DIRITTO ALL’AMORE” di Eva Cantarella – regia di Consuelo Barilari
al Teatro Galleria
Toledo di Napoli dal 25 al 30 novembre
servizio di Andrea Fiorillo
Napoli - Suoni e voci che parlano di
antico, di mito, di un mondo che fu e che parla a noi, oggi, come se nulla
fosse cambiato da allora, con una scena moderna, cinematografica, nella quale
un telo sul quale si proiettano frammenti di vita, ci separa inesorabilmente da
ciò che avviene dentro.
Questo è ciò che
da subito appare chiaro quando comincia Fedra - Diritto all’Amore,
portata in scena al Teatro Galleria Toledo dal 25 al 30 novembre, interpretato
da Galatea Ranzi, per la regia di Consuelo Barilari. Scritto da Eva Cantarella,
tra le più grandi studiose contemporanee del mondo classico, che,
avvalendosi delle interpretazioni del mito mutuate dalle opere di Euripide,
Seneca, D’Annunzio
e Racine, propone in questo nuovo testo un’attualizzazione della vicenda,
strutturando il testo su una drammaturgia strettamente connessa con la contemporaneità.
In una messa in scena moderna e
multimediale, il racconto della sventurata sposa di Teseo che perde la testa
per il figliastro Ippolito costituisce il modello mitico
dell'infedeltà coniugale
e del contrasto tra il senso del dovere, l'etichetta sociale e la passione non
controllabile.
La donna, Fedra, finalmente libera
dai vincoli psicologici dettati dalla differenza 'di genere’ e
capace, sebbene in età matura,
di scoprire l'amore per il figliastro Ippolito, rivelandolo a sé stessa ed
accentandolo nonostante le sovrastrutture sociali, diventa audace, mentalmente
libera e consapevole. Una donna che si trasforma nell'immagine usata come
locandina: lei, libera, che ingoia sé stessa, o meglio, che esce da sé, e finalmente si autodetermina nel suo diritto
di amare. Un amore che porterà alla sua liberazione, così come
alla follia, alla morte.
Ancora strettamente connessa con la
classicità della vicenda, con le parole di un greco antico che si fa
poesia e musica sulla labbra dei due protagonisti della storia, la nostra
eroina rivendica il diritto di essere come sceglie di essere in uno spazio
scenico dove sono proiettate immagini ispirate al film “Phedra” di Jules Dessin (1961) insieme ad altri bellissimi
effetti fatti di luci, ombre e multi dimensionalità. E così, diventando parte
di noi, Fedra viene
presentata, nell'incipit, in abiti da diva anni sessanta: enormi occhiali da
sole, guanti bianchi e un lungo cappottino sotto uno scroscio di flash dei
fotografi. Un modo per affermare che sono arrivati ormai i tempi per poter
scegliere di gridare al mondo la propria felicità, le proprie
scelte, senza dover fare ciò che gli altri decidono per noi. Ma c’è
sempre
quel velo, però, quella barriera che sembra ricordarci che ciò che
si vede resta lontano, ambito, onirico, possibile ma non ancora realmente
attuabile.
Ed è in quel mondo “oltre”
che,
alla fine, la si vede entrare in scena sconfitta, consumata, trascinandosi il
suo destino, la sua ultima scelta di donna libera.
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