“In Due miti come noi raccontiamo il mito in chiave femminile”
Gigliola De Feo e Pina
Giarmanà in scena al San Carluccio dal 24 al 27 novembre per la regia di Andrea
Fiorillo
Servizio di Francesco Gaudiosi
Napoli- Una storia surreale, quella di “Penny e Dido”, abbreviativi delle meglio
conosciute Penelope e Didone, protagoniste sulla scena dal 24 al 27 novembre al
Nuovo Teatro Sancarluccio. Gigliola De Feo e Pina Giarmanà porteranno in scena
“Due Miti come noi (la vera storia di Penny & Dido)” per la regia di Andrea
Fiorillo. Un racconto delle vicende visto, questa volta, dalla prospettiva
femminile di due figure spesso rimaste nell’ombra a causa della predominanza
maschile presente nel mito classico. Un dialogo intimo tra due donne che si
rivelano e incrociano per la prima volta, in un universo teatrale, le proprie
vicende.
Gigliola De Feo, lei è anche autrice dello
spettacolo. Come nasce “Due miti come noi”? Ha un nesso con il suo precedente
lavoro su Simone de Beauvoir?
Certamente c’è un fil rouge che parte da
“Simone” - lo spettacolo sulla de
Beauvoir che abbiamo messo in scena negli ultimi due anni - e arriva, oggi, a
“Due miti come noi”: il nesso sta nel mio interesse ad indagare l’universo
femminile, voglio bene alle donne e credo nell’importanza di mettere sotto i
riflettori il tema cosiddetto “di genere”. Raccontare la storia di Simone de
Beauvoir, con la sua filosofia, ed il suo femminismo era una sorta di esigenza
che mi ‘premeva’ interiormente, mentre invece questo spettacolo su Penelope e
Didone parte da un interrogativo che -
da ex alunna di liceo classico - mi è saltato in mente, un giorno, ritrovandomi
tra le mani, per caso, un brano dell’Eneide: è possibile mai che solo gli
uomini del mito fossero figure realmente interessanti? Se le loro donne
potessero parlare, sarebbero d’accordo? Come dice la mia Dido, “la Storia la
scrivono gli uomini”, ed è proprio questo il punto…
La sua è un'anti-storia che passa dall'epica
all'attualità. Quale nesso c'è tra Penelope e Didone e la società in cui
viviamo?
Mi piace molto la definizione “antistoria”,
effettivamente lo è: ma non solo perché la mia è una lettura che parte da una
prospettiva opposta rispetto a quella ben nota, bensì anche perché lo sguardo
sul futuro che Penny e Dido hanno nella seconda parte della commedia è uno
sguardo decisamente forte, coraggioso, al limite dell’utopia, sicuramente
“anti”. Quanto al passaggio dall’epica all’attualità, ritengo seriamente che
per vivere ed affrontare il nostro tempo occorra un atteggiamento profondamente
“epico”, quanto e più del mito stesso.
Pina Giarmanà, Penelope e Didone sono due
personaggi mitici ricordati come ombre di eroi quali Ulisse ed Enea. Com'è
stato possibile far incontrare queste due donne in scena?
Penelope e Didone non si incontrerebbero mai
se non fosse per una “licenza poetica” della nostra autrice che decide di
metterle insieme in una stanza a discutere e tirare fuori tutte loro delusioni,
i dubbi, le speranze per il futuro e la verità sulla loro storia, una verità
che non è esattamente quella raccontata da Omero e da Virgilio. Sono due figure
altamente simboliche, rappresentano la forza femminile, quella silenziosa di
Penelope e quella combattiva e più protagonista di Didone, metafora del destino
di tutte le donne…
Qual è il messaggio che due attrici donne vogliono
lanciare con questo spettacolo al pubblico che verrà a vedervi?
Il messaggio non è uno
soltanto, ce ne sono molteplici. Innanzitutto, ci piace suggerire l’idea che
una storia ha sempre più di una prospettiva a partire dalla quale può essere
raccontata. Lo spettacolo è una commedia fresca, leggera, che poi nella seconda
parte costringe a riflettere su concetti importanti come la parità di genere.
Ci piacerebbe che tornando a casa, tutti gli spettatori pensassero: “ah, però,
che grandi donne Penelope e Didone!”. E vorremmo che le spettatrici, invece,
dicessero a se stesse: “posso farcela anche io, se ce l’hanno fatta quelle due,
e non devo smettere di crederci!”
Lo spettacolo è una
Produzione Miramarefilm ed è presentato dalla Falegnameria dell’attore, scuola
di Teatro nella quale De Feo e Fiorillo sono anche insegnanti.
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