Toni Servillo conquista anche Avellino
Sold Out per Servillo con il
suo Eduardo al “Gesualdo” di Avellino
Servizio di Andrea Fiorillo
Servizio di Andrea Fiorillo
Napoli
- Sull’onda del meritatissimo ed altrettanto criticato Premio Oscar conquistato
insieme a Paolo Sorrentino per il miglior film straniero con “La Grande Bellezza”, Toni Servillo arriva al
Teatro “Carlo Gesualdo” di Avellino con "Le Voci di dentro" del
grande Eduardo De Filippo, a trent'anni dalla sua morte.
Per
la prima volta a teatro dopo la vittoria di Los Angeles, a dieci anni di
distanza dal grande successo di “Sabato domenica e lunedì”, e dopo lo
straordinario successo conseguito su tutti i palcoscenici del mondo, da
Marsiglia a Chicago, da San Pietroburgo a Londra, la città campana ha accolto il grande attore casertano e la sua
compagnia con un sold out senza precedenti per una delle opere più amate del
teatro eduardiano.
In
scena dal 29 aprile al 2 maggio 5mila presenze, provenienti da tutta la
Campania per lo spettacolo che conclude la XII stagione teatrale, organizzata
in sinergia con il Teatro Pubblico Campano.
In un’atmosfera sospesa fra realtà e illusione, dove il sogno si confonde ripetutamente con la
verità, l’incomunicabilità diventa filo conduttore e salvezza necessaria per chi vuole
mantenersi estraneo e al di fuori dalle meschine vicende del mondo.
Zi’ Nicola, protagonista dell’amara commedia “Le Voci di dentro”, ha smesso di
parlare poiché il mondo non lo ascolta più. Sullo sfondo l'Italia
uscita da quella guerra che ha portato le nevrosi e disillusioni, la difficoltà nel quotidiano "tirare a campare", e l'abbrutimento
dell'uomo che ormai vede nell'altro un suo nemico.
“Eduardo
De Filippo è il più straordinario e forse l’ultimo rappresentante di una drammaturgia contemporanea
popolare, dopo di lui il prevalere dell’aspetto formale ha allontanato sempre più il teatro da una
dimensione autenticamente popolare – spiega Toni Servillo – E’ inoltre l’autore italiano che con maggior
efficacia, all’interno del suo meccanismo
drammaturgico, favorisce l’incontro
e non la separazione tra testo e messa in scena. Affrontare le sue opere
significa insinuarsi in quell’equilibrio
instabile tra scrittura e oralità che
rende ambiguo e sempre sorprendente il suo teatro. Seguendo il suo insegnamento
cerco nel mio lavoro di non far mai prevalere il testo sull’interpretazione, l’interpretazione
sul testo, la regia sul testo e sull’interpretazione.
Il profondo spazio silenzioso che c’è fra il testo, gli interpreti ed il
pubblico va riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo
replica”.
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