PINOCCHIO di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani

VIAGGIATORI DELL'ESISTENZA
PINOCCHIO  di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani 
Presentato da Babilonia Teatri e dall'Associazione Teatrale “Gli Amici di Luca”
Alla Sala Assoli di Napoli dal 13 al 16 marzo
Servizio di Antonio Tedesco

Napoli - Quello di Babilonia Teatri è un lavoro scenico che affonda le unghie nella carne viva della realtà, anzi della vita stessa. E che a volte preferisce fare a meno (in apparenza) di tecniche, di artifici, di finzioni, per mettere in scena senza fronzoli e senza tanti complimenti l'Esperienza cruda ed estrema. Una linea poetica che trova piena conferma nell'allestimento di questo spettacolo intitolato Pinocchio, che Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, “anima e corpo”, appunto, di Babilonia Teatri, hanno presentato, nei giorni scorsi, alla Sala Assoli di Napoli. Ciò che indaga questo percorso scenico (ci risulta faticoso continuare a definirlo in maniera molto approssimativa “spettacolo”), sono gli effetti che un'esperienza tanto radicale e, per certi versi, definitiva, come quella del coma, lascia su chi l'ha provata. La felice intuizione dei due autori è stata quella di cogliere la grande potenzialità evocativa, e perché no, anche simbolica, che in tale esperienza si nasconde.

Persone del tutto comuni che, per uno snodo traditore della loro altrettanto comune quotidianità, si trovano trasformati all'improvviso in “viaggiatori dell'esistenza”. Emissari proiettati in una terra sconosciuta, sospesi tra la vita e la morte, impegnati in un viaggio dal quale niente e nessuno può assicurare il ritorno, se non quella piccola scintilla in lontananza che, improvvisamente, a volte, si riaccende.

Sulla scena, dunque, non tre personaggi, ma tre uomini veri, tre persone che quell'esperienza l'hanno vissuta sulla propria pelle, e della quale portano i segni, probabilmente indelebili. Paolo Facchini, Luigi Ferrarini e Riccardo Sielli, si presentano così, per quello che sono, assolutamente comuni e assolutamente eccezionali. Senza nascondere e senza coprire nulla della loro attuale realtà, esposti allo sguardo dello spettatore indossando simbolicamente dei semplici pantaloncini. Sollecitati dalle domande e dalle provocazioni che li incalzano attraverso la voce fuori campo di Enrico Castellani. E alle quali oppongono la loro disarmante (e forse originaria) naturalezza. Fatta anche di residui handicap motori o del linguaggio.

Con loro, in scena, Luca Scotton, col suo naso finto da Pinocchio, è una sorta di specchio che dà senso al titolo della messa in scena. Sempre silenzioso, compie delle azioni di supporto in cui diventa come una specie di riflesso dell'umanità intera, e di fronte a quella verità, tanto radicale quanto ineluttabile, lascia che il suo naso cresca, trasformando le bugie in illusioni.

Pinocchio siamo noi al cospetto di questi tre, forse inconsapevoli, emissari dell'infinito. Anche se ciò che più sembra interessare Raimondi e Castellani, non è, come ad esempio in Risvegli di Oliver Sacks, l'esperienza di “premorte”, quanto piuttosto, quella di “postvita”. La prima, infatti, per quanto affascinante, vaga nel territorio inafferrabile e nebuloso della percezione soggettiva e, in definitiva, dell'ipotesi indimostrabile. La seconda, invece, non meno transitoria, ma legata fortemente al “qui e adesso”, riveste una forza di impatto illuminante e tangibile che ci rende consapevoli di noi stessi e va a toccare direttamente il nostro modo di considerare l'esistenza e la “realtà”.  Eppure, quella che ci si porta dietro, alla fine, fuori da questo “teatro” che al massimo grado sembra svolgere, qui, la sua funzione, è la sensazione di essersi posti di fronte ad uno specchio nel quale, più che doloroso, ci è parso consolatorio ritrovarci.

 
17 marzo 2014
 

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