“Amadeus”, di Peter Shaffer – regia di Alberto Giusta

 Al teatro Mercadante di Napoli dal 3 al 7 dicembre

Servizio di Francesco Gaudiosi
 

La mediocrità dell’uomo moderno nella pregiata interpretazione di Solenghi e Ottobrino
“Mozart da quello che era cosa qualunque creava leggenda, io da quello che era leggenda creavo cose qualunque”.  L’amara riflessione dell’ormai vecchio e moribondo Antonio Salieri proietta il rapporto tra il compositore italiano e il talentuoso Mozart in una competizione spietata, in un odio che non conosce pietà, nel crudele sarcasmo del Salieri capace di tutto pur di evitare l’affermarsi di un genio come Mozart. L’atmosfera noir del testo di Shaffer racconta una rivalità tra i due compositori in realtà mai esistita, ma che nella drammaturgia trova terreno fecondo per allestire una piéce oscura, drammatica e tragica. L’apertura e la chiusura dei due atti dello spettacolo vedono in scena il Salieri moribondo e invecchiato che confessa al pubblico le vicende passate, ma quel ricordo, quella emozione, si trasformano in un flashback nel quale l’attore si rialza e rievoca in maniera del tutto reale gli eventi trascorsi. A tal proposito, è decisamente apprezzata la performance di Tullio Solenghi, attore che riesce a gestire il palcoscenico in maniera ottimale, alternando momenti di ironia (misti a sarcasmo) ad altri di intensa tragicità attoriale.
La forza dello spettacolo sta proprio nella sua imprevedibilità; nonostante la trama sia conosciuta da gran parte del pubblico, anche grazie alla fortunata versione cinematografica firmata da Milos Forman del 1984, non si assisterà mai ad uno spettacolo lungo e pedante, tetro e tenebroso, anzi: lo spettacolo risulta decisamente ben costruito e con un ottimo ritmo, magnetizzando letteralmente il pubblico. Ciò grazie alla regia di Alberto Giusta, robusta ma non invadente, all’interpretazione di Solenghi, ironica e credibile, e alla convincente recitazione dell’Amadeus, Aldo Ottobrino, caricata e distinta. La preparazione del personaggio di Mozart, dai suoi esordi fino alla sua morte prematura nel fallimento artistico, è notevole e presenta una costruzione del carattere studiata e persuasiva. La stessa caricatura del Mozart burlone della prima età è ben congegnata mantenendo inoltre alto il ritmo dello spettacolo.

Il duo Solenghi, attore e spettatore della vicenda che ci introduce nel suo passato, e Ottobrino,  genio e talento così evidenti e tangibili ma anche così incompresi e invidiati, convincono in maniera indiscutibile. Sulla scena contribuiscono a rendere lo spettacolo di distinta fattura le interpretazioni di Arianna Comes, Davide Lorino, Elisabetta Mazzullo e Andrea Nicolini.
Lo spettacolo, infine, quasi confonde lo spettatore, di fronte alla scelta della condanna del maestro Salieri o ad un atteggiamento di “compassionevole commiserazione” per un uomo che non accetta i canoni della mediocrità, o quantomeno non desidera sentirsi tale essendo continuamente a contatto con il genio di Mozart. E’ quindi giusto condannare di colpevolezza Salieri, o compatirlo per la sua mancata accettazione della mediocrità, così presente e così viva anche nell’uomo moderno?






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