Amleto (o il Gioco del Suo Teatro) di Giovanni Meola

Al Teatro TRAM dal   3 al 13 febbraio

Servizio di Rita Felerico

Napoli - Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta, scriveva Platone. Giovanni Meola (compagnia Virus Teatrali) propone al pubblico dopo tre anni di ricerca su uno dei testi shakespeariani più famosi e amati dal pubblico il suo Amleto (o Il Gioco del Suo Teatro), lavoro di ricerca compiuto insieme ai tre giovani attori - due sono stati suoi allievi - Solene Bresciani, Vincenzo Coppola e Sara Missaglia, arricchito dai suggerimenti dell’assistente alla regia, Chiara Vitiello, e della costumista Marina Mango. Destrutturare la parola drammaturgica di Shakespeare attraverso un lavoro introspettivo è lo scopo, tutto compiuto dalla parte di Amleto, con lo sguardo e il sentimento del principe: frammentare, tagliare, separare le parole dal suono e dal significato tradizionale, scarnificarle per illuminare il linguaggio poetico che emerge da dentro, quello dello svelamento, che è dell’anima e del teatro. Dopo l’esperienza vissuta con Cechov -Tre. Le sorelle Prozorov- con il quale si è misurato nel 2018 e sempre con soli tre protagonisti, Giovanni legge il testo del bardo per continuare ad affrontare i classici e renderli gioco di teatro dell’oggi, punteggiato da musica e ironia. Forte, infatti, emerge il senso dell’ironia nei teatranti chiamati ad interpretare oniricamente – ma non per questo meno determinanti– la verità e forti le intrusioni all’interno dell’azione scenica delle partiture di famosi brani della canzone italiana, di Caterina Caselli, di Sergio Endrigo, come richiamo temporale. Del resto, un microfono, un amplificatore, un filo di corrente sono gli unici oggetti di scena, segni che ci fanno comprendere che si è all’interno di uno spettacolo, di un gioco di teatro, nel presente. 

Il regista con questa scenica semplificazione non solo sostiene e valorizza il lavoro della condivisione , dell’ impegno attoriale,  ma  dimostra come con tre soli interpreti, due sono donne, che si scambiano i ruoli di continuo nell’arco dell’azione teatrale, si può rappresentare tutto ciò di cui Amleto è simbolo, non solo, mentre nell’epoca elisabettiana era vietato alle donne calcare la scena qui prevale la presenza femminile, anzi – ricorda il regista - siamo sulla scia di fior di esempi a cominciare da un famosissimo Amleto del 1899 con la divina Sarah Bernhardt ad interpretare il principe danese. “Da sempre insegno ai miei allievi che non è il sesso a determinare l’efficacia dell’interpretazione, ma sono altri i meccanismi che permettono al pubblico di godere della bellezza di uno spettacolo – ha affermato Meola – Voglio sganciarmi dalla biunivocità dei sessi che esiste tra attore e personaggio”.

 

Amleto – e qui si ricorda il sottotitolo e l’ironia che attraversa tutta la rappresentazione – indica ai comici arrivati a corte di rappresentare le prove del tradimento di Ofelia e le colpe dello zio-re Claudio. Le improvvisazioni che costellano il testo e la trama dei movimenti corporali nello spazio scenico, si pongono quindi come una nuova frammentazione del testo originale –al quale comunque si resta fedeli – e sono la forza del teatro, anche se possono a volte anche mutare nel corso delle varie rappresentazioni, sono fissi punti di riferimento. Così l’intreccio fra struttura, improvvisazioni e incursione del reale descrive al meglio della creatività tutti i demoni interiori di Amleto e la sua presenza nel mondo, nella finzione della scena. Si gioca a far teatro per narrare non solo la fragilità umana, ma il sottile filo che lega amore e follia, vendetta e onirica visione delle cose che sembrano accadere con la massima naturalezza, tramite e lungo il filo di un microfono, l’eco del presente.

Smontare, rimontare, rappresentare per dire del mistero dell’Amleto, una continua ricerca, ricerca pura, intrecciata alle improvvisazioni è stato un lavoro da artigiano, confida Giovanni, con l’intento anche di non mascherare mai le transizioni fra i vari piani, compresi i momenti musicali e i movimenti corporali. Uno spettacolo che possiede una coinvolgente cifra interpretativa e dialogante: lo si rivedrebbe con assoluta predisposizione, forse per comprendere ancor di più l’intricato, amletico testo, in un gioco di leggerezza al quale non si sottrarrebbero a loro dire né il regista né gli attori, che hanno rivelato, in un piacevole incontro post spettacolo, gli ostacoli che hanno dovuto affrontare e superare. Il coordinare il livello delle improvvisazioni con il testo – ricorda Solene -, il ricordare le improvvisazioni – dice Sara -, il passaggio repentino da un ruolo all’altro- dice Vincenzo -, le notti trascorse e fissare ed equilibrare, come un artigiano il testo, ricorda Giovanni.

A commento finale, rileggiamo le parole di Jean-Luc Nancy in Corpo teatro: “Ecco perché Amleto può dire “gli attori non sanno mantenere un segreto. Dicono tutto”. Il teatro è la cessazione del segreto, se il segreto è quello dell’essere……quel mondo come teatro in quanto verità, proprio come e proprio perché il corpo si rivela la verità dell’anima: verità che si spinge anch’essa sulla scena o più precisamente verità che fa scena.”.

 

AMLETO
(o il Gioco del suo Teatro)

tratto da Shakespeare
progetto, adattamento e regia di Giovanni Meola
drammaturgia collettiva
con Solene Bresciani, Vincenzo Coppola, Sara Missaglia
assistente alla regia Chiara Vitiello
costumi Marina Mango
foto di scena di Nina Borrelli
produzione Virus Teatrali


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