“ODISSEA A/R” - Liberamente ispirato al poema di Omero - Testo e regia di Emma Dante
Al Teatro Bellini di Napoli dall’8 al 13 novembre
Servizio
di Antonio
Tedesco
Napoli – Un po’ musical, un po’
operetta, un po’ parodia. Con ventitré attori sempre in scena e sempre in
movimento e le coreografie calibrate al millimetro. Un’esplorazione del mito
che stavolta non scende in profondità, ma volteggia sulla superficie. In
qualche modo si affida a ricami e svolazzi, tesse una tela metaforica usando
gli attori come tessuto connettivo di una messa in scena che è una
dimostrazione, in qualche caso un’esibizione, di abilità registica. E’ Odissea A/R, lo spettacolo scritto e
diretto da Emma Dante, in scena al Teatro Bellini fino al 13 di questo mese.
Sostanzialmente un saggio di fine corso che l’autrice e regista siciliana ha
confezionato per gli allievi della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del
Teatro Biondo di Palermo, da lei diretta, che hanno concluso il biennio
formativo del loro corso.
Il mito di Odisseo offre generosa
materia per lo spettacolo. La lettura che ne fa la Dante è trasversale e mette
al centro della rappresentazione la celeberrima tela di Penelope. Che qui si
trasforma nell’idea stessa del rappresentare, del fare e disfare sera dopo
sera, una messa in scena, nel tesserla, lei regista e vera Penelope “fuori
campo”, su e con, il corpo degli attori.
E’ un allestimento questo che punta,
infatti, tutto sulla fisicità, sul movimento, sull’interazione coordinata e
armoniosa degli oltre venti attori in campo. Che a un certo punto si fanno
letteralmente “fusi” attraverso cui scorre una lunga tela che va a coprire,
fino a seppellirla del tutto, la Penelope-regista, o meglio il suo alter ego,
come se quella rappresentazione da lei stessa “tessuta” l’avesse sopraffatta
fino ad annientarla. Ed è un momento, questo di forte suggestione, ma
soprattutto di grande abilità nella composizione della coreografia.
Per il resto, sul versante della
parodia, abbiamo un Giove culturista e vanesio, un Telemaco imbelle e stralunato,
una schiera di ancelle infoiate e discinte, e un gruppo di proci buzzurri e
arroganti. Il tutto a comporre, attraverso quadri coreografici di indubbia
efficacia, accompagnati da musiche, canti e danze, la cornice (quella del poema
omerico) dentro la quale la storia si compirà, con il ritorno di Odisseo, il
suo riconoscimento, l’uccisione dei Proci ecc. Il tutto in questa sorta di
veloce e incalzante stilizzazione che,
come detto, risulta scenicamente impeccabile. Ma stavolta, a parte la
riflessione sottesa, sempre presente nella Dante, sul proprio ruolo e la
propria funzione di regista, non ci sono profondità da esplorare, mancano
quegli abissi emotivi in cui smarrirsi e ai quali l’autrice e regista ci ha
abituati con il suo teatro. Ma forse non potevano esserci, perché questa doveva
essere solo una dimostrazione, una sorta di (impegnativa e faticosa) festa per
i ventitré ragazzi sulla scena che giungono a compimento di un duro percorso
formativo. Una festa a cui il pubblico ha partecipato con calore, con numerosi
applausi a scena aperta e lunga ovazione finale.
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