Scaparro: “Nel mondo di Svevo per riflettere sulla dittatura del dio danaro”

Il regista porta al Mercadante “La coscienza di Zeno”, con Pambieri e lo storico adattamento di Kezich
Servizio di Anita Curci




Napoli - La fragilità dell’uomo contemporaneo, il potere delle banche in una Europa sempre più dominata dal dio danaro, la scoperta della psicanalisi. Tutto questo è “La coscienza di Zeno” che Tullio Kezich traspose per la scena dal romanzo di Italo Svevo, e che il regista Maurizio Scaparro porta al Mercadante dal 18 al 23 marzo, con Giuseppe Pambieri nel ruolo del protagonista, attore tra i più versatili della scena italiana. L’allestimento si avvale dello storico adattamento dal romanzo che ne fece Kezich nel 1964, portato già a teatro da Alberto lionello nello stesso anno, quindi da Giulio Bosetti nel 1987 e da Massimo Dapporto nel 2002. Nella Trieste cosmopolita di inizi Novecento, Zeno Cosini, partendo da una seduta di psicanalisi, evoca i momenti salienti della sua vita.

“La coscienza di Zeno” fa parte di una trilogia che lei, Scaparro, ha dedicato al nostro Novecento. Ce ne parla?

“Ho voluto dimostrare che l’Italia del secolo scorso ha una letteratura molto ricca. Ho scelto tre testi: ‘La governante’ di Brancati, dove il lato più sorprendente e attuale è quello di una Sicilia e di un’Italia dei nostri padri e dei nonni, dimenticato e sconosciuto ai più giovani, ma di cui è facile scoprire ancora oggi le tracce nella società. Brancati la mette in luce svelando i suoi tabù sessuali, il gallismo, i falsi moralismi, le divisioni etniche, le censure, le ipocrisie dei poteri ufficiali. Poi, assieme a Massimo Ranieri, in ‘Viviani Varietà’ ho rievocando il viaggio oltreoceano che Don Raffaele fece nel 1929 assieme alla sua compagnia sul piroscafo Duilio per una tournée in Sud America. Su quella nave un altro importante drammaturgo del Novecento italiano provò il suo spettacolo a beneficio degli emigranti che viaggiavano con lui, carichi di speranza e di timori verso un avvenire incerto”.

Ora, ecco la Coscienza di Zeno.

“… Ambientata in una Trieste cosmopolita, mercantile ma anche crogiolo culturale della Mitteleuropa tra la fine della Belle Époque e la Prima guerra mondiale. Qui si svolge la vita di Zeno Cosini, un uomo che è tutto e il contrario di tutto; vive uno strano rapporto con le donne, perno della sua esistenza, e con le banche, che svolgono un’attività fondamentale in città. È un essere debole. S’innamora di una donna bella, finisce per sposarne una brutta, che non ama. Ha una vita che lo tormenta.

Lei ha visto gli allestimenti che del romanzo hanno fatto in passato? In che cosa il suo se ne distingue? Ed è rimasto fedele al testo di Kezich?

“Non ne ho visto nessuno. In questa messa in scena abbiamo pensato solo a noi stessi. Resto fedele all’adattamento di Kezich, certo. Tullio mette in evidenza quell’Europa delle banche che, a sentir l’opinione di alcuni, è proprio l’aspetto distintivo del nostro spettacolo rispetto ai precedenti. D’altra parte, Svevo è un precursore, che smaschera proprio la dittatura del dio denaro, un problema oggi particolarmente sentito, che rende quest’opera ancora più attuale”.

Il Novecento è il secolo dell’introspezione e della psicanalisi. Lei crede nella psicanalisi?

Sono legato alla psicologia per motivi diversi. Intanto, mio fratello è un importante psicologo. E, poi, chi si occupa di teatro è quasi obbligato alla riflessione, al confronto con la psicologia. Questo vale specialmente per gli attori, che devono calarsi nei panni di un personaggio altro da sé. Per me quindi è una sorta di ‘non è vero ma ci credo’ ”.

Che cosa Zeno, “malato” nell’anima, può insegnare a noi contemporanei?

“Zeno è l’incarnazione  del mal de vivre, della debolezza dell’uomo di oggi. La sua vicenda dovrebbe farci comprendere che non bisogna finire succubi di un mondo dove la dittatura del denaro rischia di soffocare l’umanità e i sentimenti”.

Perché ha scelto Pambieri per il ruolo?

“Ho lavorato con lui nel 2011 in occasione del “Sogno dei mille” tratto da ‘Les Garibaldiens’ di Dumas, presentato al Napoli Teatro Festival Italia. Ci siamo trovati bene. Così, quando ho avuto modo di fare Svevo, ho subito pensato a lui. E’ moderno, ricco di talento, capace di umorismo. Ed è seguito dal pubblico”.

Progetti?

“Sì, tra Roma e Parigi. Sto preparando uno spettacolo dove c’entra anche Napoli e il suo Festival. E riprendo “Amerika”, un testo importante, dove quattro giovani europei vanno alla scoperta dell’America bizzarra immaginata da Kafka  nel suo romanzo omonimo”.




18 marzo 2014


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