“BALLARINI” - testo e regia di Emma Dante con Manuela Lo Sicco e Sabino Civilleri
Al Teatro Galleria Toledo di Napoli
dal 4 al 14 dicembre
Servizio di Antonio Tedesco
Napoli. La vita balla a ritroso. E si
trasforma in una struggente pantomima, quasi del tutto priva di dialoghi, ma
nutrita dal movimento incessante dei due attori. Che partono vecchi, con i
volti coperti da maschere, scavando in dei bauli che si fanno deposito
dell'esistenza, archivio della memoria. Ripescando da lì abiti e oggetti, tornano
indietro. Ripercorrono le tappe della propria vita. Attraversano il girotondo
della mezza età e si lasciano travolgere dal twist della giovinezza, passando
per la fondamentale esperienza della nascita di un figlio. Rivivono l'emozione
forte e indelebile di quando si sono conosciuti. Poi la magia finisce.
Ripiombano nella vecchiaia dell'oggi. Nella perdita dell'altro, prima, e poi di
sé.
C'è
tutto il rigore, la sofferenza e, verrebbe da dire, l'implacabilità, del teatro
di Emma Dante in questo Ballarini, sintesi di un viaggio esistenziale e,
allo stesso tempo, grande saggio attoriale. Dove l'attore, appunto,
spogliandosi di ogni sovrastruttura, accademica o recitativa, si riconduce alla
sua essenza di pura fisicità. Due corpi che interagiscono in un movimento
continuo, che danzano, girano, si toccano, si spogliano, si rivestono, si
concedono (come a volte succede nella vita reale) qualche fugace acrobazia.
Rifioriscono dopo essere appassiti, per poi ripiombare in una fatale decadenza.
Non
si risparmiano Manuela Lo Sicco e Sabino Civilleri, protagonisti di questa
faticosa e coinvolgente performance. A ricordarci ancora una volta che, al di
là degli svolazzi, dei riti mondani, delle elucubrazioni intellettuali, il
teatro (così come la vita) è innanzitutto sudore e polvere, fatica e
sofferenza, dura conquista e rovinosa perdita.
E
alla fine, staccata la spina, come effettivamente fa, con gesto simbolico,
sulla scena Manuela Lo Sicco, resta solo questo buio profondo e prolungato,
oltre la norma e i tempi cui il teatro ci ha normalmente abituato, quasi una
chiosa inevitabile alla frenetica azione (vita?) svoltasi sulla scena.
Un
lungo buio, prima che le pallide luci della platea si accendano per i (sentiti
e calorosi) applausi di rito.
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