Hamlet travestie, di Emanuele Valenti e Gianni Vastarella- regia di Emanuele Valenti
Al Teatro Nuovo di Napoli il
28 ed il 29 aprile
Servizio
di
Francesco Gaudiosi
Napoli- Punta Corsara è una
compagnia che, per i meno esperti, può considerarsi quale rivelazione, ma, allo
stesso tempo, per gli intenditori di teatro, si prefigura come realtà già nota
da cinque anni nel panorama teatrale italiano. Una compagnia di artisti
partenopei affiatati e dotati di capacità registiche e drammaturgiche, in grado
di portare uno spettacolo quasi interamente in napoletano oltre i confini
regionali (non a caso la produzione dello spettacolo è firmata dal teatro
romano Franco Parenti).
Prima di cominciare a
parlare della effettiva messa in scena, sarebbe opportuno accennare alle
“fonti” drammaturgiche di questo spettacolo: la riscrittura di
Valenti-Vastarella prende liberamente ispirazione dall’omonimo lavoro in chiave
burlesque di John Poole (con spiccati elementi parodistici) e dal coloratissimo
Don Fausto di Antonio Petito, non ignorando, ovviamente, il capolavoro
shakespeariano Amleto che funge da colonna portante dell’intera messa in
scena.
Da questo turbinio di
culture, testi e personaggi ne viene fuori una drammaturgia ben scritta,
contestualizzata nella città di Napoli “importando” ed adeguando perfettamente
l’Amleto danese a quello partenopeo. L’affresco è quello di una Napoli dove la
sopravvivenza quotidiana è l’elemento centrale nella società contemporanea: il
lavoro, la casa, i debiti, i figli, gli strozzini. Elementi caratterizzanti
della povertà di questa città che però seguono parallelamente quel filone
tragico del lavoro shakespeariano, quelle geometrie che rientrano nel quadro
generale e che contribuiscono a creare nell’Amleto napoletano, così com’era in
quello danese, quel senso di esasperazione, di inadeguatezza alla società, di
insofferenza al mondo esterno. Il “to be or not to be” classico diventa il
“song o nun song” dell’Amleto napoletano. L’elemento tragico e serioso del
racconto viene però non solo “contemporaneizzato” ma anche affiancato alla
indelebile e riconoscibile ironia napoletana: quella che vede nella
sopravvivenza quotidiana anche un motivo di scherzo, quella ironia
perfettamente cosciente di cosa vogliano essere il gioco ed il lavoro, ma così
brava a far convivere questi due elementi nella stessa realtà, al punto di non
distinguere più l’una dall’altra.
Sul paloscenico Giuseppina
Cervizzi, Christian Giroso, Carmine Paternoster, Valeria Pollice e gli stessi
scrittori del testo, Emanuele Valenti e Gianni Vastarella riescono a mettere in
scena proprio quell’elemento che ci si aspettava di vedere all’interno dello
spettacolo in questione: quella congiuntura indissolubile di tragedia e di
farsa, di realtà e di recitazione, di pazzia e di verità.
Si ride al momento giusto, ma soprattutto si
pensa anche nei momenti in cui gli avvenimenti spingono Amleto a quel tragico
omicidio, laddove il confine tra pazzia e lucidità diventa intangibile.
Non sorprende quindi
constatare che un lavoro del genere è candidato al premio
Hystrio 2014/2015. E non sorprenderà nemmeno che esprimiamo il nostro augurio
più caloroso di successo a questo spettacolo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Commenti
Posta un commento