“RESURREXIT CASSANDRA” di Ruggero Cappuccio

Al Teatro San Ferdinando dal 23 al 28 novembre

Servizio di Marco Catizone

Napoli – Scena infera, di riemersione amniotica, sibilante effluvio di suoni in chiaroscuro; come donna sola, lemure apolide e sconnesso, riemerge come spirito, dalla rena aggrumata, la Cassandra di Cappuccio, figlia senza requie d’un destino di pulvis et umbra, dai venti graffiata, come foul, come revenant ricomposta. Si desta sospesa, tra ligneo supporto e totem serpenteschi, massa di spessore effimero, neropece, a far da ricetto e riparo ai deliqui del mondo. Cassandra, custode del sacer, baccante ultraterrena, oltre il tempo, oltre la rena, la ressa delle umane genti; sola, ramenga, reietta d’Apollo, uno sputo ad ispirarne il mantra, d’esser spergiura lei, pur pregna del vero lume, a fumigar le ombre di menzogna, mai creduta, mai doma, derelitta. Sonia Bergamasco, la nostra Cassandra risorta, Cristo muliebre, è casta opalescenza in controluce, densa, sincopata all’abbisogna, davvero in stato di grazia: la scena s’impregna, diviene presenza, rivive del suo serrato eloquio, del suo frame, evocazione a cogenza, ad libitum, a ripetersi, come flusso di coscienza.

Memento di Troia caduta, fiamma bestiale e corpi consumati; ricordo germinale d’una vita menzognera, femmina e testimone del suo tempo,  condannata al vero, annessa alla pena d’esser speculum per riflessi tragici, eppure sirena afona et inascoltata: pizia a rovescio, ingrata al Delfico, Zeitgeist indigesto per nemici e famigli, la sua aura si tinse di rosso, pagando dazio con il destino, per mano degli uomini, come cantò Omero, come volle Clitemnestra, maschera di tragedia per responsi lividi a manteia; il suo dono, la sua maledizione.

 

È altro il suo Regno, se ne scorge il riflesso, oltre il tempo, a rigelare gli umani, mutando pelle come cobra incantatore, le scaglie lucenti e ben taglienti, a riannodare il filo della sua resurrexit: è gelido sorriso, algido e rovente, sottigliezza dallo scarno ristoro, una fessura che vomita l’urgenza dell’interpello, di esser udita, ascoltata, creduta; refugium liminare, mai consolatorio, dai peccati del mondo, a render meno solipsistico il deliquio umano di perduranti attese disilluse. La Cassandra della Bergamasco è vertigine di memorie, afferra il senso iper-reale che pencola dal proscenio, una gruccia cui tendere l’ego con mano disadorna, gesto illusorio per serrare nel pugno i suoi, i nostri, “giorni perduti”, attimi frastagliati del tempo che fu, illusoria attesa che si perde nella memoria impalpabile, d’un passato disperso come fugaci passi su basoli in equilibrio.

Nell’onfalos a scena, intagliato nell’urgenza, si staglia una donna a focolare, lei stessa fiamma impalpabile come eco dispersa; eppure, grida, sanguina, sfuria e ricorda: i suoi desideri, le lasse speranze, i suoi Penati, e la pena della conoscenza, dell’esser terra quando il mondo evapora nell’inganno dei falsi miti, delle divinità in frantumi, in attesa di un Godot che mai arriverà.  Ampolla uterina, invaginata nella umana speranza, d’esser riconosciuta: è una Cassandra post-apocalittica, che ha già visto le Furie e i dannati, che ci chiama per nome, al nostro posto nel tempo; verso una vita transeunte, precaria, a sgambettare impauriti, eppure ci tocca, è il nostro destino.

E l’attesa aumenta, monta, nelle parole e nei gesti della Bergamasco, nel tessuto d’una trama individuale, eppure collettiva, che ci avvolge come nebbia sibillina: ma squarciare il velo della disillusione, della menzogna e dimenticanza, è pur sempre il nostro destino, il nostro senso ultimo e finale, escatologico. La drammaturgia di Cappuccio rende l’essenza profonda di un’anima scarnificata, nuda fino ai tendini, alle ossa, musa ultramondana che dalla polvere interpella il suo pubblico, a crogiolarsi sì in spazio scenico, ma travalicandone il limen: la maschera è alzata sullo spirito mimetico d’una crisi che s’avvita su sé stessa, al tempo del flagello, d’economia pandemica, d’umanità al limite, del cupio dissolvi ad avvolgere il nesso: dalla polvere s’innalza un singolo, straziante grido, un monito all’uomo per cambiare sé stesso.

Spettacolo notevole, perfetta la Bergamasco. Da vedere, applausi, chapeau, sipario.

 

RESURREXIT CASSANDRA
di Ruggero Cappuccio
ideazione, regia, scenografia, film Jan Fabre
con Sonia Bergamasco
musiche originali Stef Kamil Carlens
effetti sonori Christian Monheim
costumi Nika Campisi
disegno luci Wout Janssens
foto di scena Hanna Auer

 

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