Al ntS’ “Di Carne” dal romanzo di Alessandro Gallo “Scimmie”
Per la regia di Maria Cristina Sarò
Servizio di Vincenzo
Perfetti
Napoli - Al ntS’ (Nuovo Teatro
Sanità) giunge, per un’unica data, un lavoro di rievocazione, di riflessione e
di incontro. Un incontro con il proprio reale, e forse, con le proprie
personalità. Per la regia di Maria Cristina Sarò, il palcoscenico della Sanità
vede andare in scena lo spettacolo “Di Carne”, tratto dal romanzo “Scimmie”
dell’artista campano Alessandro Gallo (che con lo stesso romanzo vince nel 2011
il premio “Giri di Parole” indetto dalla casa editrice Navarra Editore). In
scena Miriam Capuano e lo stesso Gallo, per una performance di impatto,
“carnale”, romantica e violenta, non senza tralasciare e ben interpretare la
rabbia di quella che ha segnato una generazione, ma che continua a farlo
tuttora. La scenografia stessa è affidata ai due teatranti, con effetti
accennati di luci e torce. Dunque, romantiche e violente sono le vicende che si
dipanano nelle storie di “Panzarotto”, Filomena, Zia Titina, “’o Bacchetton”.
“Pummarò”, è l’io narrante di questa criminalità che attanaglia la vita, di
questa criminalità che, come a detta della regista, è:” impulsiva viva ed
implosiva”. “Pummarò” che sogna:” Sangue, carne morta, animali, uomini e
insetti, il sole che brucia, la luna che raffredda […] vecchietti derubati,
vecchietti arricchiti, camorra, malavita […] puzza di polvere da sparo, scuole
abbandonate, scuole rapinate, scuole disastrate”. La rosticceria di Zia Titina,
che è costretta a pagare il pizzo, storie di ragazzi che debbono prostituirsi
in quel di Casal di Principe (mentre Don Pepp’ vuole che si preghi),
“Panzarott” che per amore di Filomena (nipote di Zia Titina) entra a far parte
della Camorra. Vuole guadagnare soldi per lei. Tutti costretti a dover fare i
conti con la miseria, la cui unica via d’uscita, senza difficoltà (se non il
rischio della vita), è entrar a far parte della malavita. “E lo Stato addò
sta?”. Le storie qui sopra citate trovano poi, animo, sensibilità, corpo, vita
“carne”, con la presenza/assenza di Giancarlo Siani. Il giornalista che “scrive
tutto”, “’o cliente gentile” di Zia Titina. Siani, giornalista impegnato a
combattere la camorra e uno Stato assente, viene ucciso il 23 settembre 1985,
all’età di ventisei anni, fuori la propria abitazione al Vomero (è proprio lì
che si ritrova la rosticceria dove suole recarsi), al bordo della sua Citroen
Méhari. Quella di Giancarlo diviene una “rievocazione storica così forte da
diventare la carne di Pummarò stesso”. Ed è lì che si ripone il senso della
teatralità: ”Allora a essere teatrale è l’esempio che diventa il personaggio di
un passato e la persona di un presente di carne”. Gli anni ’80 ritornano con
rabbia spasmodica. Anni in cui la Camorra continua il suo gioco. Non senza
l’aiuto dello Stato. La rappresentazione ha trovato ottimi riscontri tra le
file del pubblico. Queste le parole di Gallo, al termine della
rappresentazione: ”Per noi è stato molto importante venire in questo spazio.
Importante perché fin dall’inizio abbiamo creduto in questo teatro […] Noi
crediamo molto in questa città. Però sembra che questa città, non rispetti
tanto il nostro lavoro. Ma a noi non importa. Noi andiamo avanti. Andiamo
avanti perché appunto, Giancarlo ci ha insegnato molto: cadere, urlare,
piangere, e dopo sorridere.”
24/03/14
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