“Il mio Viviani” testo e regia di Mario Aterrano- liberamente ispirato alle opere di Raffaele Viviani

Al Teatro Sancarluccio di Napoli il 7 maggio per la rassegna LesPrimtempsdespotes et desartistes

Servizio di Francesco Gaudiosi

Napoli - Per molti teatri a maggio già si va “in vacanza”, proponendo cartelloni teatrali quasi inesistenti,  con la testa dei direttori artistici già proiettata alla prossima stagione teatrale, pronti per accaparrarsi i migliori spettacoli presenti sul panorama nazionale. Il Sancarluccio invece fa eccezione, proponendo una rassegna di teatro, musica e danza- LesPrimtempsdespotes et desartistes– a cura di Giuseppe Mascolo, contenuta nel Maggio d’arte del Nuovo teatro Sancaluccioe nel Maggio dei Monumenti 2015Il mio Viviani sigla il secondo appuntamento con la suddetta rassegna; spettacolo liberamente ispirato a tutta la produzione drammaturgica dell’indiscusso maestro napoletano. La regia e lo stesso testo teatrale sono firmati da Mario Aterrano; sulla scena, in compagnia dell’artista partenopeo, Thayla Orefice, Marco Palmieri, Ciro Meglio, Anna Spagnuolo,  la ballerina Carolina Aterrano ed il pianoforte di Ciro Cascino.
Il mio Viviani è uno spettacolo emozionante e promosso a pieni voti, espressione personale e collettiva di un tributo doveroso e dignitoso al maestro Raffaele Viviani,  grazie ad un’esecuzione scenica minimalista in termini di scenografia ma efficace in quelli interpretativi. Anche la presenza del solo pianoforte conferisce quell’aura di essenzialità e di semplicità, di cui Viviani si fa portavoce, dove la musica si fa complice della parola, ma è quest’ultima il nucleo, l’elemento centrale della rappresentazione scenica. Ne viene fuori una lucida e commovente analisi della parola, uno studio di caratteri e di personaggi che passano dalla drammatica quotidianità della Grande Guerra vissuta a Napoli a gag e macchiette irresistibili del Varietà anni 20.

Perché Viviani è proprio questo, il pianto ed il riso nella stessa maschera, la tragicità della misera quotidiana e la vis napoletana del tirare a campare, dell’ingegnarsi insoliti stili di vita pur di sopravvivere alla povertà. Solo un maestro come Viviani è riuscito a conciliare con la parola e con la musica questi due elementi, pur cristallizzandoli nella realtà della Napoli anni 20. Viviani infatti paga spesso il prezzo di non finire ricordato nell’Olimpo dei drammaturghi del 900 all’interno della storia del teatro, forse perché legato ancora a quellascena dialettale non formalmente riconosciuto a livello nazionale, forse perché proprio in quegli anni De Filippo riusciva ad unire quell’elemento tragicomico, già proprio di Viviani, a drammaturgie attualissime e visionarie, non rinchiuse in un campo d’azione regionale.
Con ciò non si vuole naturalmente escludere il successo internazionale che in quegli anni riscosse Viviani, con continui spettacoli anche nel Sud America, ma è innegabile che ormai registi ed attori contemporanei temono di portare in scena questo sommo autore perché difficile da “esportare” nel contesto del panorama teatrale italiano.

Ritornando alla messa in scena, Aterranomescola sapientemente  il teatro cantato con i più celebri successi di Viviani, da Bambenella al Guappo innamorato, passando per o’ nnammurato mio, per poi inserire scene di alto livello drammatico, concludendo infine con un Varietà divertente e di un ritmo comico indiscussamente encomiabile. Alcuni spettatori dopo il Varietà, nonostante si sia ritornati ad un contesto più serio ed impegnativo, ancora non riescono a trattenere le risate per gag e macchiette riuscitissime.
In sostanza un ricordo di Viviani ben costruito, con un lavoro sia a livello drammaturgico che interpretativo indubbiamente apprezzato dal pubblico del Sancarluccio.

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