"Il delitto di via dell'Orsina", con Massimo D'Apporto e Antonello Fassari.
Al Teatro Mercadante dal 15 al 20 febbraio
Servizio di Marco Catizone
Napoli - "Ogni delitto porta in sé, dentro il
suo impulso, un angelo vendicatore: l'angoscia dell'attesa.” (F. Schiller). Vulgata mefistofelica, da ghirba tesa e freddi
palpiti, vuol che il delitto appaghi gli empi sudori, i demoni
grandguignoleschi, le fiere e le lamie delle umane genti: forse che l'animus
necandi dell’homo sapiens (e ancor sapiens, per un bis foriero d'equivoci
arlecchineschi, a doppia elica avvinti) sia appagato dall'esiziale affondo, dal
brutale gesto d'un omicidio a grappoli? Pas du tout, almeno a misurar frenesia e
spasmi in frigidaire ed en glacé della improvvida couple d'as
formata da D'Apporto e Fassari, uomini tutti d'una pièce, su testo
para-beckettiano in sauce brillant del francese Eugéne Labiche, pastiche di
qualche lustro orsono (1857, ca va sans dire), a lambiccarsi su "L'
affaire de la rue de Lourcine" (in italien come "Il delitto di via dell'Orsina"),
due maschere d'estrazione e soldo avversi, guitti sociali e speculari, seppur
concordi, dispersi in trama da vecchi merletti, eppur etilica, d'una
reunion tra vecchi discenti , liceali incanutiti, traslata in
semi-quasi-omicidio d'una povera derelitta, carbonaia massacrata a coup de
singe vert (ad ombrellate cesellate da rostro scimmiesco in punta di rostro) e
soffocata con pochette a doppio nodo elicoidale.
Acte unique a dispiegarsi sul cerusico file rouge
d'una farsa finita in gloria, con gli attori ad intrallazzar sull'assi per
raccapezzar gnommero d'infiniti equivoci consci d'esser brilli (o plus
brillantes?), e proni a tutto, anche ad accoppar prossimo, pur di coprir alibi
per un delitto solo figurato e mai esaurito, consumato. Professionisti pur sodali, e il giusto, abili
ad ingranar marcetta ad orchestrina ad ogni piè sospinto, per semi-quas-
musicarello dei gloriosi sixties che furono, un teatro dell'equivoco disciolto
nel grottesco effluvio d'un testo sì perfetto, ma per tempi dispersi, quando
palchi e platea eran men smaliziati e viepiù carenti, che fa sorridere, come da
presso si riflette annacquati e languidi dei puerili giochi d'un tempo, dei
bambocci inermi e improvvidi che fummo.
Plauso alla mise scenographique del regista Andrée
Ruth Shammah, abile il tocco di sagome lignee a spiar nell'ombra Fassari e
D'Apporto; meno riuscita forse proprio la silloge tra i due, una scommessa non
vinta, viepiu avvinta alla storia baldanzosa dei nomi in proscenio, azzardo
forse poco accorto, per una resa discontinua, nell'amalgama carente; chè
l'impronta non si discute, ma il passo è discontinuo e il ritmo lasso: ahinoi,
il delitto perfetto stavolta non fu. Sipario, buio, applausi di
circostanza, rovello che assale: cui prodest?
IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA
(L’Affaire
de la rue de Lourcine)
di Eugéne
Labiche
regia e adattamento Andrée Ruth Shammah
traduzione Andrée Ruth Shammah e Giorgio
Melazzi
con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni,
e con Marco
Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella, Luca Cesa Bianchi
scene Margherita Palli
luci Camilla
Piccioni
costumi Nicoletta Ceccolini
musiche Alessandro Nidi
produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione
Teatro della Toscana
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