“L'Ombra di Totò” con Yuri Gugliucci, Sara Ricci, Vera Dragone, Pina di Gennaro. Regia di Stefano Reali.
Al Teatro San Ferdinando, dal 22 al 27 febbraio.
Servizio di Marco Catizone
Napoli – Princeps celebrato, atellana proiezione, gonfalone
irredento a sventolare nel pantheon dei grandi che furono; principio comico in
ossa e bombetta, attore in calambour, guitto melanconico, dioscuro a
doppia sciassa; popolano cum nobilitate, patrizio sine titulo, se
non almanaccato, pagato a peso d'oro: quante le sfumature seleniche, le
umbratili smorfie di Antonio De Curtis, in arte l'immenso Totò; genius loci d'una
Napoli stracciona e nobilissima, coboldo di miseria nobilitante, per lacerti a
sgocciolare sulle macerie d'un novecento d'assi lignei e cinematografo,
Maschera da sciosciammocca rivisitata di sghimbescio: Totò è stato Pullecenella
in salsa pop, ben prima di Wharlol al di là da venire, venatura très moderne
listata a sottile tragedia, pencolante sull'horror vacui perenne d'una
risata sospesa, ab aeterno.
“Luce donò”, e fu detto alle esequie (ben tre, la più “vera” di
certo a Napoli) con pinzillacchere e quisquilie, perché ogni limite ha una
pazienza, e lui Signore lo nacque, e di gran lustro, e badi a come parla, che di
Totò qui si scrive, e che nessuna malafemmena osi profferir parola; eppure nel
cono bombato travolse i sodali, nell'ombra avvolse i famigli, e le comparse
tutte, con le gramaglie luttuose d'un tight liso e troppo contorto ad avvolgere
il proscenio; perché un lumen sì fulgente ristora e mai riscalda, rinsalda
affetti e consolida invidie: perché un uomo come Totò, come il Principe,
dietro di sé e nella scia prossemica, lasciò lemuri e comparse, controfigure e
passanti, e quanti, e a iosa; perché il Vero Lume a sua volta proietta ombre,
consolida il botro, dietro il velo e la maschera. E nell'ombra, almeno per i
più, è sempre stato Dino Valli (alias Osvaldo Natale), giano a controfigura del
De Curtis che fu, sua Vera Umbra, corpo e marionetta per le scene in
negativo, ubi Princeps noluit, ove l'ambasce superava il limen: Valli
era lì, a far da ombra a Totò, a prestare il corpo meccanico per
l'estro del momento; e quanti i cambi d'abito, di scena e di vita, per un amico
servente, che mai fu servo di scena.
Pièce originale, l' “Ombra di Totò” celebra l'Uomo rivivendo
il Mito, filtrato dalla mise dismessa d'un guitto in paltò minore, quel Dino Valli
(l'ottimo, convincente e puntuto Yuri Gugliucci) che calcò le stesse assi, gli
stessi set del più celebre De Curtis, portandone il feretro ed impersonandone
ancora i guizzi, un'ultima volta in quel lontano aprile del '67, nell'emiciclo
del Carmine, ai piedi d'una Napoli attonita che trasalì vedendo la figura
impietrita, di nerofumo sibillino accanto al feretro dell'Immenso: e fu l'Ombra
a portar Luce, per una volta, una volta ancora.
Plauso agli attori, davvero notevole Gugliucci, precise les dames de scène, con menzione speciale al talento canoro di Vera Dragone, toccante ed ispirata nell'impersonare le muse del Principe, la vedette Liliana Castagnola (sfortunata vittima d'amour, suicidatasi per Totò), la prima moglie Diana Bandini, madre dell'unica figlia dell'attore, Liliana (nome scelto per ricordare proprio la Castagnola).
Sipario, buio, applausi convinti per questo omaggio a Totò, visto a latere da chi gli fu vicino, risplendendo nell'ombra.
“L’OMBRA DI TOTÒ”
di Emilia
Costantini
adattamento e regia Stefano
Reali
con Yari Gugliucci, Sara Ricci, Vera Dragone, Pina Di Gennaro
scene Carlo De Marino
assistente alla regia Enza Felice
costumi Laura De’ Navesques
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