Al Teatro Troisi di Napoli "C - COME CHANEL" con Milena Vukotic e David Sebasti
Servizio di Maddalena Caccavale Menza
Artista popolarissima
grazie al ruolo di nonna Enrica nel Medico in famiglia, Milena Vukotic sarà
per tre giorni, dall’11 al 14 aprile, al
Teatro Troisi di Napoli per interpretare la grande stilista francese Coco
Chanel. E chi poteva farlo se non lei che è l’emblema dell’eleganza e della
raffinatezza? Insieme sul palco l’attore David Sebasti (in passato uno dei “Medici
in famiglia”).
Milena Vukotic, come nasce questo spettacolo?
“E’ nato dalla mente
del regista Roberto Piana, che aveva in mente qualcosa su questo personaggio
così particolare, Coco Chanel. E’ una donna eccezionale, a prescindere da quello che ha creato nel mondo della moda e
che continua a rappresentare per l’eleganza femminile. E’ andata oltre ciò che
i comuni mortali possono fare e lo ha fatto partendo dal basso. E’ rimasta
orfana di madre molto presto e, quando aveva 6-7 anni, il padre è partito e non
è più tornato. Quindi ha avuto un’infanzia durissima e ha cominciato come
modista (realizzando cappelli) e poi ha scalato tutte le tappe, andando
controcorrente e dettando legge, dando per la prima volta alla donna la libertà
di valorizzare il suo corpo, accorciando le gonne e aumentando nella donna, la
consapevolezza della propria forza. Non è stata una donna simpatica, si dipinge
molto dura però, allo stesso tempo, molto generosa con i suoi amici che ha
aiutato nei momenti di bisogno tra cui la compagnia dei balletti di Diagjlev ,
che versava in difficoltà finanziarie. Ma lo spettacolo non è tanto una biografia quanto
un mosaico raffinato d’immagini, che restituisce l’identità di Coco e
tratteggia il profilo di un mondo in cui a far compagnia a Chanel vi erano dei
personaggi come Cocteau, Stravinskji ,
Picasso.”
Chi sono gli altri artisti che collaborano allo
spettacolo?
“Ho voluto che fosse
Valeria Moretti, che conosco e stimo perché ha scritto per me Alice e Medea a vergare
il testo. Poi ho la fortuna di avere come costumista Alessandro Lai, che nel
campo è una celebrità, ha realizzato per me dei costumi bellissimi ed ha
esperienza con la Maison Chanel. Lo stesso regista, Bobo Piana viene dal mondo
della danza, dal Lyric Theatre. Con me recita, nel ruolo di quattro personaggi,
importanti per la stilista: Cocteau, Stravinskij, un giornalista americano e il
padre che lei ha sempre cercato per tutta la vita e che appare alla fine.”
Lo spettacolo ha già debuttato o è una ripresa?
“Eravamo stati due
settimane a Milano l’anno scorso, poi a Biella.”
Farete altre tappe oltre Napoli?
“Sì, andremo qualche
giorno a Torino e a Lugano e poi si vedrà.”
Il 24 aprile uscirà il film del compianto Carlo
Mazzacurati, morto prima di vedere in sala la sua opera, La sedia della felicità, a cui va il nostro affettuoso tributo per
la sua opera, in cui lei interpreta un piccolo ruolo. Quale?
“Anch’io mi unisco
all’omaggio a questo regista, scomparso troppo presto. Il mio ruolo è quello di
una veggente dove si reca la coppia per avere conforto.”
Lei porta lo stesso nome della regina del Montenegro ed
ha avuto una famiglia di artisti : commediografo del Montenegro suo padre e una
pianista italiana sua madre. Quanto è stata importante la sua origine?
“Molto importante
perché mio padre è stato un uomo di pensiero come si dice, un uomo di lettere.
Aveva scritto per il teatro e Pirandello
gli aveva dato il permesso di tradurre la sua opera. Fra mio padre e mia madre
che era musicista, allieva di Respighi e compositore, io sono stata proprio sostenuta e
cullata nell’ambito del culto per l’arte. In questo senso, sono stata più che
sostenuta nell’impegno e nell’amore per le cose che faccio e ciò continua anche
oggi che, purtroppo, loro non ci sono
più.”
Quindi, la sua famiglia l’ha influenzata moltissimo.
“Sì, è stata
determinante in quanto, per me, è stato proprio naturale avvicinarmi all’arte.
Prima ho cominciato col pianoforte poi con la danza, una parte importante della
mia vita in quanto è stata la base del mio essere una persona di spettacolo.
C’è stata prima la danza, che ho studiato con grande impegno. Sono stata
all’Opera di Parigi, al Conservatorio di Parigi, poi sono entrata in compagnia
ed ho ballato professionalmente nella Compagnia del Marchese di Cuevas che era
una compagnia importante in quanto succedeva ai Balletti Russi di Djagilev nati
a Montecarlo.
La mia storia inizia nella
danza, dopodiché sono arrivata a Roma dove c’era la mia mamma e dove ho
ricominciato ad occupami di quello che era il mio grandissimo desiderio di fare
del teatro. Già prima studiavo recitazione in francese a Parigi e poi ho dovuto
mettere da parte lo studio perché viaggiavo. Viaggiavo per il mondo con la
compagnia del Marchese di Cuevas e anche con Roland Petit con cui sono stata
sei mesi. Poi, dopo circa quattro anni
di tournée, ho ricominciato un po’ daccapo perché, nonostante sia nata a Roma,
ho dovuto studiare come doveva essere il modo di esprimersi in italiano. C’è un
modo di recitare in italiano che cambia sicuramente e da lì poi è cominciato il
mio percorso con il cinema perché io ero venuta a Roma anche dopo aver visto La strada di Fellini a Parigi e aver
deciso che volevo assolutamente entrare nel mondo di Fellini, nel suo universo
che continua sempre ad attingere le parti più importanti dentro di me.”
Lei ha lavorato con Fellini. Come è andata?
“Avevo una lettera di
presentazione con cui mi sono avvicinata a lui e ci ho lavorato in Giulietta
degli Spiriti ma Federico Fellini per
me è stato soprattutto un amico. Un grande fratello col quale potevo parlare,
mantenendo il dovuto rispetto e la consapevolezza della fortuna che avevo di
godere della sua amicizia e di quella di Giulietta altrettanto importante e
partecipe. Mi hanno legato a loro e, comunque, ho avuto questo grande
privilegio che tengo prezioso dentro di me.”
Ha recitato con grandi registi: Ettore Scola, Buñuel, Wertmuller. Se tra questi,
oltre a Fellini, c’è un regista preferito e perché?
“Credo che ogni
regista abbia, nel momento in cui si lavora in un film, qualcosa da dire per cui in quel momento tra
attore e regista si stabilisce un legame e una simbiosi per cui si pensa che
sia veramente un punto d’incontro forte
e importante e lo è. Poi si passa ad un
altro film e ad un altro regista e succede la stessa cosa per cui ognuno ha segnato un forte impatto. Ad
esempio, con Tarkovskij ho fatto
pochissimo, nel film Nostalghia ma sono
rimasta colpita anche se con lui non c’era un grande legame avendo lavorato
pochi giorni eppure a suo modo quell’esperienza mi ha lasciato un segno. Molto
affascinante Lina Wertmuller che è stata
fra le prime con cui ho lavorato. Prima ho fatto Giamburrasca poi un film con lei dal titolo Questa volta parliamo di
uomini in cui facevo la moglie di Manfredi, la storpia, la moglie del
lanciatore di coltelli. Tre, quattro anni fa mi sono confrontata con un’opera
molto importante Lasciami andare madre, il lavoro di Helga Schneider con Herlitzka alla regia per cui è forse la regista con la quale ho lavorato
di più sia al cinema che in teatro e in televisione. Poi Bolognini, Risi, Scola, Damiano Damiani che
ha segnato il mio esordio al cinema. Ma anche con Lattuada con cui ho fatto Venga a prender il caffè da noi, un grande successo, è stato molto bello.”
Tra gli altri registi con cui ha lavorato c’è anche Monicelli
di cui non abbiamo ancora parlato. La sua carriera riassume il migliore cinema
italiano. Ha fatto novanta film con i migliori registi . Che ricordo ha di
quest’esperienza?
“Monicelli è legato
ad Amici miei 1 e 2.
Anche in questo caso, Monicelli era un tipo tutto speciale, apparentemente così
burbero, però aveva un sottile senso dell’umorismo che era molto attraente. E’ stata bellissima
quest’esperienza anche con lui!
Il regista toscano
era abbastanza distaccato nel suo modo di
fare ma, alla fine, infondeva una certa
sicurezza. Grande perdita!”
Altra pietra miliare e scelta anticonformista è stata
quella d’interpretare la Pina, la famosa moglie disincantata ma sottomessa del
ragionier Ugo Fantozzi, che ha interpretato dandole uno stile surreale, un po’ clownesco che però,
a mio parere, la rende ancora più umana e vicina. Ci si compenetra nelle
vicende di questa donna che sta accanto ad uomo come lui cercando di esaltarlo
anche se lui la scansa per certi versi, la vorrebbe diversa perché ha questi
sogni proibiti per la signorina Silvani. E quindi lei ha accettato
d’imbruttirsi.
“Eravamo dei cartoni
animati per cui bisognava mettere da parte tutte le velleità sul tema della
vanità.”
E’ riuscita a rendere la potenza del personaggio della
Pina ricevendo un Nastro d’Argento
grazie all’interpretazione come migliore
attrice non protagonista per Fantozzi in
paradiso.
“La chiave del mio
personaggio, come sanno gli spettatori, è in questa battuta a cui Paolo tiene molto. Quando Ugo Fantozzi le chiede che
tipo di legame senta per lui la Pina risponde “non ti amo, ma ti stimo
moltissimo”. Ci tiene perché è proprio l’emblema del personaggio.”
Non ti amo. L’amore, rispetto all’amicizia, non può avere
la sicurezza, però la stima rimane! Un altro capitolo in cui lei si è rivelata
anticonformista e coraggiosa è stato il momento degli anni ‘70 in cui appunto ha posato nuda nell’edizione
italiana di Playboy e in un ruolo di prostituta nel film di Carlo Verdone in
cui appariva senza veli. Non ha avuto paura di essere etichettata?
“No, no. E’
cominciato come un gioco sempre legato al mio
fisico. Siccome avevo fatto il film Venga
a prendere il caffè da noi, dove noi tre sorelle Tettamanzi eravamo state ampiamente imbruttite, il
fotografo Angelo Frontoni, che conoscevo, mi aveva detto che, a suo parere,
avevo sia la possibilità di essere brutta che bella e voleva mettere in mostra
entrambi gli aspetti. Le sue fotografie non erano nudi integrali ma, comunque,
dovevano mostrare il corpo. Io ho accettato di comparire sull’edizione italiana
di Playboy ad una condizione che
Blasetti, con cui avevo lavorato in una piccolissima comparsata, scrivesse un
commento sia per le foto sulla bruttezza che per le altre. Lui accettò
perché mi amava tanto, è stata
una persona straordinaria e mi diceva che avevo delle possibilità. Così ho accettato.
Lui ha scritto un articolo su di me, che
facevo sempre dei personaggi dove erano sempre messi in rilievo i miei limiti e
i miei difetti e l’altra possibilità invece di avere mostrare la bellezza e
così è nata questa cosa. Io naturalmente non ho preso nessun soldo ma, anzi, un po’ di critiche da parte degli amici che mi
hanno detto che avrei potuto risparmiarmi quest’esperienza.”
Lei ha lavorato moltissimo in teatro con grandi registi
come Strehler, Zeffirelli, Paolo Poli. Se c’è un mezzo espressivo che
preferisce e perché?
“Gli attori seri e
impegnati dicono il teatro, io dico che il cinema mi dà più gioia. Amo proprio
tanto il cinema, sia farlo (anche con le sue contraddizioni) che vederlo. A
teatro, gli spettacoli di Strehler mi hanno sempre dato il massimo di quello
che si può avere a teatro. Per me, anche il fatto di lavorare con lui è stato
un raggiungimento molto importante.”
La definizione che Paolo Poli dà nel suo libro che la
assimilerebbe ad un burattino di Podrecca,
ossia un essere asessuato, aereo, tra l’altro anche molto coraggioso perché una
delle poche attrici che ha avuto il coraggio di lavorare con lui, di misurarsi
con una prima donna che cerca di oscurare tutti gli altri.
“Lui non cerca di
oscurare.”
Sì però nel libro sostiene che poche attrici si sono
misurate con lui e lei è una di queste.
“Paolo è in assoluto
la persona, l’amico, l’artista che io stimo di più. Ho fatto due, tre
spettacoli con lui e l’ho sempre visto totalmente distaccato da tutti e poi un
amico assolutamente insostituibile, al di fuori del lavoro al di fuori di
tutto. Una persona che mi è stata sempre molto vicina attivamente. Io gli sono
grata. A parte la gioia teatrale che
riesce sempre a comunicarmi.”
A proposito di cinema, ultimamente ha lavorato con Ferzan Ozpetek e anche su di
lui ho scritto un saggio, interpretando due personaggi in Saturno contro e in Un giorno
perfetto.
“E’ stato un
bell’incontro. Con lui avevo già lavorato quando faceva l’aiuto di Maurizio
Ponzi in un film che si chiamava Anche i
commercialisti hanno un’anima con Enrico Montesano e Renato Pozzetto. C’era
anche la Ferilli e io facevo una parte carina, che ho interpretato per sostituire Laura Betti in India anche se
non ero stata chiamata ed era una bella
parte e lì c’era Ferzan, che faceva l’aiuto.”
Dopo Ozpetek?
“Dopo Ferzan c’è
stato il bellissimo incontro con Carlo Mazzacurati, purtroppo, prematuramente scomparso, nel suo film che uscirà ad aprile e che
s’intitola La sedia della felicità.”
10 aprile 2014
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