OEDIPUS DI ROBERT WILSON - TRATTO DA OEDIPUS TYRANNOS DI SOFOCLE
Per
la rassegna POMPEI THEATRUM MUNDI –
Teatro Grande – Parco Archeologico di Pompei dal 5 al 7 luglio 2018
Pompei
–
La vicenda di Edipo è la storia dell’umanità intrappolata nella sua
“gabbia-destino”. Del suo arrancare alla ricerca di senso. Del suo barcollare
nel buio dopo essersi accecata per la
frustrazione e l’impossibilità di trovare quel senso, o, peggio, di sostenerne
il peso. Una metafora che attraversa i secoli e i millenni e giunge fino a noi
dall’antichità con tutta l’eterna e bruciante attualità delle sue domande.
Espressione di una paralisi spirituale, rappresentata in scena da alcune figure
immobili, o chiuse in strutture rigide, come quella del costume-prigione in cui
è costretto Mariano Rigillo nei panni di un Testimone che narra l’immane
tragedia, della quale, fra declamazione alta e frasi reiterate, quali segno
ossessivo dell'incombente impotenza dell'essere, sembra egli stesso essere
prigioniero, senza possibilità di fuga. Segnato da un trucco marcato, quasi da
clown, a ricongiungere Sofocle con Beckett. A tracciare un parallelo tra il
tragico e il grottesco. L’antico e il moderno che si ritrovano in un comune
smarrimento esistenziale. Senza tempo e senza confini. Come la musica
malinconica e straziante del sax che li accompagna. Che geme, a volte,
alternando armonie e disarmonie, suoni fluidi e lamenti atonali. Che, con il
musicista Dickie Landry, attraversano la scena aggiungendo ciò che le parole
non possono dire. Allo stesso modo dei movimenti di danza che alternano azioni
lentissime, con spostamenti quasi millimetrici, ad altre dove i ballerini si
muovono in maniera convulsa e frenetica. Accompagnati da un disegno luci dalle
valenze pittoriche che alternativamente li mette in penombra o li sovraespone.
Gli estremi in cui l’esistenza, nella sua inestricabile complessità, cui il
mito di Edipo allude, si dibatte alla ricerca di un equilibrio.
Lavora su un’idea di arte
totale, Robert Wilson, il grande artista americano che di questo Oedipus, da Sofocle, andato in scena (in
prima mondiale) dal 5 al 7 luglio al Teatro Grande di Pompei, per la rassegna
Pompeii Theatrum Mundi, organizzata dal Teatro Stabile di Napoli, cura
l’ideazione, lo spazio scenico, il disegno luci e la direzione degli attori.
Un’opera che trascende il teatro e lo esalta, allo stesso tempo, valorizzando
tutte quelle componenti, luci, musiche e suoni, danza, voci recitanti, che
assumono nel contesto pari dignità espressiva. A comporre uno spettacolo
memorabile, sostenuto da un gruppo di attori e performer di grande valore
(oltre ai già citati Rigillo e Landry, ricordiamo almeno la grande Angela
Winkler, la seconda Testimone, lo statuario Edipo di Michalis Theophanous, la
Giocasta di Casilide Madrazo, la anch’essa statuaria Kayije Kagame e tutti gli
altri numerosi artisti e performer e danzatori) che proprio grazie a questo
“dialogo” tra le arti, e con le molteplici lingue utilizzate a testimoniare la
sua universalità, ricolloca il Mito per antonomasia (L’Edipo, appunto) in una
dimensione di grande modernità espressiva, dove luci e ombre, suoni e parola,
vuoti e pieni, musica e silenzio, azione e immobilità, costituiscono, nella
forma plasmata da Bob Wilson, un unico flusso di senso, un’esperienza
percettiva nelle cui pieghe aleggia il mistero antico e inconoscibile di quel
Mito. Trascurabile, per la “prima” di un allestimento di tali complessità e
dimensioni, qualche lieve inciampo nel ritmo scenico e nella sincronia dei
danzatori, per quella che possiamo, in sintesi, definire, una creazione
artistica sul tema dell’Edipo, capace, come poche altre cose viste di recente,
di lasciare un segno profondo nello spettatore. E dove la location (il Teatro
Grande di Pompei), si trasforma, per sua stessa natura, in un moltiplicatore di
senso.
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