Il “giocare” di Accorsi-Baliani, vera metafora dello spirito teatrale

Stefano Accorsi e Marco Baliani in scena al Teatro Nuovo con “Giocando con Orlando” fino al 2 marzo
Servizio di Francesco Gaudiosi

NAPOLI-Quando due anni fa Stefano Accorsi cominciò a portare il suo “Furioso Orlando” sulle scene con la regia di Baliani, forse mai avrebbe immaginato di arrivare a fare uno spettacolo con lo stesso attore- regista in una chiave decisamente nuova, fresca e suggestiva. “Lo scorso luglio ero ad Asti-racconta Baliani- per la regia della stagione estiva del Furioso Orlando  ma quel giorno l’attrice- Nina Savary- non è riuscita a prendere l’aereo, le scenografie non sono partite da Napoli e c’erano più di ottocento prenotazioni… Il produttore e gli organizzatori erano disperati, con Stefano Accorsi ci siamo messi a tavolino: siamo andati in scena così, senza costumi e senza luci, improvvisando. Lì è nata l’idea di creare una nuova messinscena, con soltanto noi due attori in scena, tornando un po’ al fondamentalismo del mio Kohlhaas. E’ un nuovo esperimento, una nuova tappa di lavoro”.  Esperimento perfettamente riuscito, che vede nella rappresentazione dei due attori una interessante trasposizione dei 38.746 versi del capolavoro dell’Ariosto, l’Orlando furioso. Lo spettacolo vede nella sua essenzialità il tratto caratterizzante e forse più giusto, grazie anche alla semplice scenografia firmata da Daniele Spisa e dai magnifici cavalli creati dall’artista Mimmo Paladino. Da lodare anche il disegno luci di Luca Barbati. Ad interessare non sono scenografie maestose, impianti scenici massicci e costumi ricercati, ma le voci , i corpi, le espressioni ed i movimenti di due attori che mettono la loro arte in gioco, immedesimandosi al punto tale nei personaggi da non riuscire più ad uscirne, a creare un universo di sensazioni che non colpiscono semplicemente lo spettatore, ma lo catturano del tutto. Come nella trama dell’opera, tanti cerchi concentrici si aprono lentamente, partendo da Orlando si arriva a parlare di Angelica per poi vorticare intorno a Ruggiero e Bradamante, fino ad arrivare alla narrazione di battaglie epiche ed imprese eroiche. Ma, se ci si aspetta una lunga e boriosa declamazione dell’Orlando Furioso, dopo aver visto lo spettacolo, si cambia decisamente parere: si interagisce, si scherza, si attualizza, si minimizza, si ingigantisce, si gioca. Il giocare è  il tema di fondo dello spettacolo, come ,tra l’altro, etimologia fondante dell’arte teatrale. Quel to play col quale ci si diverte ad essere cavalieri, dame, mostri e qualsivoglia altro personaggio, fiabesco o grottesco, si incontri nel turbinoso e giullaresco gioco della messinscena. “Ho provato allora ad immaginare Ludovico Ariosto tra quei giardini e in quelle sale che declamava il suo poema. Ma declamava poi? Come raccontava le vicende, c’era musica, la faceva lui, era da solo? Come gli nascevano i cambi di scena, l’abbandono di un filone per cercare una nuova puntata recuperando un eroe dimenticato alcuni capitoli prima? Una grande invenzione linguistica si accompagnava ad una grade intelligenza scenica. Un romanzo a fumetti, un compendio di future soap opere, un principio di foilletton”. Giusta e decisamente apprezzata, dunque, l’alternanza a momenti forti, come la perdita del senno di Orlando recitata dal magistrale Stefano Accorsi, a momenti comici e di interazione con Marco Baliani, ottimo interprete nel ruolo di un regista di scena che diventa spalla e coprimario, tende trappole e inventa strofe. Un gioco teatrale decisamente da vedere, perfetto persino nella fisicità e in tutti i suoni e nelle durate delle battute; in ogni respiro degli attori palpita un ritmo compiuto ed eccellente, nella declamazione una realtà ed un’immedesimazione tale da magnetizzare letteralmente lo spettatore. Ecco allora una messa in scena viva, vera, dove l’innovazione non si fa per modo di dire ma è realmente visibile sotto gli occhi di un pubblico che comprende la rarità di spettacoli semplicemente straordinari come questo.


1 marzo 2014

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