“L'amore per le cose assenti” - testo e regia di Luciano Melchionna
Al
Teatro Nuovo di Napoli dal 27 al 28 novembre
Servizio
di Andrea Fiorillo
Dopo
il debutto in prima nazionale il 12 settembre scorso durante il Benevento Città
Spettacolo, arriva a Napoli, al Teatro Nuovo, dal 27 al 29 novembre, L’
Amore per le cose assenti, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Luciano
Melchionna.
In
scena tre personaggi, Her, attrice violinista nella parte del Prologo/Epilogo,
Autilia Ranieri è Lei, Giandomenico Cupaiolo Lui.
I tre
raccontano la storia di due amanti, che finisce chiaramente per essere la
storia di chiunque è lì, seduto a guardare, a "subire", a smuovere
ciò che di proprio riconosce, e sembra di assistere alla "vita" di
tutti i Lui/Lei che si incontrano nel mondo
Giulia,
Lei, compie quarantasei anni, è il giorno del suo compleanno. A parte le rughe
da cancellare con ogni trattamento di bellezza possibile, ‘dentro’ non è
cambiata molto da quando ne aveva venti: continua a ‘camminare scalza’ in giro
per il mondo, come una bimba, e a cercare il principe azzurro che la prenda in
braccio. Il suo secondo marito, perché il primo matrimonio è naufragato
velocemente, ha organizzato per lei una bellissima festa… ma non ha invitato
nessuno. Vuole restare solo con la moglie, occhi negli occhi, per dirle addio.
Parte
da questa necessità il nuovo testo scritto dal regista di Latina, un'esigenza
di onestà dei sentimenti, al di là dei sensi di colpa che fin troppo
condizionano i nostri legami, le nostre vite. Ed è lì che il testo diventa
anche denuncia di una realtà fin troppo confezionata, orribilmente falsata,
dove nessuno è capace di vivere a pieno la verità che sente. Bisognerebbe
infatti cominciare a guardarci negli occhi, da soli, anche senza uno specchio,
ed a riconoscersi, e non pensare che sia sbagliato commettere errori o avere
delle “perversioni”, ma a riconoscere l’urgenza di avere il meglio, l’evolvere,
l'accettarsi per ciò che si è, in pieno.
Un
prologo e un epilogo, magistralmente interpretato da Her, alla maniera greca,
si fa portavoce delle parole dell’autore, creando, ancora una volta, come
tipico del teatro di Melchionna, un rapporto dialogico con il pubblico, fino
alla provocazione finale nella quale chi è seduto è come "messo alla
prova": “Beh?
Che fate lì fermi? Spiate la loro intimità? Guardoni pure, ora? Non vi basta aver
annusato a lungo nei loro panni sporchi? Esservi specchiati nello smarrimento
del loro malessere? Dite la verità: vi siete riconosciuti, qua e là?
Andrete a casa riflettendoci su, come spero? Cercherete di migliorare la qualità dei
vostri rapporti… ?”
Queste
sono le parole dell’epilogo e questo è ciò che ognuno dei presenti è portato a
vivere: un coinvolgimento totale che porterà forse, un giorno, ad un finale
diverso dello spettacolo stesso, perché chi vuole, è invitato a scrivere una
mail alla fine raccontando ciò che ha vissuto, ciò che ha “ascoltato", ciò
che ha visto dentro ma non sulla scena, perché il tutto si conclude con un
"forse", così come ognuno di noi al forse rimanda la propria vita.
Grande
prova di tutti gli interpreti, e confermata in pieno la poeticità di Luciano
Melchionna, scrittura tagliente del nuovo teatro italiano.
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