“Via D'Amelio, 19 – Cronaca di una morte annunciata”
Lo spettacolo di
Ciro Pellegrino al Nuovo Teatro Sanità nel segno dell'impegno
civile. Per non dimenticare
Servizio di Guerino Caccavale
Napoli. Un cumulo di macerie, brandelli di qualsiasi cosa, caos e incomprensione in una giornata d'estate assolata e bruciata più che mai: è il 19 luglio del 1992 e la strage di via D'Amelio è compiuta. Paolo Borsellino muore assieme alla sua scorta, tranne Antonio Vullo che rimane gravemente ferito.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Servizio di Guerino Caccavale
Napoli. Un cumulo di macerie, brandelli di qualsiasi cosa, caos e incomprensione in una giornata d'estate assolata e bruciata più che mai: è il 19 luglio del 1992 e la strage di via D'Amelio è compiuta. Paolo Borsellino muore assieme alla sua scorta, tranne Antonio Vullo che rimane gravemente ferito.
Al
Nuovo Teatro Sanità, dal giorno 11 aprile sino al 13, è andato in
scena “Via D'Amelio, 19 – Cronaca di una morte annunciata”,
scrittura e regia di Ciro Pellegrino, con Paola Maddalena, Sergio
Savastano, Sara Missaglia, Fabio Balsamo e lo stesso Pellegrino. Sul
palco il sedile di un'auto squarciata e attorno i frantumi di una
città, Palermo, che accoglie il boato in un vuoto sonnifero quasi
incosciente.
Un
velo trasparente copre la scena e funge da schermo su cui sono
proiettate immagini, ricordi e parole di un uomo, prima ancora che
magistrato, come Paolo Borsellino che non si può scindere dal suo
grande amico Giovanni Falcone e dalla lotta alla mafia che entrambi
intrapresero, consci di essere dei cadaveri viventi. E' sempre
toccante vedere la foto che li ritrae insieme, sorridenti.
“Palermo
non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perchè il vero
amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo
cambiare”, in queste parole c'è tutto Paolo Borsellino, il suo
coraggio e l'amore per una terra, la Sicilia, relegata in un luogo di
dimenticanza e indifferenza in base ad una sorta di tacito accordo.
Oppure no.
Fisicamente
molto simile, l'attore Sergio Savastano si immedesima nel grande
magistrato palermitano raccontandone le tappe della sua vita e tutti
gli avvenimenti che gli si dipanarono attorno, come l'uccisione del
magistrato Chinnici e dell'investigatore Boris Giuliano, delle
vittorie e sconfitte del pool Antimafia, fino a giungere alla strage
di Capaci in cui perse la vita l'amico fraterno Giovanni Falcone.
Sullo sfondo anche i suoi ricordi familiari, le sue gioie, le
amarezze, l'Agenda Rossa, le speranze e la coscienza che, dopo la
morte di Falcone, stessa sorte sarebbe toccata a lui.
Oltre
a Savastano, bravi tutti gli altri interpreti a rievocare tali
ricordi, a rappresentarli e a mostrarci un Paolo Borsellino non solo
coraggioso ma umano e, come tale, avvinghiato da dubbi e paure che
pesarono come anni in ognuno dei 57 giorni che lo separarono dalla
uccisione di Falcone. Il velo trasparente che si erge tra il pubblico
e il palco rappresenta ciò che sta dietro ad ogni accadimento e solo
strappandolo si può trovare la verità. Musiche forti e alquanto
sofferte, luci molto scarne, una scenografia al limite del buio
assoluto ed in cui l'unica luce è rappresentata dalle idee e dalle
vicissitudini di Paolo Borsellino, che rimarranno per sempre accese,
e dalla speranza che un giorno tutto potrà cambiare. In Italia, non
solo in terra sicula.
Ciro
Pellegrino ha scritto questo spettacolo non solo per informare in
modo preciso su avvenimenti causati dalla mano mafiosa, ma
soprattutto per NON DIMENTICARE mai l'operato di veri eroi come
Falcone, Borsellino e tanti altri che hanno pagato con la vita il
loro coraggio. Non altri pseudoeroi. La solitudine del loro ambiente
istituzionale, oltre alle bombe, li ha uccisi. Non li ucciderà (e
non deve) la memoria, altrimenti la loro morte non sarà servita a
nulla. Sta a tutti noi tenere vivo il loro ricordo, anche con uno
spettacolo come questo, lucido, didattico e non fine a se stesso,
emozionante ma soprattutto non retorico.
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GRAZIE!!!
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