“IVAN E IL DIAVOLO” DA FEDOR DOSTOEVSKIJ

PROGETTO E REGIA DI ALBERTO OLIVA E MINO MANNI

Al TeatroGalleria Toledo dal 13 al 18 gennaio
 

servizio di Andrea Fiorillo

 
Continua il percorso intorno al grande scrittore russo Fëdor Dostoevskij dellAssociazione I demoni, gruppo milanese composto da Alberto Oliva e Mino Manni, approdati alla Galleria Toledo con lo spettacolo Ivan e il Diavolo, (tratto da Il Grande Inquisitore, un fondamentale capitolo del romanzo I fratelli Karamazov) di cui oltre ad essere i protagonisti, curano anche il progetto e la regia.
In  scena nello   spazio  dei  Quartieri spagnoli dal  13 al 18 gennaio, lo spettacolo  ruota  intorno  allinquietudine dellanimo umano, portando gli spettatori negli angoli piùoscuri della mente di un uomo, Ivan appunto, che riflette ossessivamente sulla vita e sullassurdità del reale.

Il suo continuo incontro/scontro con il diavolo diviene lotta interiore, immagine della necessitàumana di dare risposte a situazioni che sembrano non averne, in un mondo che sembra richiedere la sofferenza innocente per costruire larmonia eterna.

Il diavolo invece, personaggio ben lontano dallidea spaventosa passata da sempre nellimmaginario collettivo, diventa una sorta di buffone di corte, che alleggerisce e sdrammatizza, ma che allo stesso tempo porta con se una veritàassoluta, ossia che la lotta tra Dio e il diavolo presente nella vita delluomo è l'essenza stessa della vita, altrimenti tutto si spegnerebbe in un piatto osanna, perdendo lo stimolo della ricerca, che èsempre inquietudine.

Il tutto si svolge in un ambiente degradato, logoro e sudicio, realizzato da Serena Zuffo,che, secondo quanto affermano i registi stessi,  serve a dar forma alla rappresentazione esterna dellanima di Ivan: un interno-bagno, che dovrebbe fungere da luogo di purificazione e pulizia e che, al contrario, èpiùsporco di una latrina pubblica. Lorrore di vedere la perversione quando ha la meglio sul lato umano, sullinnocenza. Lorrore che nasce nelluomo quando comprende che il male in séèseducente, nonchéendemicamente parte del proprio essere.

Un Dostoevskij che cerca leggerezza, che trova dei momenti di intensità, ma che manca dell energia indispensabile per fare quellulteriore passo in avanti che sarebbe auspicabile.

 

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