ALDIQUALDILA' Tre Maschere Dell'aldiqua Nell'aldilà Dantesco, da un’idea di Dario Menee, Ettore Nigro, Giuseppe Pestillo, testo di Giovanni Del Prete, Ettore Nigro

Teatro Sannazaro - 2 e 3 novembre 2021, ore 21

Servizio di  Pino Cotarelli e Rita Felerico

Napoli – È un omaggio a Dante nel settecentenario della sua morte lo spettacolo Aldiqualdilà che inaugura il ciclo ‘prime di settimana’ al Teatro Sannazaro, uno spettacolo particolare nel quale lo stile e il linguaggio della commedia dell’arte si lega a quello del testo poetico più letto, tradotto e amato. Può sembrare un azzardo, una sfida surreale; ma qui il Teatro, il fare teatro, mostra la sua immagine più sensibile, divenendo una pratica, un atteggiamento per comprendere le relazioni che esistono fra il nostro pensiero, il nostro pensare e il vivere la realtà, il mondo che costruiamo nella nostra testa come un film e le ‘cose del mondo’ così come sono. Il fare teatro in questo caso è l’invito rivolto al pubblico da parte degli attori in scena ad attraversare questa vita/film per raggiungere altre mete – la libertà - con gli strumenti che il teatro, fin dalle sue origini, offre. “I tipi fissi della Commedia dell’Arte vengono riportati all’inizio dello spettacolo in maniera purista, rispettandone la specificità storica e popolare”, dichiara Arduino Speranza, attore e insegnante di teatro in numerose accademie, studioso della Commedia dell’Arte. E gli incontri che si susseguono per Arlecchino, Pulcinella e Capitan Fracassa sono simili a quelli che compie Dante nella sua immaginifica foresta. 

L’esperienza del viaggio trasporterà i protagonisti dal buio dell’inferno – che è il buio dell’intelletto – alla paradisiaca luce, attraversando il purgatorio, in cerca di quella purificazione donata da Beatrice, una volta allontanatisi dalla costrizione della contemporaneità. In questo senso il teatro diviene esperienza destabilizzante, immaginando sia possibile un mondo diverso. Per realizzarlo dobbiamo porci delle domande, sconfinare i nostri pregiudizi e configurazioni comportamentali, preordinate, tese solo a velare la realtà e la nostra capacità di comprendere e creativizzare. La figura della donna – che racchiude i simboli del nuovo linguaggio - è così fondamentale e vivifica: “Il viaggio terminerà in una catarsi finale sospesa: cercano un posto e trovano qualcosa di più profondo. Il discorso sull’uomo si compie, come si compie anche il discorso sul piano attoriale, guidati dalla donna, l’Attrice, l’unica che vive in modo sano l’identità attoriale. L’Attrice diventa il principio germinativo di vita e di morte, riesce con serenità ad entrare e a uscire senza aver paura di rinascere/morire o perdere il ruolo e il posto. La donna, in questo modo, diventa l’Arte stessa, l’unica che riconosce e indica la vera strada, quella senza veli e senza maschere”, così scrive nelle note di regia Giovanni del Prete

Bellissimi i costumi a firma di Anna Zuccarini, le scene di Ciro Palumbo realizzate da Filippo Stasi e Francesco Bellella, le maschere di Renzo Sindoca zoomorfiche (arlecchino-gatto, pulcinella gallina/pulcino, capitano-gallo) e l’ultima di Pulcinella di Alberto Ferrara che fungono proprio da tramite tra l’aldiqua e l’aldilà, le musiche originali di Tommy Grieco, ben coordinata l’organizzazione generale di Viola Forestiero, che è anche produzione. Una attenzione particolare va alle tecniche messe in scena; lo spettacolo si avvale infatti di due artisti visivi che hanno saputo fondere tradizione e modernità: il pittore metafisico e surrealista di fama internazionale Ciro Palumbo, le cui opere sono presenti nelle maggiori gallerie d’arte d'Europa; e il videomapper Alessandro Papa, docente all'Accademia di Belle Arti di Napoli. La tecnica del videomapping consente non solo un allestimento agile e adattabile a qualsiasi spazio, ma di mantenere la tradizionale e tipica struttura “a scenari” della Commedia e il travestimento dei commedianti, viene sottolineato nel comunicato stampa. Bravissimi gli attori del cast  composto da Anna Bocchino -  la donna che con eleganza, spogliata degli abiti, nelle movenze simboliche e ricercate, nei gesti elegantemente elargiti nello spazio del palcoscenico rendendolo etereo, cerca empatiche parole e segni di comunicazione per il nuovo linguaggio che vedrà riscontro solo nelle parole di Beatrice - Gaetano Franzese - un Arlecchino dalle giuste movenze e significazioni corporee - Antonio Vitale  - un bravissimo Pulcinella che  non ha mai sconfinato dai limiti di una ben contenuta comicità – e  Ettore Nigro – un Capitano che nella sua prorompente sicurezza esprime tutte le debolezze, non solo degli uomini ma anche del Teatro, che muore se smette di essere domanda e dubbio. Bravi gli attori anche nell’unire in parallelo l’interpretazione dei versi della Commedia dantesca con le battute delle maschere dell’arte, abbandonate, dopo la catarsi, alla fine del viaggio, sul ceppo di un albero, libero ora dalle “ingannevoli” foglie dell’eden.

Una domanda ai protagonisti:

per il regista Giovanni del Prete

«La morte può anche non essere tragica, ma ogni sopravvivenza è involontariamente comica», una frase di Giambattista Tiepolo, pronunciata nel suo dialogo immaginario con Pulcinella. Possiamo dire che è stata scelta per descrivere uno dei punti fondamentali che segnano il progetto dello spettacolo?

Si...la vita di tutti nasconde tragedia e commedia insieme: il grottesco, infatti, si annida ovunque, determina i passi di ognuno, e ci accompagna nel viaggio fino alla fine. I percorsi sono paralleli, a volte si incrociano, a volte si dividono, ci elevano verso paradisi perduti o ci trascinano in quotidiani inferni; sta a noi scegliere la strada e riconoscere se stessi per il nuovo umanesimo di questo millennio.

 per Arlecchino

La comicità di questa maschera in che modo si avvicina alla lettura simbolica del testo?

"Dove devo andare? Cosa devo fare? Son perso!". Queste sono le prime battute pronunciate da Arlecchino in questa commedia. La maschera veneziana parte da un profondo senso di smarrimento a causa della scomparsa dei suoi padroni e la conseguente perdita del suo ruolo di servitore.  Il viaggio che intraprende attraverso questa commedia è volto proprio alla ricerca del padrone. Arlecchino pur essendosi smarrito, rimane aggrappato alla sua identità di maschera: rivendicando il proprio nome e il proprio vestito. La comicità credo sia dovuta alla sorprendente leggerezza con la quale Arlecchino affronta i suoi disagi esistenziali. È una risultante comica sicuramente il fatto che sia spinto da un momento di forte vitalità proprio mentre cerca di capire qual è il modo migliore per morire insieme a Pulcinella. Il cortocircuito no sense della soluzione è: "Facciamo così: tu uccidi me e una volta che io son morto, ti uccido!"

 per il Capitano

Possiamo immaginare che la presenza ‘rumorosa’ del Capitano esprima l’incapacità dell’ascolto dell’Altro? È questo il suo dramma?

Il Capitano della commedia dell’arte vede solo se stesso e ne è dimostrazione anche la maschera che indossa; sicuramente da questo si evince una grande difficoltà di ascolto, un dramma dell’insicurezza che si mostra in una eccessiva "rumorosità". I capitani, vicini e lontani, hanno paura di non esistere, di non essere e riempiono il loro vuoto a colpi di gesta inventate, si immaginano eroi dei due mondi senza nemmeno riuscire controllare il loro piccolo mondo. Oggi i capitani siedono in quel centro di potere che sono le capitali del mondo; per questo la scelta di farlo parlare in dialetto romano unito a uno strano, maccheronico poliglottismo. L'uomo/ capitano si immagina eterno, immortale, ed è questo il suo dramma, non realizzare dentro di sé la sua finitezza.

 per Pulcinella

Lo scettico Pulcinella accoglierà nelle sue mani la luce di Beatrice. Come ti sei rapportato rispetto alla tradizione nell’interpretare questo Pulcinella?

Mi sono rapportato col dovuto rispetto per la tradizione, cercando di trovare un Pulcinella lontano dai cliché o quello raffigurato in maniera oleografica. C'è stato uno studio approfondito sulla maschera, compiuto con il regista, Giovanni Del Prete e il supervisore della commedia dell'arte, Arduino Speranza. Uno studio che mi ha portato ad un Pulcinella molto diverso: come le altre maschere deve intraprendere un viaggio, ma Pulcinella subirà una trasformazione che alla fine accetterà. Tutto questo lavoro, che possiamo definire di "innovazione" sulla maschera di Pulcinella, è comunque stato possibile grazie a ciò che ha rappresentato la tradizione, per me in questo lavoro punto di partenza per una la ricerca costante di un nuovo Pulcinella fresco, moderno, non oleografico e uguale a tanti altri che si sono visti nel corso del tempo. Spero di esserci riuscito.

per   Matelda

Il tuo è il personaggio positivo di questa commedia: cerca le parole necessarie per comunicare, cerca di spiegare, cerca il cambiamento, cerca la condivisione nell’esperienza del viaggio verso la luce e per farlo c’è stata l’esigenza di denudarsi. Ti sei ispirata a qualche modello in particolare o hai appreso da più modelli?

Per la figura emblematica di Matelda abbiamo cercato di entrare perfettamente in sintonia con l’aspetto visivo dello spettacolo, molto determinante in questo caso. Avendo “costruito” il nostro aldilà dantesco attraverso il mondo altamente simbolico dei dipinti, poi videomappati, del pittore Ciro Palumbo, ho immaginato veramente di muovermi sulla scena come in un dipinto. Ho cercato di trasferire i significati legati alla figura di questo misterico personaggio del paradiso terrestre con semplicità. Il nostro nudo scenico ha voluto comunicare la semplicità e la forza che il nostro corpo racchiude già in sé stesso. Aiutata dal mascheramento velato del mio viso e dei miei capelli, ho potuto trasferire la levità, l’armonia, la purezza, la femminilità spoglia di qualsiasi orpello e connotato, attraverso il mio “esserci” in quanto tale e nient’altro. Ho cercato di ridurre ad ogni costo ogni possibile altro significato legato ad un corpo nudo. Grazie anche alla elegantissima soluzione della nostra costumista, ho immaginato di essere un particolare. ‘Magritte in una primavera Botticelliana’!

Una rappresentazione di pregevole fattura e notevole impegno, che ha richiesto una preparazione attoriale capace di sincronizzare recitazione, mimica, movimento e dialetto, per rendere le maschere di arlecchino, pulcinella, capitano e Matelda, rispondenti ai canoni e alle aspettative. Il pubblico, accompagnato dall’eleganza della bella e significativa scenografia, divertito, ha seguito con attenzione il racconto-percorso dantesco, apprezzando i diversi messaggi espressi da questa drammaturgia non scontata e di grande presa ed effetto.

Foto  di Marilena Vitale 

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